Capitolo 21

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Alzai gli occhi su quel piccolo esserino dal colorito verdastro, che osservava la scena fluttuando nell'aria.

Sorrideva.

Agitazione sorrideva.

<<Cosa c'è da sorridere?>> azzardai con toni accusatori.

<<Piccola Sally, non ci hai capito proprio nulla vero?>> sputò come veleno su di me, squagliando quel po' di speranza che stava prendendo forma. <<Tra pochi minuti arriverà.>> continuò, e pose fine alla conversazione girando il capo sulla scena.

Abbassai gli occhi e notai con sorpresa che fluttuavo anch'io, e un piccolo filo trasparente mi trascinava.

Era collegato a quella bambina dagli occhi blu.

Quella bambina ero io.

Cercai di fare un passo in avanti, per avvicinarmi ad Agitazione, ma senza successo.

Provai di nuovo.

Nulla.

Le nostre distanze non variavano di un millimetro.

E mi agitai.

Ma notai un vuoto.

Un vuoto proprio lì, nel mio petto.

Il cuore non c'era più, o almeno, non batteva.

L'agitazione aumentava ma i battiti non si sentivano.

E mi agitavo sempre di più.

Agitazione mi guardava e rideva di gusto alla visione di quella scena goffa.

Un essere lungo vestito da ali azzurre e da nuvole bianche prendeva strada tra me e Agitazione, sedendosi a gambe incrociate.

Lo osservai meglio.

Era pallido come solo le nuvole possono esserlo, o la neve. Quella candida.

Gli occhi azzurri davano risalto a quel chiaro che si diffondeva per tutto il corpo.

La statura magra e alta faceva si che si notasse, ma non incuteva timore come Agitazione.

Lui era rassicurante.

I capelli biondi ricci gli affievolivano il volto magro.

In mano aveva un libro, anch'esso bianco e azzurro ma contornato da ghirigori dorati.

Attorno al collo aveva una lunga collana, che arrivava alla fine del petto nudo, che reggeva una penna.

Anch'essa era particolare.

La stessa fantasia riprendeva quell'oggetto.

Il corpo era seminudo. Solo il bacino coperto da una gonna che ricadeva morbida sull'aria che faceva da pavimento.

Le nuvole, che gli ricoprivano i piedi mentre sorvolava le case per arrivare nella nostra direzione, si spostarono giù alla sua schiena, diventando un cuscino morbido e confortevole.

Le ali azzurre come il ghiaccio si muovevano delicate sulla schiena pallida, danzando come una farfalla.

Aguzzai la vista, e una scritta splendeva e brillava su quel libro magico.

Le nuvole accoglieranno chiunque chiuderà gli occhi per sempre. Gli angeli prenderanno per mano i nuovi arrivati. Il libro ospiterà i nomi dei futuri angeli, o delle future nuvole.

Giurerei su qualunque cosa, che quella scritta brillava davvero.

Alzai i miei occhi ancora una volta su quella figura celestiale, e questa volta mi guardava. Anzi no, mi studiava.

I suoi occhi viaggiavano sul mio corpo, osservando centimetro per centimetro la mia statura minuta ed esile.

I miei occhi avevano una nota di paura, ma osservandolo, svaniva.

La sirena di quel veicolo smise di suonare, e smise anche di muoversi.

Portarono la ragazza di corsa all'interno di quell'edificio e decine di dottori si avvicinarono e si affrettarono a soccorrerla.

Gli occhi della madre erano pieni di lacrime, e si gettò sul pavimento in ginocchio, chiedendo pietà a chiunque potesse sentirla.

Il marito le corse incontro, alzandola di peso e abbracciandola come se fossero l'uno l'ancora dell'altra.

Il ragazzo invece, si sedette in silenzio ad osservare chiunque passasse per di la, con gli occhi spenti e nessuna espressione sul volto.

Un morto vivente.

Le uniche parole che pronunciava erano:
Datti tanta forza,
Tutta quella che hai.
L'esperienza rafforza,
E rende tutti come acciai.

Le pronunciava mentre le dita torturavano qualunque parte del corpo con cui entrasse in contatto.

Torturò le unghie, rompendole e gettandole a terra come se fossero schifo.
Passò alle dita, prima di una mano e poi dell'altra.
Le graffiava fin quando non uscisse sangue.
Poi passò ai capelli.
Torturava ogni singolo riccio, districandolo e torturandolo.

<<Brian...>> sussurrai, e cercai di avvicinarmi a lui, senza successo.

Una mano si posò sulla mia spalla, ma non la sentii.

Avvertii solo la presenza di qualcuno accanto a me.

Girai il volto, e mi trovai quell'Angelo che aveva una nota di pietà nei suoi occhi.

<<Piccola Sally...>> iniziò, e io già capii cosa voleva dirmi.

Con gocce salate che mi scendevano dagli occhi, mi inginocchiai al suo cospetto e chiesi un altro po' di tempo. Ancora un altro po'.

I suoi occhi mi guardavano fissi nei miei, e un impercettibile no uscì dal movimento del suo capo.

<<È ancora presto, non credi?>> chiesi con ingenuità.

Ma non provavo più paura.

La sua mano sulla mia spalla levo qualsiasi sentimento negativo, qualsiasi brutta reazione.

<<Il tuo cuoricino batte sempre meno Sally.>> sospirò, e io lo guardai.

Non riuscivo a togliere gli occhi di dosso a quella figura.

<<Non posso- non posso lasciarli da soli.>> dissi velocemente.

La sua mano si staccò dalla mia spalla. E con concentrazione mi avvicinai all'unica persona che ha fatto di me un essere migliore.

Fluttuai nell'aria incasinata, e mi avvicinai dolcemente a Lui. Si strappava i capelli, uno ad uno.

Posai un dolce bacio sulle sue labbra, o almeno ci provai.

Lo sfiorai, non sentii il tatto.

Le mie labbra scomparirono nelle sue, e sembrava come se non l'avessi mai toccato.

Piansi, mi permisi per una volta di sfogare tutti i miei sentimenti, appieno.

Ora che la clessidra della vita aveva gli ultimi suoi granelli da riversare.

Una lacrima scese, e mi sembrò bagnare per davvero il pantalone di Brian.

Lui se ne accorse.

Eccome se se ne accorse.

I suoi occhi scattarono.

Si spalancarono.

Corse fuori all'ospedale e urlò.

Urlò quanto mi amasse, e mi chiese almeno di sopravvivere per baciarlo sulle labbra, anche se prima di quello che ci fossimo accordati.

E in quel momento capii che l'amore aveva un potere immane.

Un potere spaventoso.

Il potere di vivere.

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