Hospital

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MAVIS

Pensai a lungo se aprire gli occhi o rimanere così altri minuti, iniziai a sentire un formicolio alle dita dei piedi e un leggero fastidio all'interno del gomito mi fece fare un espressione di dolore.

-Si sta svegliando?- sentii il rumore di una sedia spostarsi. Jessica? Perché era li? Ed io dov'ero?

Cercai di muovermi ma il mio corpo era ancora intorpidito.

-Credo di si.- le rispose, era la voce di un ragazzo. Non lo consocevo.

Strofinai la testa contro il cuscino, era da mesi che non dormivo così bene. Il materasso era spesso e caldo e le coperte sopra al mio corpo spesse e morbide.

Avrei voluto rimanere lì per anni ma subito dopo quel pensiero un senso di nausea mi prese la bocca dello stomaco.
Niall.

Iniziai ad agitarmi. Perché non era con me?

Spalancai gli occhi ma subito mi pentii, la lunga luce a neon accesa sopra di me mi fece strizzare le palpebre.
Mi portai un braccio sopra al viso e aspettai, avevo così tanto sonno.

-Mavis?- Jessica mi chiamò, mi sedetti lentamente e strofinai il collo.

-Si?- gemetti, avevo come male dentro alla pancia.

-Ti ricordi cos'è successo?- mi chiese.

Si sedette sul bordo del mio letto e portò i capelli scuri su una spalla sola. Il ragazzo che avevo sentito prima di mise dietro di lei e appoggiò una mano sulla sua spalla. Era alto e con i capelli dorati. Erano tutti e due vestiti eleganti.

-Mi ricordo solo che ho preso le pastiglie del giorno e poi sono andata a dormire.- mentii.

Lei abbassò lo sguardo sulla mano che aveva appoggiato vicino alla mia gamba.

-I medici hanno detto che probabilmente non eri abituata a quella quantità e quindi hai quasi rischiato di andare in overdose. Niall ti ha trovato nella tua stanza, era preoccupato perché non riusciva a svegliarti e ti ha portato in infermeria.- spiegò -I medici ti hanno fatto una lavanda gastrica e dopo faranno altri accertamenti.-

Io mi tirai più su la coperta, osservai la semplice camera d'ospedale in cui ero stata portata.

-Lui sta bene?- domandai.

-Si, ora Kyle andrà a chiamare la tua struttura per comunicare che tu sei ripresa. Sicuramente lo diranno anche a Niall.- fece un piccolo sorriso.
Si girò e fece lo stesso con il ragazzo prima che lui uscì dalla stanza.

Jessica si alzò dal letto e fece qualche passo per poi arrivare ad una piccola sedia posta in un angolo.

-Kyle è il tuo ragazzo?- chiesi ingenuamente.

Lei sorrise ed annuì.

Feci lo stesso e dopo la fissai, aveva un'aria seria e un cipiglio sul viso.

-Volevo parlarti di una cosa.- incominciò.

Io fremetti da sotto le coperte, -Dimmi.-

-Quello che ti lega a Niall è molto forte vero?-

-Abbastanza.- cercai di ridacchiare, qualunque cosa ci legava in quel momento stava facendo molta fatica a tenerci insieme.

L'ansia che avevo era palpabile.

-Volevo dirti che, dopo un incontro con i vostri psicologi e dottori, siamo arrivati alla conclusione che questa cosa che provi per Niall ti ha aiutata a superare il tuo disturbo.-

-Disturbo?- perché me lo stava dicendo in quel momento?

-Si, non ne sei a conoscenza ma è perfettamente normale per chi soffre di Alessitimia.-

Cosa?

-Cosa cazzo stai dicendo? Io non sono malata.- iniziai a difendermi, strinsi le coperte tra le dita.

-Non è una malattia, è un disturbo. Chi soffre di Alessitimia ha difficoltà ad esprimere i propri sentimenti. Ti è mai capitato?- parlò velocemente Jessica.

