Capitolo 7

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Un forte mal di testa si fa strada in me, portandomi al risveglio. Con la vista un po' appannata, mi metto alzata sui gomiti. La mia vista in questo momento non è delle migliori, ma di certo questa non è la mia camera. Un "bip" di sottofondo mi fa indagare meglio, scoprendo che era una macchinetta che misurava la frequenza cardiaca, e che mi trovavo in una camera di ospedale. Chiudo gli occhi per cercare di capire cosa stesse succedendo, e un sacco di scene mi si presentano nella mente.
Urla.
Sangue.
Ambulanza.
Il "bip" aumenta, e un medico entra nella stanza. Si siede accanto al mio lettino, su uno sgabellino bordeaux basso. Dopo avermi visitato, esce dalla stanza, chiamando qualcuno, dicendo "si è svegliata". Immediatamente Brian irrompe nella stanza, abbracciandomi così forte da farmi male. <<Ho pensato di perdere anche te.>> dice con voce rotta e con gli occhi rossi, mentre poggia il viso tra la mia spalla e il collo.
<<Come sta tua mamma?>> chiedo, ma una luce diversa vedo nei suoi occhi. Ora sono spenti, tristi e rossi. Non risponde, ma fa cenno di no con la testa. Le lacrime iniziano a rigarmi il viso, provocandomi un battito cardiaco irregolare, segnato sulla macchinetta. La mamma di Brian è morta, soffrendo come un cane, da sola, dopo aver chiesto disperatamente aiuto al suo unico figlio, che si è presentato in ritardo. Presentato in ritardo perché stava con me. Perché ho scelto proprio oggi di dargli quella notizia? Cosa mi è passato per la mia cazzo di testa? Se solo mi fossi stata zitta, adesso tutto questo non sarebbe successo. Inizio a torturarmi ossessivamente il labbro, dall'ansia e dal tormento. Brian nota ciò, e mi posa un leggero bacio all'angolo della bocca, continuando a non infrangere la regola. Il suo sorriso si sparge su quel viso distrutto dal dolore, all'udire dei "bip" veloci che la macchinetta fa uscire, a causa del bacio. Mentre ci guardiamo intensamente negli occhi, ormai arrossati ad entrambi, i miei genitori entrano nella stanza causando un rumore assordante.
<<La mia bambina! Sally, stai bene tesoro? Cosa è successo? Ti fa male qualcosa? Hai subito qualche trauma? Ricordi tutto? Madonna ci hai fatto spaventare.>> Mille domande mi assaliscono in due minuti, e, meccanicamente rispondo <<Si, niente, no, no, si.>> e i miei, confusi, mi chiedono di argomentare. Guardo Brian, e gli chiedo se lui può spiegare la situazione, siccome ha capito di più e magari avrà collegato i pezzi.
Dopo 5 minuti di racconto, le facce dei miei genitori sono ormai di un espressione contorta. Un mix tra: schifo, ribrezzo, shock, tristezza, rabbia e rancore. Nel mentre del racconto, i flashback mi arrivavano in mente per una frazione di secondo, ma colpivano la mia anima più di qualsiasi altra cosa. Le lacrime fanno strada negli occhi di tutti, e ci racchiudiamo tutti in un abbraccio stretto e malinconico.
***
Dopo che il dottore mi ha fatto le ultime analisi, ha chiamato i miei genitori fuori. <<Perché ha chiamato i miei genitori fuori?>> rompo il silenzio di quest'ambiente asettico, rivolgendomi a Brian. <<Non lo so, vuoi che vada a vedere?>> chiede lui, mentre mi stringe la mano, rassicurandomi. <<No, stai qui con me.>> gli dico, stringendogliela anche io. Brian si alza, e si fa strada nel lettino, avvicinandosi il più possibile a me. Le sue mani calde si posano sui miei fianchi, accarezzandoli. Mi giro in modo da dargli le spalle, ma raggomitolandomi al suo braccio, inalando quel bel profumo dolce che indossa, mandandomi in estasi, e facendomi dimenticare, per qualche raro secondo, la realtà che stiamo vivendo. I massaggi e le carezze si fanno sempre più forti, l'affanno diventa sempre più visibile ed irregolare, e i suoi occhi, di quel verde speranza, si sono ridotti in un bagliore spento e inespressivo. Mi volto, rivolgendomi a lui con il viso, e inizio a stampargli tanti baci, leggeri e delicati, sulle guance, sulla fronte, sul collo, sulla mascella ormai serrata, mentre le mani affondano nei suoi ricci ancora definiti, nonostante il caos dell'ultima ora, o forse due. Una lacrima gli riga il viso, passando per il mento, scendendo per il collo, e bagnare poi il cuscino. Lo abbraccio, e gli sussurro "ti amo" nell'orecchio, facendogli brillare, per un secondo, quegli occhi verdi di speranza.
I miei genitori entrano nella stanza con gli occhi un po' arrossati, seguiti da un medico, che mi dice che finalmente possono dimettermi. Per un momento mi è passata la gioia davanti agli occhi, ma guardandomi intorno, mi sono resa conto del perché stessi in questo ospedale.
Sangue.
Urla.
Morte.
Queste tre parole mi girano in testa per tutto il tempo che mi preparo per uscire da quell'inferno, mandandomi in uno stato di trance. Quest'ultimo viene interrotto da una vocina sempre più insistente, che mi porta al mondo reale. <<Sally? Sei pronta?>>

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