Aching

34.3K 2.6K 450
                                    

Stitches-Shawn Mendes

MAVIS

Pensavo di essere già stata ferita in passato, ma nessuno avrebbe potuto lasciarmi un vuoto così grande. Solo il pensiero di non vederlo più mi faceva stare male, non sapevo se anche le altre persone potevano anche solo pensare di provare un dolore così grande.

Quella sensazione di andare verso il basso, di cadere sulle ginocchia fino a smettere di respirare. Di tremare. Di sapere che senza i suoi baci avrei avuto bisogno dei punti di sutura per poter tornare a vivere e per mettere insieme i pezzi rotti del mio corpo.

Sarei rimasta ferma a guardare il rosso del mio sangue. Sarei stata la metà di cosa?

Una metà non è niente, appunto perché è una cosa incompleta. Ed io ero stata una cosa incompleta per troppo tempo, adesso che avevo trovato la mia completezza non volevo più tornare indietro.

Sapevo che c'era una possibilità che io e lui non ci saremmo più rivisti, dovevo ancora accettarla.

Probabilmente avrei passato i primi giorni a ripetermi, "Devi farlo uscire dalla tua testa.", come se potessi davvero riuscirci.

Mi passai una mano sulla guancia per togliere alcune immagini di quello che non avrei voluto passare e appoggiai i piedi nudi sul pavimento.

Un brivido di freddo mi attraversò la schiena ma lo ignorai, mi tolsi lentamente l'ago dentro alla mia vena e cercai di non far uscire troppo sangue dal piccolo buco. Mi guardai le ventose attaccate al petto e subito dopo spostai lo sguardo sulla macchina accanto al letto che continuava a fare un suono continuo.

Se avessi staccato le ventose la macchina avrebbe prodotto un suono secco e mandato un segnale alle infermiere di turno. Lo sapevo bene, ero stata molto negli ospedali di tutta l'America per mio padre. E quando il suo cuore si era fermato la macchina aveva fatto un rumore non molto fastidioso all'udito ma abbastanza forte da attirare l'attenzione delle infermiere.

Respirai, convincendo me stessa che le avrei tolte per ultime così da avere un leggero vantaggio per uscire dal reparto.

Appoggiai le mani al bordo del letto e mi tirai su in piedi, ero leggermente indolenzita ma riuscii a fare qualche passo, mi allungai sulla sedia per prendere la pila dei vestiti che Jessica aveva lasciato per me.

Ero quasi sorpresa, erano mesi che non mettevo altro che tute verdi e in quel momento ero stranita a vedere una felpa e un paio di jeans. Mi infilai i pantaloni scuri con facilità, ci misi di più ad indossare la maglia perché i fili mi avevano causato qualche problema.

Notai che sotto alla sedia aveva lasciato delle scarpe da ginnastica, me le allacciai strette e subito dopo mi tirai su. Fissai l'orologio, mancavano 20 minuti prima delle 22.

Cercai di respirare il più possibile visto che probabilmente dopo avrei avuto difficoltà a respirare. Riempii bene i polmoni anche perché mia madre una volta mi disse che il cervello non riesce a pensare se non riceve ossigeno.

Mi aggrappavo a quei ricordi come se fossero ancore di salvezza. Cercai di imprimere il più possibile nella mia mente la mia famiglia, mio padre, la voce di mia madre e il viso di Killian. Cercavo di pensarci il più possibile ma sapevo che presto i ricordi si sarebbero sbiaditi, la mia mente aveva sempre avuto quel difetto, riuscivo a ricordare date e argomenti ma non le persone. Se non le conoscevo da tanto neanche mi ricordavo il loro colore degli occhi. Gli occhi era l'ultima cosa che guardavo di una persona, forse perché non riuscivo a leggerci niente dentro. Io le persone le analizzavo dai movimenti, dal tono di voce e dai loro comportamenti. Gli occhi erano sempre stati muti nei miei confronti.

Per quello, non sapevo quel'era l'ultima cosa che aveva provato Niall. I suoi occhi mi urlavano paura? Rabbia? Preoccupazione?

