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Walter non vide nulla. Guardò ancora con più attenzione, insinuando lo sguardo negli spazi tra le fronde degli alberi, cercando di concentrarsi su ogni particolare che potesse rivelare le tracce di quel gesto sconsiderato. Si spostò di qualche metro per cambiare l'angolo della visuale, ma non vedeva altro che porzioni di rocce intramezzate da un corso d'acqua impetuoso.

Per un attimo pensò di essersi sbagliato, di aver avuto un'allucinazione o qualcosa del genere, anzi, sperava che così fosse, ma così non era: ciò che aveva visto era reale, non aveva dubbi. Probabilmente il corpo era in un punto non visibile dal ponte, o forse era caduto in acqua, scivolando sulle rocce dopo l'impatto e trascinato dalla corrente, per questo non lo vedeva.

Sarebbe dovuto scendere a cercare, pur conoscendo il fastidio che la visione del sangue gli avrebbe arrecato, sempre che solo di quello si trattasse: l'idea di un corpo mutilato o sventrato dalle rocce taglienti lo spaventava più di ogni altra cosa. E poi a quale scopo? L'uomo era morto. Non aveva certo bisogno di vederlo con i propri occhi per convincersene, tanto più che scendere in basso gli sembrava un'impresa da temerari. Bisognava tornare indietro e tentare di calarsi lungo la spalla del ponte senza rompersi l'osso del collo e proseguire sulle rocce tra rami e piante e cespugli, col rischio di cadere in acqua.

Doveva avvisare le forze dell'ordine e poi dimenticarsi di tutto. Una telefonata rientrava perfettamente nella logica del cittadino coscienzioso e ligio al dovere civico. Ma si accorse soltanto allora di non avere il cellulare. L'aveva dimenticato in albergo, dopo averlo posato sul tavolino della sua stanza con l'intenzione di prenderlo prima di uscire. Volse lo sguardo in tutte le direzioni senza vedere nessuno cui chiedere un telefono; però una macchina era parcheggiata sull'altro lato del ponte. Qualcuno doveva pur esserci.

Salì sulla bicicletta e pedalò veloce fino a raggiungere il mezzo: una Ford Fusion di colore argento. Posò la mountain bike contro il parapetto, si guardò intorno, poi si avvicinò cauto alla macchina. Un foglietto era giù dal sedile, sul tappetino lato passeggero, c'era scritto qualcosa, ma non era leggibile dall'esterno. Walter afferrò la maniglia, aprì la portiera, ma la richiuse subito per lo spavento: si aspettava di trovarla bloccata dalla chiusura centralizzata. La aprì di nuovo e di nuovo la richiuse, perché lo assalì il pensiero di essere a contatto con la macchina del suicida. Indietreggiò fulmineo, a distanza di sicurezza, per la paura indefinita di un contagio di morte.

Eppure, senza poterselo spiegare, c'era qualcosa di irresistibile che gli impediva di allontanarsi. Si avvicinò di nuovo, vincendo la paura del contagio. Aprì la portiera con circospezione, poi si sedette sul sedile lato guida e prese in mano il foglietto, scritto con il computer:

Chiedo perdono per il mio gesto, ma oramai, al punto in cui sono, non mi resta altro da fare. Voglio solo aggiungere che non ho mai fatto niente di riprovevole.

Ora Walter aveva la certezza matematica di essere sulla macchina del suicida; posò il foglietto sul sedile, meravigliandosi di non provare nessuna emozione particolare: solo l'urgenza di trovare un telefono. Si guardò intorno alla ricerca di un cellulare, ma nella desolazione di quell'interno lucido e spoglio, non vide altro che la chiave di accensione infilata nel cruscotto. Aprì il vano portaoggetti convinto di trovare vuoto anche quello, invece allungò la mano su un portafogli e un mazzo di chiavi; c'era anche il libretto di circolazione.

Il portafogli conteneva banconote, patente di guida, codice fiscale e carta d'identità, infilata nel taschino laterale, nient'altro. L'attenzione di Walter si focalizzò sul documento nel taschino, lo sfilò veloce e lo aprì perché si sentiva in dovere di farlo, pur sapendo che non gli avrebbe comunicato nulla di singolare: il volto anonimo di una persona qualunque. Rimase di stucco quando vide la foto. Il tipo raffigurato aveva la sua stessa faccia. Si toccò d'istinto il pizzo che ricopriva il mento, l'unica nota discordante da quell'immagine assurda.


L'altro uomoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora