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Seppur a malincuore, Walter non scelse nessuna delle due opzioni che aveva elaborato, bensì una terza, risolutiva e sicura: andarsene. Avrebbe ripreso la sua identità e la vita di sempre, ne sentiva un urgente bisogno. Non erano passate neppure due ore da quando aveva impersonato Valerio e già si sentiva mancare l'aria. Si era buttato a capofitto in un'avventura che andava studiata, preparata con cura, non improvvisata come aveva fatto lui, e poi non era tagliato per una simile impresa. Ancor più lo scoraggiava il fatto di dover ingannare la donna al suo fianco, e il solo pensiero lo avviliva più di ogni altra cosa, perché non se lo meritava.

Cercò di memorizzare il tragitto e di calcolare la distanza e il tempo di percorrenza a piedi; sarebbe ritornato alla stazione appena possibile, nonostante l'istinto di farlo subito: sarebbe bastato bloccare la macchina tirando il freno a mano, uscire veloce e dileguarsi ancor prima che la tipa si rendesse conto di ciò che stava accadendo.

"Come mai sei così serio?" disse la donna.

Walter riemerse dai pensieri, un attimo di stordimento.

"Come?"

"Non hai detto una parola da quando sei salito in macchina."

"Sono solo un po' stanco" disse Walter, tagliando corto.

"Anch'io. Con il caldo di questa notte non ho dormito bene e adesso mi sento uno straccio" disse la tipa, rallentando e svoltando a sinistra. Dopo qualche metro accostò al marciapiede. "Eccoti arrivato."

La macchina si fermò e Walter rimase immobile, con la mano sulla maniglia. Alla sua destra c'era una villetta con un muretto di recinzione, il cui profilo lineare in altezza era interrotto da un cancello in metallo. Si vedeva un pezzo di cortile; non c'erano segni di animali né di vita in generale, sembrava una casa disabitata. La via deserta dava l'idea di una zona tranquilla.

"Ti crea fastidio entrare in quella casa vuota, vero?" disse la tipa avvicinandosi un poco. "Eppure, adesso che sei di nuovo single, potresti darti alla pazza vita."

Walter si tolse il cappellino, che cominciava a dargli fastidio, fissò quegli occhi verdi puntati su di lui e quelle labbra sensualmente piene, distese in un sorriso.

"No... io non..."

La tipa allungò un braccio e gli posò la mano sulla spalla.

"Scherzavo! Lo so che non sei il tipo."

Walter cercò di resistere, pensando al guaio in cui si sarebbe cacciato, ma non funzionò. Tutti i propositi di ritornare alla sua vita tranquilla erano svaniti in un attimo. La voglia di assaporare quelle labbra. Prima fu solo una tentazione, poi un desiderio sempre più forte, infine un trasporto assoluto, che non riuscì a controllare. Si avvicinò e tirò la tipa verso di sé, con dolcezza, le accarezzò il volto e la baciò, senza pensare più a nulla.


Lei gli allacciò le braccia al collo e si lasciò andare. Mai un bacio era stato così appagante. Così atteso.

Aprì gli occhi, mentre il viso di Valerio era ancora a pochi centimetri dal suo. Adesso sembrava veramente un altro. Si era deciso a baciarla quando ormai aveva perso ogni speranza, quando pensava di non piacergli, perché le provocazioni e gli ammiccamenti degli ultimi mesi non avevano portato a nulla.


Walter si allontanò un poco, lei fece altrettanto, poi entrambi si guardarono e scoppiarono a ridere.

Un tizio in bicicletta, sbucato da una traversa, sopraggiunse dall'altro senso di marcia; quando fu in prossimità della macchina, fece un gesto di saluto con la mano, attraversò la strada avvicinandosi al finestrino. Era un uomo sulla sessantina, sudato in volto, magro, una maglietta sporca di vernice bianca.

La donna abbassò il vetro.

"Giovanni, ti aspettavo ieri, ma non ti sei fatto vedere."

"Scusami, Giulia, ma ho dovuto finire la stanza di uno che aveva fretta, comunque domani sono da te. Mi sono già procurato il colore e..."

"No, domani devo andare via, facciamo mercoledì."

"Va bene. Oh, professore, c'è anche lei" disse l'uomo rivolgendosi a Walter. "Quando vuole tinteggiare quel corridoio, me lo fa sapere un po' prima, così mi organizzo."

"Certo, appena decido le faccio sapere" disse prontamente Walter.

L'uomo se ne andò.

La casa era deserta, la donna si chiamava Giulia e Valerio era un professore, pensò Walter. Ma professore di cosa? Poteva essere un medico o un insegnante o qualcos'altro che al momento non riusciva a focalizzare.


Giulia alzò il vetro. Non sapeva che cosa dire. Quel bacio aveva riacceso la speranza. Era euforica ma non voleva che lui se ne accorgesse.

"Volevo cambiare colore al soggiorno, ma Giovanni lavora quando vuole. Da quando è in pensione, prende solo qualche lavoretto e..."

"Uno di quelli che non smettono mai di lavorare" disse Walter, come se non fosse successo nulla.

Giulia cambiò discorso, voleva vedere fino a che punto era coinvolto Valerio.

"Domani devi andare in officina a ritirare la macchina, vero?"

"Sì, verso sera e sempre che sia pronta, perché?"

"Se non avevi nient'altro da fare, domani mattina possiamo fare colazione al bar."

"Verrei volentieri" disse Walter, rigirando il cappellino tra le mani. "Però sono senza macchina."

"Non c'è problema: andiamo con la mia. Se ti va bene passo a prenderti domani mattina alle nove."

"Sì, alle nove va bene" disse Walter, mentre apriva la portiera.

Giulia si allungò verso di lui e gli diede un bacio sulla bocca.

"Allora a domani, ciao."


Sceso dall'auto, Walter si diresse verso il cancello della casa. Si erano fatte le tre e mezzo del pomeriggio e il fatto di doversi trovare lì la mattina seguente, per uscire con Giulia, lo metteva in uno stato di tensione positiva. Gli parve logico, a quel punto, sapere tutto sulla vita del tipo di cui aveva preso l'identità, e il solo modo di farlo era di entrare in quella casa e passare al setaccio tutto ciò che poteva essere utile allo scopo.


L'altro uomoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora