Capitolo 22

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POV: Brian
La mia piccola e dolce Sally.
Conosciuti per caso nel bus scolastico nella giornata più brutta della mia vita.
<<Ragazzi, allora sono la vostra maestra di arte. Credo che si capisca dalla mia salopette. In realtà sto dipingendo la mensa, così le doniamo un po' di colore! Che ne dite di darmi una mano durante la nostra ora? Ne sarei immensamente felice!>> urletta la maestra Stainfeld, agitando le braccia, orgogliosa di raccontarci il suo progetto.
Il mio migliore amico Rocky, mi distrae silenziosamente calciandomi sotto agli occhi della maestra.
Tento di non distrarmi, è interessante il progetto in mensa.
Sta tentando di dipingere ogni muro di un colore diverso, possibilmente vivace, e far vedere cosa siamo in grado di fare.
Praticamente, fare dei murales utilizzando la nostra fantasia, e "soprattutto precisione". Non ci sono limiti, se non ovviamente parolacce, bestemmie e...
<<OUCH!>> il calcio di Rocky è stavolta si è fatto sentire eccome.
<<Ehm, scusami... si tu... ehm ricordami il tuo nome.>> la maestra adesso indugiava nei banchi per intravedermi nell'ultima fila.
<<Brian.>> Esclamo schiarendomi la voce.
<<Okay Brian, mi sa che volevi accennare qualche spunto per il progetto nella mensa. Ti ho sentito parlare.>> non mi sta più simpatica come pensavo. Cazzone.
<<Oh, ehm...>> inizio impacciato, incenerendo Rocky con lo sguardo. Lui se la ride di gusto sotto al banco.
<<Si Ragazzo-Accanto-A-Brian-Che-Se-La-Ride, dopo parlerai anche->> si interrompe la maestra, poiché la bidella spalanca la porta della nostra aula.
<<Il signorino Miller è atteso al telefono della segreteria, potrebbe scendere, maestra?>> esclama la bidella, cercando tra i vari sguardi, la persona che aveva chiamato, ma ovviamente senza nessun risultato poiché non mi conosceva.
Devo ammettere che è strano, d'altronde è il primo giorno e stiamo solo alla quarta ora... cosa c'è di così imminente.
Il mio amico mi guarda con fare interrogativo e io non faccio altro che ricambiare lo sguardo.
<<Non lo so amico.>> sussurro.
<<Oh si certo!>> esclama la maestra.
Mi alzo dalla sedia di legno e corro in segreteria, evitando di ascoltare le urla della bidella che mi avverte che avevano da poco gettato un bicchiere d'acqua a terra e di conseguenza, era ancora umido e c'era il rischio di scivolare.
La ignoro e scendo di corsa al piano di sotto, i ricci che mi riducono la visuale.
<<Salve Signorina Backery, chi c'è a telefono?>>
I suoi occhi color nocciola si addolciscono vedendomi, e vedo che tira su col naso, prima di salutarmi.
<<Ciao ricciolino, sta tua mamma a telefono, vorrebbe... parlarti.>> mi dice dolcemente mentre mi scompiglia i ricci e mi passa il telefono.
Le sorrido.
<<Hey, ciao mamma! Come va?>> esclamo sorridente.
<<Ciao piccolo campione, ti andrebbe di venire a casa a... ehm... salutare il nonno?>> dice lentamente, con la voce un po'... triste?
<<Perché dovrei salutare il nonno mamma? Tra due ore esco da scuola e il papà di Rocky mi deve portare quel libro che ho dimenticato a casa sua l'altro giorno.>> mi lamento. <<Ti giuro che quando torno gli do tutti gli abbracci che vuole.>>
<<Va bene tesoro, però tenta di fare presto perché, il nonno non se ne va se prima non ti saluta.>>
<<Ma mamma, il nonno dove deve andare?>>
<<Te lo dirò una volta che ci vediamo, piccolo, fai presto! Ti voglio bene, a dopo.>> mi dice un po' demoralizzata.
<<A dopo, mamma.>> esclamo con un po' di dubbio.
Chissà dove deve andare il nonno.
...
Le ore sembravano interminabili, fin quando...
<<Mi scusi, il signorino Brian Miller è atteso nuovamente in segreteria.>> entra di nuovo la bidella, osservandomi questa volta con fare interrogatorio.
Nello stesso modo di Rocky, da praticamente la prima chiamata. Non gli ho accennato nulla, nonostante i suoi tormenti.
La maestra Linkers mi da il permesso di uscire e quindi mi alzo, tiro un profondo sospiro, e mi dirigo fuori la porta.
<<Ragazzo mio, ma che succede? È la seconda volta che ti chiamano.>>
<<Mia madre vuole che saluti mio nonno, ma sinceramente non capisco, non se ne parte mai da solo. Sa... è un po' vecchio.>>
<<Ma ragazzo! Non si dice. Su, corri a rispondere.>>
La Signorina Backery stava parlando con mia mamma, con una lacrima che le rigava perfettamente la guancia a metà.
Quando alzò lo sguardo, mi porse il telefono con un sorriso spento, e io non capivo veramente.
<<È mia mamma?>> sussurrai, mentre con una mano coprivo il microfono per non farmi sentire dall'altro capo telefonico. Annuì.
<<Mamma? Tutto okay?>> iniziai a parlare, un po' preoccupato.
<<Ehm, piccolo... è difficile da spiegare ma... il nonno è impaziente di salutarti.>> farfugliava con la voce bassa.
<<Mamma, di al nonno che sarò più veloce della luce. Deve solo aspettare un altro Po, le lezioni sono quasi finite. Questa è l'ultima ora.>>
<<Ah, e digli che gli voglio tanto bene. Ma perché è così impaziente? Di solito non va mai da nessuna parte senza di noi.>> continuai.
<<Una persona in cielo vuole che smetta di avere quel brutto dolore alla pancia, e per farlo deve andare da lui, ma prima di andare vuole essere sicuro di voler salutare tutti tutti. E, piccolo riccio, manchi solo tu.>> e li capii... capii tutto...
Il nonno è sempre stata la mia ancora, il mio sostegno. E se il nonno va via, chi prenderà il suo posto?
Una lacrima mi rigò il viso, anche se io capii che stavo piangendo solo quando il mio maglione si macchiò.
Poggiai il telefono in mano alla Signorina Backery e corsi in classe, senza rivolgere più la parola a nessuno.
Al termine delle lezioni corsi nel bus, noncurante delle urla di Rocky intente a ricordarmi di aspettare suo padre, che di lì a poco sarebbe venuto a prenderlo.
Mi sedetti e attesi che le porte del bus si richiudessero, per portarmi dal mio nonno.
Appoggiai la testa sul finestrino, e il movimento dell'autobus su quella strada particolarmente liscia mi cullava i pensieri.
Dopo un po', una bambina dagli occhi blu barattava il suo posto con quello accanto al mio, e, una volta riuscita nel suo intento, fiera di se prese posto e iniziò ad osservarmi.
<<Che ti è successo?>> iniziò a dire, mentre quell'oceano nei suoi occhi mi rapiva. Le osservai il nasino all'insù e i suoi fiocchettini particolari, poi mi rigirai. Era bella, davvero bella. Però, questo non era il momento adatto.
Ritornai nei miei pensieri mentre sentivo i suoi occhi insistenti che mi osservavano.
<<Hey, terra chiama ricciolino.>> continuò, Dio se era insistente.
La riguardai, e con neutralità le dissi che non avevo niente da dirle.
Mise le mani nel suo zaino, e con la coda dell'occhio vidi un oggetto circolare tra le sue ditina smaltate.
Mi porse un biscotto, e io mi girai bruscamente perché non volevo rotture in quel momento, ma non le feci paura, e non le feci manco capire che non mi andava, semplicemente: insisteva.
Le dissi che non lo volevo, ma lei non sembrava importarsene.
Le respinsi la mano, ma in risposta mi sorrise.
Perché?
Dopo un po' dovette scendere dal bus, e mi poggiò il biscotto sul sediolino, dicendo che se avessi voluto essere felice, avrei dovuto solo mangiarlo.
E così feci.
E incredibilmente, qualcosa di felice dentro di me scattò.
...
Mio nonno mi aspettava nel letto, con il pallore sul viso e una mano sulla pancia. Vederlo in quella situazione mi sfregiava, mi logorava e mi squarciava dentro.
Mi fece accomodare accanto a lui, e lo strinsi così forte a me, forse per paura che se ne volasse via, e tra le braccia non mi rimanesse più nulla.
<<Sei forte tu, lo sai? Ho sempre saputo che fossi un vero ometto. E i veri ometti, in queste situazioni sai che fanno?>>
Dissi di no con la testa, mentre mi asciugavo col polso gli occhi.
<<non piangono.>> disse.
Decisi di farmi forza, e volevo veramente che quelle lacrime non scendessero più. Ma lo facevano, e io non le controllavo.
<<Perché vuoi andare, nonno?>>
<<Perché solo i più forti accettano questo destino col sorriso, e io non vedo l'ora di incontrare la nonna, i miei genitori, e tutti i miei amici. Lo faccio col sorriso, guarda qui!>> mi fece il sorriso più bello di tutti, anche se aveva dei denti finti. Era il più bello. Era impaziente di andare da loro. E io lo avrei accettato.
<<Va bene nonno, però promettimi che in qualche modo starai sempre vicino a me.>>
<<Sempre amore mio.>>
<<Posso tenerti la mano mentre vai?>> e vidi che lui osservò la mamma e il papà, che annuirono piano.
<<Si, però non voglio che mi vedi.>>
<<E perché no?>>
<<Perché voglio che ti ricorderai del mio sorriso. Non di quando dormo.>>
<<Va bene nonno.>>
Gli tesi la mano e la sua presa non era più forte.
Dolcemente inizio a sussurrare un countdown.
<<3...>>
<<2...>>
<<1...>> e chiudemmo gli occhi.
E la sua presa, a poco a poco, diventò sempre più leggera, fin quando la mia non fu l'unica a tenerci uniti.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 09, 2023 ⏰

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