Capitolo 14

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<<Mamma, ho passato una notte orribile.>> dico, con un fil di voce e l'ansia avviluppata nella gola come un piccolo groppo. <<Che è successo, tesoro?>> chiede mia mamma, con gli occhi spaventati, poggiando sulla tavola i miei amati biscotti preparati questa notte, siccome non c'era modo di dormire.
Un grande bisogno di aria nei miei polmoni. Stanotte questo volevo.
Aria.
Appena mi sono distesa nel mio letto, posizionata comodamente sul petto di Brian, ho avuto la sensazione di due mani che mi prendevano il collo, e stingevano forte.
Mi sono sentita di morire.
La sensazione di panico, mista ad ansia e preoccupazione mi faceva affaticare ancora di più. Ho cercato di non parlare, e di sottovalutare per i primi secondi, rialzandomi in silenzio. Finalmente quelle mani mi avevano lasciato il collo, così poi avevo finalmente iniziato di nuovo a respirare, con il fiatone. Brian, preoccupato, si era svegliato per controllare cosa avessi, aiutandomi anche a respirare, e a mantenere il controllo.
Piangevo.
Avevo paura.
Affannavo.
I suoi dolci baci dati al confine tra i miei capelli e la fronte, erano riusciti a stabilizzarmi il battito cardiaco, che andava alle stelle. Una lacrima bagnata era caduta sulla mia fronte, inumidendola. A quel tocco bagnato, avevo alzato i miei occhioni blu, nei suoi smeraldi lucidi.
<<Perché piangi?>> avevo chiesto, innocentemente. Nessuna risposta mi era arrivata, ma tutto sommato, a quel silenzio ci ero così abituata, che quasi avrei sperato non parlasse, non rispondesse.
Perché avevo paura.
Avevo paura di quello che pensava in quel momento. E avevo una paura fottuta anche io di quello che poteva pensare me stessa.
Avevo tenuto per tutta la notte la mente impegnata a ripetere in un loop infinito una poesia che lessi in un diario vecchio della sorella di Bee, Sarah.
Andai frugando tra vari suoi diari segreti e quaderni, insieme a Bee, per cercare un qualcosa che nemmeno ricordo più. Frugando, questo pezzettino ovale un po' consumato si presentò davanti a me.
Datti tanta forza,
Tutta quella che hai.
L'esperienza rafforza,
E rende tutti come acciai.
La ripetei a memoria così tante volte, che una volta arrivata a casa la ricordavo ancora, e subito me la segnai. L'appuntai su un block notes, che appiccicai poi sul comodino accanto al mio letto. Ogni notte, prima di dormire, pregavo e dicevo questa poesia piccola, che tanto mi piaceva.
Era stato proprio così. Mi ero data tanta di quella forza, superando questa orribile notte.
La mia mano che stringeva quella di Brian stanotte era stata la prova d'amore più difficile che abbia mai potuto immaginare. La mia mano stringeva la sua fin quando non cadevo in un sonno di qualche ora, o fin quando non riuscivo più a respirare. Appena la presa allentava, le labbra di Brian si posavano tra le labbra e il naso, controllando ossessivamente se il mio respiro fosse regolare. Il mio cuore batteva così forte a quell'avvicinamento così bello e improvviso, che quasi non aiutava a stabilizzarmi. Ti amo, sussurravo ogni volta, facendo uscire dal mare nei miei occhi, qualche goccia salata, che poi Lui mi baciava, asciugandomela.
Appena il colorito della mia faccia assumeva una tonalità non normale, una sua mano si metteva dietro al mio capo, alzandomi di busto, mentre con l'altra mi dava forza, stringendo la mia. <<Dai che sei forte.>> ripeteva sempre, ogni volta che sembrava potessi non farcela. Puntualmente, l'aria ai polmoni arrivava e la clessidra della mia vita si aggiornava, allungandosi di un po'.
Nella parte più difficile della notte, dove stare stesa era il male più atroce, eravamo scesi giù in cucina. Avevamo preso tutto il necessario e avevamo cucinato per la prima volta insieme i miei biscotti.
Che notte.
Dopo aver raccontato l'accaduto ai miei genitori, lo stomaco si è chiuso a tutti, rinunciando per la prima volta ai biscotti.
Contatto Bee per spiegarle cosa è successo, dopo aver ricevuto la notizia di non andare a scuola, per fare delle analisi di controllo.
Bee:
-Mi dispiace Sally, domani troverai una sorpresa così il tuo cuoricino batterà in positivo ;)
Sally:
-Non vedo l'ora.

Mi preparo un po' di fretta, ansiosa di sapere cosa sia successo stanotte. Dopo mezz'ora sono pronta, e dopo un po' andiamo in macchina per dirigerci all'ospedale.
<<Papà, possiamo chiamare un taxi, non c'è bisogno che ti salti una giornata di lavoro.>> dico una volta in macchina.
<<La mia priorità, in questo momento, è solo che la mia bambina stia non bene, benissimo.>> risponde, sorridendo.
Durante il viaggio l'affaticamento non era molto fitto, e qualche volta ho sussurrato a Brian che forse è solo stress, e che sia inutile andare all'ospedale. Tutte le volte però, mi ha rassicurato che è meglio visitarmi, e che dobbiamo fare solo qualche preghiera per assicurarci che tutto vada bene.
<<Siamo arrivati.>> interrompe le varie preghiere mio padre, mostrandoci il grande edificio davanti a noi. Una grande linea doppia blu, con all'interno la scritta Boston Children's Hospital ci si presenta davanti, esplicitandoci dove ci troviamo. Mia mamma mi prende per mano, e ci dirigiamo tutti verso l'interno. Il cuore inizia a battere più veloce appena il mio piede ricoperto da una converse bianca e rossa tocca il pavimento di quell'edificio, e Brian lo nota.
Certo che lo nota.
Mi prende l'altra mano, libera, e la stringe con la stessa stretta di stanotte, facendomi ricordare vari flashback.

<<Dai che sei forte.>> mi rassicura, stringendo la mano.

Datti tanta forza,
Tutta quella che hai.
L'esperienza rafforza,
E rende tutti come acciai. Digrignando di denti

Mi asciuga la guancia bagnata da una lacrima salata.

Immagino in mente, mentre ci accomodiamo a delle poltroncine di plastica colorate di blu, decorate con del bianchetto con fiori, cuori... e adesso, anche un biscotto. Infatti quel bianchetto si trovava su un piccolo tavolino di vetro davanti ai miei piedi. Sulla parte dello schienale, all'angolo, si trova un piccolo spazio abbastanza vuoto per essere considerata una panchina decorata a tutti gli effetti. Mentre lavoro questa mia piccola opera d'arte, mio padre va alla reception per capire come funzionasse parlare con i dottori. Devo ammettere che disegnando, la tensione è diminuita, ma una sensazione di angoscia ormai si era ancorata dentro di me, ingarbugliandosi nei nodi dei miei pensieri, non riuscendo più a sfuggire.
Una volta tornato a posto, mio padre sussurra qualcosa nell'orecchio di mia mamma, incupendola. Di conseguenza, mi intristisco anche io, avendo una sensazione che loro sappiano qualcosa che non mi vorranno mai dire.

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