Capitolo 19

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Un foglio scritto.

Un foglio pieno di parole, accavallate tutte una sopra l'altra come una mandria di formiche che cercano disperatamente il loro granello di zucchero bianco.

L'inchiostro nero forma lettere vibranti che risaltano sul pallore del foglio. La mano di colui che ha scritto, o colei, tremava sul foglio mentre dipingeva mille e mille parole. Tremante come le nostre, che lo reggiamo ai suoi bordi quasi spaventati.

Incuriositi, iniziamo la lettura.

Caro Brian, se leggerai questo foglio significherà solo una cosa. Che sarò una piccola farfalla blu che danzerà sulla tua vita, pronta a mostrarmi quando le difficolta della tua vita si faranno più intense. Ma hey, non spaventarti se qualche volta non mi vedrai. Sarò il più enorme controsenso della tua vita. Sarò l'essere più delicato e leggero, che si trasformerà per te in un enorme pilastro quando avrai bisogno di sederti, rilassarti, e respirare...

Una grossa voce irrompe nel silenzio assordante di questa enorme camera, piena di addobbi ma così spoglia.

Così spoglia senza quell'esserino.

<<Ragazzi! Ma che bel lavoro! Complimenti!>> dice con voce stentorea, facendoci rizzare i peli dallo spavento, e per poco il cuore non scivola fuori dal petto.

Ci alziamo in piedi, nascondendo la lettera di fretta e furia nell'apposita scatolina, e calciandola lontana da noi tre.

Dopo il giretto di perlustrazione di mio padre, ci risediamo a terra, frastornati.

<<È... è tutto così surreale, cazzo.>> balbetta nel freddo della camera, formando nuvole bianche nel buco nell'aria che si era creato, bruciando quel poco di ossigeno, che ci faceva aggrappare a vivere un po', dopo che quelle parole ci stavano facendo mancare le forze.

Dopodiché, si ferma.

I suoi occhi si posano su parquet marroncino, allestito anch'esso da un tappetino rosso, in prossimità del camino acceso, ma che del calore, sulla nostra pelle, non arriva nemmeno un po'.

Poggio la mia mano gelida sul suo braccio un po' scoperto, provocandogli un brivido.

Mi giro attorno, e della farfalla nemmeno una traccia.

Che fosse tutto un sogno?

<<Dammi un pizzico.>> sussurra Lui.

<<A volte sembra che mi leggi il pensiero.>> dico un po' sarcastica, mentre la mia mano si avvicina verso la carne, coperta dal pigiama ancora.

<<Sei pronto?>>

Inizia a strizzare gli occhi mentre la presa si fa un po' più imponente, e con le dita incrociate fa "speriamo che sia tutto un sogno".

<<Aih. Hai fatto malissimo!>> urla, dolorante, accarezzandosi l'interno della gamba, con fare da bambino.

<<Puoi ricordarmi che sesso sei?>> dico ridendo.

<<Sono un umano, se te ne fossi dimenticata.>> dice socchiudendo gli occhi, con aria di sfida.

Le sue dita si avvicinano pericolosamente al mio fianco, e già so che faranno.

La mia manata gli tronca il movimento.

<<I miei riflessi non si battono.>> alzo gli occhi al cielo, e poi li ripongo nei suoi, rispondendo a tono.

Mi porto le unghie vicine alla bocca, e le soffio come se fosse stato un gioco da ragazzi quella mossa.

Con aria superiore lo guardo, ma dura poco.

Il solletico percuote la pace che ci accarezzava poco fa la pelle, e lascia posto alla violenta tortura.

I minuti successivi li sprechiamo tra rincorse e solletico, fin quando non cadiamo entrambi sul letto.

Prima io, e lui su di me.

Le nostre labbra stavano quasi per toccarsi, quello che ci distanzia è un millisecondo. Come si misura l'universo.

Perché nei suoi occhi, adesso, non ci sono più gli smeraldi, bensì, l'aurora boreale.

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