Scrollai la testa, alzai lo sguardo e le lancette segnavano che in 10 minuti avrei dovuto sapere il destino del mio futuro.

Presi ancora un respiro, staccai con forza le ventose circolari e percorsi la piccola stanza di corsa, mi ritrovai in un lungo corridoio. C'era una grande bancone delle infermiere ma il resto non lo riuscivo a vedere perché le luci erano spente. Il reparto era chiuso da quasi un'ora ma le infermiere sarebbero arrivate in fretta.

Iniziai a correre, guardai le mie scarpe e cercai di non notare il rumore dell persone che stavano arrivando dall'altro lato del corridoio.

Sentii un: -Fermati!- appena chiusi la porta del reparto.

Mi guardai intorno a afferrai un carrello per le pulizie e lo incastrai sotto alla maniglia.

Corsi giù dalle scale e cercai di evitare i corridoi principali, dei passi si avvicinarono ai miei.

-Sta scappando!- urlò un uomo, corsi più veloce, i polmoni mi stavano bruciando. Strinsi gli occhi, la vista iniziò ad appannarsi per la mancanza di ossigeno nel sangue.

Andavo a destra e a sinistra cercando di non inciamparmi nelle sedie delle varie sale d'aspetto. Uomini e donne continuavano ad urlare. Urlavano il mio nome, avrei voluto tapparmi le orecchie.

-Mavis!- urlò.

-Basta!- mi disperai.

-Mavis! Ascoltami.- la voce era più bassa, sembrava venire dal mio fianco destro. Sentirla mi fece mancare ancora di più il fiato. Perché la mia mente mi faceva certi scherzi?

Girai appena lo sguardo, Niall stava correndo con me, aveva le maniche della tuta arancione tirate su fino ai gomiti e il fiatone. I capelli biondi gli rimbalzavano sulla fronte ogni volta che faceva un passo.

Lo ignorai, sapendo che non era davvero al mio fianco.

-Resisti Mavis, ci sei quasi.- continuò a ripetermi. Io mi aggrappai alla sua voce perché era così simile. La mia mente riusciva a ricordarla così bene?

Feci uno scatto in avanti e colpii con la mano il maniglione antipanico del primo piano. Chiusi la porta e tirai un sospiro di sollievo, avevo seminato le infermiere e le guardie dell'ospedale qualche corridoio prima dell'uscita.

Il vento della sera mi accarezzò il viso arrossato per la corsa, iniziai a camminare e i muscoli delle mie cosce iniziarono a farmi male per lo sforzo. Erano anche mesi che non facevo più attività fisica.

-Sei stata brava principessa.-

Mi girai, il ricordo che avevo di Niall mi guardò con un sorriso sghembo. Lo fissai, fui felice del fatto che riuscivo a ricordarlo ancora così bene. I lineamenti del suo viso così puliti, sembrava davvero li davanti a me. Gli sorrisi, dopo lui scomparve. Lasciandomi da sola.

Avrei voluto inseguirlo, avrei voluto fare un sacco di cose. In quel momento mi pentii di non essere stata con lui in riformatorio, lui pensava che fossi troppo fragile per uscire da li. Forse lo ero, ma sarei dovuta rimanere con lui.

Così, se non ce l'avessimo fatta, non ce l'avremmo fatta insieme. Mentre in quel momento io ero già libera.

Me ne accorsi dopo, io ero libera. Allora perché quello non mi bastava?
Perché non ero appagata di quella libertà? Sentivo qualcosa mancarmi nello stomaco, sapevo cos'era.

Il mio concetto di libertà forse era solo poter stare con Niall senza condizioni. Solo, liberamente.

Raggirai l'ospedale e guardai come il cielo si stesse annuvolando. Camminai più veloce, arrivai all'entrata dell'ospedale e guardai l'orologio digitale posto al di fuori della struttura.

21:58

Mi nascosi in un angolo vicino a dei cestini per i rifiuti. Non mi restava che aspettare.

MessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora