33. Di cuori spezzati

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Era andata male di nuovo. Ci aveva provato ed era stata delusa una volta ancora. Era stanca di avere speranza, era stanca di venire distrutta dalle lame affilate della vita. Non ce la faceva più.

Per così tanto tempo aveva sognato di incontrare di nuovo i suoi genitori, di potergli parlare, di poterli abbracciare. E tutto si era dissolto nell'arco di cinque minuti.

Sì, era stanca. Maggie era decisamente stanca.

Era esausta.

Era sfinita.

La sua testa non sbagliava mai, dopotutto. Le aveva detto di non andare, di non provarci, ma lei non aveva ascoltato. Aveva preferito partire, aveva scelto la via sbagliata e le sue aspettative non si erano concretizzate neppure di una virgola.

Suo padre e sua madre non volevano riprendere i rapporti con lei, non lo volevano. C'era un secondo fine dietro quella richiesta. Stupida lei che aveva speso fiumi di lacrime, dolorante e spezzata da quel silenzio non voluto.

Le dispiaceva per lo zio José, anche se ci aveva parlato massimo sei volte in vita sua, ma non poteva fare a meno di pensare che, forse, se non avesse chiesto di lei tutto sarebbe stato più semplice.

Aveva persino trascinato Max e Selene in quella storia, come aveva potuto? Non si meritavano di assistere ad una scena pietosa come quella. Non voleva che la vedessero ancora così fragile e rotta. Avevano già dovuto fare tanto per lei, eppure aveva chiesto loro un altro grande favore.

Trattenne a stento le lacrime, ferma davanti ai suoi genitori. Lo schianto della verità sul suo cuore era stato doloroso come un proiettile che andava a colpire uno specchio. Mettendoci tutta la sua forza di volontà, mantenne la testa alta.

<<Dov'è zio José, ora?>> domandò, freddamente. Poteva già immaginare i suoi amici, dietro di lei, a fissarla tristemente, ma ormai era fatta. La frittata era già sulla padella.

<<Ramón y Cajal>>

<<Bene>> mormorò e subito voltò le spalle ai genitori. Incrociò gli occhioni meravigliosi di Max e concesse ai suoi di farsi lucidi. L'olandese dovette notarlo, perché le rivolse un sorriso tenero, esortandola a resistere.

"Sei forte, meisje" sembrava starle dicendo.

Accelerando il passo per quanto possibile, lo raggiunse e, sotto lo sguardo attento di sua madre e suo padre, gli strinse la mano con quella che aveva libera. Selene le agganciò il braccio intorno alle spalle e tutti e tre insieme fecero per uscire da quella casa tanto buia quanto dolorosa.

L'ospedale distava circa 30 minuti in macchina e le costava tantissimo chiedere a Max di guidare ancora, dopo le tredici ore passate al volante, però non poteva fare altrimenti. Lei non aveva rinnovato la patente (non che potesse guidare, certo) e Selene era terrorizzata all'idea di poter combinare qualcosa alla Porsche. Era l'unica soluzione.

<<Margaret>> sua madre la richiamò all'ultimo, poi però si rese conto dell'errore commesso e si corresse. <<M-Maggie>>

La rossa immobilizzò, paralizzata di fronte a quella voce di cui tanto aveva sentito la mancanza. <<Che c'è?>>

<<Torna qui dopo>>

<<Perché dovrei?>> si azzardò a domandare, debolmente. <<Non mi pare di essere voluta>>

<<Tu torna lo stesso>>

Lei allora annuì, seppur per niente convinta. <<Vedremo>> sentenziò schiettamente. <<Vedremo>> ripeté.

Survivor - Max VerstappenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora