Capitolo 12

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Scendo dalla macchina davanti alla scuola, salutando il mio papà che si è offerto di accompagnarmi. Bee mi corre incontro abbracciandomi.
<<Sally! Sei viva!>> dice, ironica. Nessuno a scuola sa della situazione e abbiamo deciso io e Brian che questa cosa è meglio nasconderla fin quando sia possibile. <<Non mi sono sentita bene, e il telefono mi è morto.>> mento. Odio mentire, ma in alcune situazioni è meglio una bella bugia che una triste e cruda verità.
<<Mi dispiace molto Sally, ma mi hai fatto preoccupare tantissimo. Non eri reperibile, ne tu ne Brian, e non sapevo nemmeno dove abitassi.>> se solo sapessi un briciolo di quello che è successo in questi due giorni, Bee...
Finalmente la campanella suona, interrompendo la nostra piccola conversazione, e rientriamo tutti in classe. Sam mi accoglie con un quotidiano silenzio, ma io quest'oggi non ho voglia di battibeccare. Mi seggo sulla mia sedia di legno, mentre Sam mi squadra dalla testa ai piedi. Probabilmente il mio aspetto oggi non è curato come al solito, ma non mi interessa. Vorrei davvero che i problemi veri fossero del mascara non messo, dei vestiti stropicciati o dei capelli non sistemati alla perfezione. Bee mi guarda da lontano, con fare un po' interrogativo e indagante. So che quella scusa inventata in quel momento non l'ha bevuta, ma preferisco che rispetti il mio silenzio. <<Giornata storta?>> osserva.
Oh Sam, magari fosse una sola giornata...
Non le rispondo. Mi volto verso il mio zaino e prendo il mio quaderno verde. Inizio a scarabocchiare qualcosa con la matita e lascio che la mia mente vaghi in pensieri, ricordi e sogni.
<<Adesso vai, e fai splendere tutti, cookie.>>
Questa frase viene ripetuta all'infinito nella mia testa, mentre la mia mano disegna qualcosa. Qualcosa.
Un qualcosa di indefinito.
<<Sally, che dici di rispondere tu alla seconda domanda del brano?>> chiede gentilmente la mia prof, ma un conato di vomito mi sale fino in gola, facendomi scappare dalla classe. Il sapore acidulo mi sale, facendomi correre verso la tazza. La voce di Bee alle mie spalle che urla il mio nome mi fa sussultare, e poi le urla della professoressa che le ordina di rimettersi al proprio posto.
Vorrei risponderle ma...
Un altro conato mi sale, facendomi venire i brividi. Mi sento accaldata, ma tremo. Tremo a terra a quel pavimento con le ginocchia sotto al mento, stringendole con le braccia e racchiudendomi.
Urla.
Sangue.
Pietà.
La paura mi pervade l'anima provocandomi un battito accelerato al cuore, e varie fitte al petto. Le lacrime iniziano a scendere senza controllo. Il battito del mio cuore diventano forti martellate all'interno del mio petto, distruggendomi.
Il respiro affannoso mi provoca ancora più dolore.
Cazzo quanto fa male.
Vorrei che tutto questo finisse.
Non ne posso più.
Facendomi coraggio, mi alzo.
Le gambe deboli mi portano difronte al grande specchio posto sopra ai tre lavandini di quel tetro e freddo bagno. Poso le mie mani ancora tremanti sopra la ceramica bianca un po' consumata del lavabo, rilassando il mio corpo su quel sostegno.
Pace.
Improvvisamente provo pace.
Due occhi blu color mare, ancora vivi e accesi, sono contornati da due solchi posti al di sotto, accennando la notte bianca. Quegli stessi occhi scrutano con attenzione il viso pallido che acuisce quegli incavi già visibili. Scendendo per quel volto ormai distrutto, il mio palmo del pollice destro si posa sulle labbra violacee. Una sensazione di pace e silenzio domina la mia mente facendomi chiudere gli occhi e rilassare. I miei denti affondano in quelle labbra, stringendo con forza.
Non sento nulla.
I denti affondano aggressivamente in quelle labbra carnose, ma non sento nulla.
Improvvisamente quegli occhi verdi, che conosco più di me stessa, si posano sul mio viso. La sua presenza si posa dietro di me, abbracciandomi da dietro. I miei occhi si fondono nei suoi, attraverso quello specchio un po' crepato. Le mie labbra si rilassano e Brian si pone davanti a me, mantenendo quel magnetico contatto visivo. Ci scrutiamo entrambi per interminabili secondi le venature dei nostri occhi, che trasmettono mille sensazioni diverse, che mandano in subbuglio il mio stomaco, ormai vuoto. Le sue mani si posano sui miei fianchi e insieme ci muoviamo, mentre sentiamo una canzone lieve e delicata che ci cinge e lega ancora di più. I miei fianchi si muovono leggiadri sotto quelle mani grandi e segnate da qualche graffio e cicatrice. Il suo volto che risplende di una luce mai vista prima, si posa delicatamente sulla mia fronte, facendo sfiorare i nostri nasi.
Le farfalle nello stomaco.
Una lacrima gli riga quel viso perfetto, ma il mio tocco la fa svanire.
Continuiamo a seguire quella melodia di violino che ci fa ballare delicatamente, annullando il luogo in cui ci troviamo, e la situazione che ci sta segnando fino in fondo, invasiva come un coltello dentro il nostro petto.
<<Ti amo.>> sussurra.
<<Ti amo.>> sussurro a mia volta.
Mi abbraccia forte. Così forte che sento tutte le sue emozioni. Sento che si fondono con le mie.
Si distacca dopo qualche secondo, e si pone ad un centimetro dalle mie labbra. Continuiamo a ballare così, con i nostri respiri che si uniscono, e una voglia immensa di infrangere quella regola.
Quel centimetro diventa qualche millimetro.
<<Non farti mai più del male, cookie.>> mi avvicino di più alle sue labbra, sentendo un calore immane.
<<Mai.>> continua, dopo il mio silenzio.
Si allontana di poco.
<<Mai.>> rispondo.
Si avvicina di nuovo.
Questa volta deciso.
Dio.
Le mie labbra iniziano a schiudersi, ma appena il tocco avviene, una folata di vento mi arriva in risposta.
La melodia smette.
Apro gli occhi.
Non c'è nessuno.
In cambio, solo l'irruzione della professoressa li dentro.
Distruggendo e calpestando definitivamente quel sogno reale.

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