Mi irrigidii. Perché la gente sapeva più cose di me che io di me stessa? Avrei voluto piangere, perché si mi era capitato più volte di provare quella sensazione sgradevole di non sapere cosa dentro al mio corpo stesse succedendo. Avrei voluto avere Niall accanto a me. Lui avrebbe saputo cosa fare.

-E hai notato che in questo periodo ti viene più facile riconoscere quello che stai provando?- continuò. Le sue labbra rosse mi trasmettevano serenità.

Annuii. Sapevo già il perché -Niall mi ha aiutata a guarire.- senza neanche sapere che ero malata, pensai.

-Infatti.- sorrise -Vogliamo portare te ed il tuo caso a testimoniare a favore di Niall, il caso è stato riaperto.- trattenne a stento un salto sulla sedia mentre mi prendeva le mani in una stretta e le strofinava.

-Non sei felice?- mi spronò ridacchiando.

Avrei voluto dirle che si, ero felice, ma che stava sprecando tempo. Lei si era battuta per Niall, perché lei beva creduto nel suo cambiamento. Forse aveva davvero sprecato tempo, avrei voluto dirle che saremmo partiti da li a poche ore.
Avrei voluto dirle che quella sarebbe stata molo probabilmente l'ultima volta che mi avrebbe visto.
Cercai di imprimere anche lei nei miei ricordi. Il suo sorriso e i suoi capelli mossi.

-Tanto, ti ringrazio Jessica.- dissi sinceramente.

Lei annuì soddisfatta, si alzò dalla sedia e si aggrappò allo stupide della porta.

-Ok, ora riposati. Domani mattina passo a trovarti prima che ti riportino in struttura.- mi disse.

-Grazie ancora Jessica, davvero. Spero che la vita di riservi il meglio.-

Lei mi guardò confusa, volevo solo farle sapere che un mio pensiero sarebbe sempre stato rivolto verso di lei.

Dopo qualche secondo scosse le spalle e mi sorrise un'ultima volta prima di andarsene.
Un'altra persona che avrei lasciato indietro.

Mi appoggiai allo schienale del letto comodo, la stanza opaca scorreva sotto i miei occhi. Guardai l'ago collegato al mio braccio e piccoli fili che erano stati attaccati al mio torace e ad un macchina. Un rumore ritmico e continuo mi trapassava i timpani. Era come se fossi in apnea e stavo solo aspettando il momento giusto per uscire e respirare.

Spostai lo sguardo sull'orologio, alle 21 il reparto avrebbe chiuso e ci sarebbero solo state qualche infermiere. Zayn su quello mi aveva informato bene.

L'appuntamento con la mia possibile morte era alle 22, e Niall mi aveva fatto promotore che lo avrei aspettati solo fino alle 22:05. Sperai che quei cinque minuti passassero lenti come anni. Una preoccupazione improvvisa mi colpì il corpo e i muscoli mi si irrigidirono.
Chissà Niall e gli altri cosa avrebbero fatto per uscire da quel posto, chissà se Francesca avrebbe pianto e Liam consolata. Chissà se Niall avrebbe pensato a me, ai nostri baci e alle nostre lacrime.

Io lo avrei fatto, lo stavo facendo anche in quel momento.

Qualche minuto dopo un'infermiera entrò a portarmi la cena, iniziò a parlare del tempo e di come in quella stagione facesse così freddo. Io mi intromisi nella conversazione dicendole che era vero che quell'inverno fosse troppo freddo. Mi raccontò di suo figlio che, nonostante le basse temperature, non metteva mai il giaccone.
Ridacchiai.
Ogni tanto sorrideva come una normale cinquantenne.

Quella normalità non l'avrei mai provata.


🗿🗿🗿🗿

Devo correggerloooo. Vi amo.
Grazie per leggere Mess.

ciao ciao

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