<<Sally?>> continua imperterrita la professoressa Miles, ripetendo per varie volte il mio nome. A farmi svegliare definitivamente, però, è stato il suo tocco duro e prepotente sulla mia spalla, tutt'altro della delicatezza di quell'allucinazione.
Apro gli occhi di scatto e mi ricompongo dritta. Gli occhi dell'insegnante di spalancano, manco avesse visto un fantasma.
<<V... vuoi che chiami... vuoi che chiami qualcuno?>> chiede balbettando, sotto shock. <<No, grazie. Mi sciacquo la faccia e torno in classe, mi scusi.>> dico cercando di sembrare il più convincente possibile, sforzando anche un sorriso. Lei me lo ricambia con una punta di nostalgia e compassione, chiudendosi la porta dietro le sue spalle.
I suoi occhi erano così reali.
Tutto era così reale.
I suoi occhi.
Le sue labbra.
Stavamo a tanto così dal nostro bacio.
Cazzo.
Porto le mie mani sotto al rubinetto, e porto il pomello sull'acqua gelida. Il contatto della mia pelle con quell'acqua è quasi miracoloso. Un senso di beatitudine si fa strada sulle espressioni del mio viso, affievolendone i lineamenti. Dopo qualche minuto, il mio viso riprende un po' colore.
Torno in classe con gli occhi di tutti addosso. La prof mi concede di poggiare il capo sul banco e riposarmi un po', se voglio, e che non sono obbligata a seguire la lezione, se non me la sento. Così, camminando in mezzo ai banchi e agli sguardi indaganti di tutti, mi accomodo al mio banco. La professoressa riprende la lezione e il mio sguardo si concentra sul disegno che stavo facendo prima, soprappensiero. La penna nera risplende aspra sopra il candido e il pulito del foglio bianco a righe. Una grossa linea si aggira per tutto il foglio, quasi non fosse mai stata staccata la penna da lì.
Un cuore.
O una clessidra?
Un grosso cuore organico compare, dopo che il mio occhio abbia messo a fuoco tutto il disegno. L'interno è quasi interamente pieno, costituito da una sfilza di granelli piccolissimi che si pone verso la parte più bassa del cuore, con alcuni granelli che ancora cadono. Sembra quasi una clessidra.
La campanella suona, e Bee si fionda immediatamente verso di me. <<Cosa diavolo è successo Sally?>>.
Sbuffo, scocciata. Odio chiunque domandi e insista su un qualcosa di personale.
Io non insisto mai, voglio che sia la persona in questione se lo senta da dentro di dirmi qualcosa che non va. <<Niente, non mi sento bene. Avrò l'influenza.>> la sua faccia mi lascia intendere che non si berrà questa scusa. D'altronde, non sono molto ferrata nel mentire. Quando mi fidanzai con Brian i miei genitori, dopo un po', capirono che qualcosa era cambiato nella mia vita. Capirono che qualcuno aveva rubato il mio cuoricino. Ogni volta che i miei parlavano di mio zio, chiamato con il medesimo nome di Lui, io mi alzavo, per evitare che le mie guance andassero a fuoco al sol pensiero di Lui. Quando mi chiesero se avessi il fidanzatino, le mie guance e il mio sguardo tradirono la bugia che volevo rivelare, facendomi scoprire. Fortunatamente non la presero a male, alla fine era una notizia bella.
Ma questa no.
Questa non era per niente una bella notizia...
Le volto le spalle, evitando il contatto visivo, e me ne vado. Un rumore di passi sento dietro di me, che mi segue fino in bagno.
Mi volto verso lo specchio, lo stesso di poco prima. Guardo il mio riflesso all'interno, leggermente più decente. Il pallore del mio viso è stato sostituito da due guance rosate. Le labbra violacee erano tornate finalmente ad un colore quasi normale. E lei mi si presenta dietro. <<O mi dici cosa sta succedendo, o...> dice, non sapendo come continuare. <<... o sarò costretta ad avvisare Brian del tuo comportamento anomalo e preoccupante, a meno che non lo sappia già.>> continua, in modo non convinto. Avevo promesso a Brian di non dirlo a nessuno, non posso infrangere questa regola. Penso che la cosa più onesta sia quella di dire la verità...
<<Bee, so che sei preoccupata. Ma non posso rivelarti alcune cose se io quasi non c'entro nulla. Ti prometto che te lo dirò... ma non oggi.>> un espressione delusa mi si presenta davanti, e mi si rompe il cuore a vederla. <<Nemmeno un po'?>> mi chiede, speranzosa. <<Nemmeno un po'.>> Risponde un lieve "okay" prima di voltarmi le spalle e andare verso gli armadietti, per prendere i libri per l'ora di matematica. Inizio a divorarmi le dita delle mie mani, per smorzare un po' di tensione nel mio cervello, senza riuscirci. Con movimenti meccanici prendo l'occorrente per la lezione dopo, e mi incammino verso le scale. Salendo, però, sento una fatica mai avvertita prima, o almeno non in questo modo così opprimente. Scalino dopo scalino il mio cuore batte più forte, e la fatica si fa sentire. Arrivata all'ultimo, mi poso una mano sul cuore che sta quasi per uscirmi dal petto, insieme ai polmoni da bocca. Guardo il mio corpo, ingrassato un po', e penso proprio che debba mettermi a dieta. Questi cosciotti pesanti probabilmente sono la causa del mio affaticamento. Tornata in aula, mi seggo e mi riposo.
La professoressa inizia a spiegare le equazioni, ma il mio cervello è così scollegato che non sono in grado nemmeno di pensare qualcosa in modo cronologico. Al termine della lezione, finalmente l'ultima, corro verso l'uscita. Bee, avvicinandosi a me, senza dire una parola mi lascia un bigliettino nelle mani, scomparendo poi nella folla di alunni. Lo apro.
Scusami, sono stata una stupida ad insistere. Tvb.
Sorrido, e, appena alzo lo sguardo, noto quei capelli biondi riconoscibili tra mille. Bee investiga le mie espressioni. Appena vede il mio sorriso, mi corre incontro. Mi stringe con i suoi abbracci fortissimi, e ci teniamo per mano mentre andiamo al pullman per andare a casa. Tutto il viaggio lo passiamo come le bambine che eravamo tempo fa. Abbiamo rotto le scatole a chi stava dietro, avanti e vicino a noi. Abbiamo ricordato i vecchi momenti. E abbiamo ricordato i miei biscotti, che ormai non le cucino da tanto, chiedendomi di ricucinarli.
Una volta che la mia migliore amica è scesa, sono ritornata nell'angoscia e nella preoccupazione. Il tragitto da casa di Bee a casa mia sembrava infinito, o forse erano solo i miei pensieri a far rallentare il tempo, per logorarmi di più la mente.
Scendendo dal bus, come al solito, Lila mi corre incontro, leccandomi tutto il viso. Dopodiché, busso in casa, e la cosa più bella della giornata è stato Brian. Dopo che la porta si è aperta, la sua figura mi si è presentata, in tutta la sua bellezza. Un maglioncino azzurro, con i jeans neri, gli contornano la sua figura, risaltandolo alla perfezione. I suoi ricci definiti lo rendono così tenero, che mi viene voglia di scombinarli tutti. Ma, appena la mia mano si avvicina alla sua testa folta, uno schiaffo mi arriva sul braccio, seguito da un "ce l'hai". Un sorriso furbo si è espanso sotto al naso, scappando poi in casa, facendosi ovviamente seguire.
Questa me la paga.
Corriamo per tutta casa come bambini, urlando "ce l'hai", seguiti anche da Lila, che ci morsicava giocosamente i talloni dei piedi scalzi. Dopo un po', però, la stanchezza fa strada in me, facendomi sedere. Avrei scommesso che, per un attimo, dopo aver detto "sono stanca", gli occhi si siano fatti di una luce strana, quasi triste. Ma il tutto è durato un attimo, prima dell'ultimo "ce l'hai" del gioco, pronunciato da lui. <<sei proprio uno stronzetto.>> dico, affinando lo sguardo. Una risata vigorosa ha riempito la stanza, facendomi voltare. Mio padre entra nel salotto, chiedendomi cosa si mangiasse. <<Dall'odore, deduco sia... POLLO!>>
<<Io credo sia la lasagna>> mi sfida Brian.
Vado in cucina, e aprendo il forno affermo la mia vincita, indicandogli in piena faccia un dito medio.
Dopo un po', mamma mette a tavola il cibo, ma alla prima coscia sono piena, così lascio che quel cibo venga mangiato da mio padre e Brian.
Dopo il pranzo, corriamo entrambi in camera, e decidiamo di vederci un film per rilassarci un po', ed evitare che la mente pensi ad altro.
Io prima di te.
<<Io posso renderti felice.>> dice Louisa Clarke a William Trainor.
<<Io posso renderti felice.>> dico io a Brian Miller.
<<Io posso renderti felice.>> dice Brian Miller a Sally.Perché siamo fatti di questa strana essenza. Vogliamo riparare l'altro anche se noi stessi siamo distrutti.
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RomansaChi l'avrebbe mai detto che da un biscotto potesse nascere una vera e propria storia d'amore?