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Il documento apparteneva a un certo Valerio Dofrato residente in via Cavour 5 a Sentiana. La coloritura emozionale si attenuò, perché Walter si rese conto che a coincidere erano i tratti fisici e l'anno di nascita. Certo non era poco, ma benché inquietante, la cosa aveva un certo margine di sicurezza, poiché non si trattava di un furto d'identità o qualcosa del genere, era la scoperta di un individuo gemello sconosciuto: un sosia.

Aveva sentito parlare di somiglianze straordinarie, ma non se ne era mai interessato: era un argomento che lo lasciava indifferente quanto una notizia di gossip o un fenomeno da baraccone di dubbio gusto. Adesso però, la cosa lo riguardava da vicino, era reale, e non era poi tanto frivola come pensava. Si chiese chi dei due fosse il sosia dell'altro, una domanda inutile, ma concluse ugualmente di essere lui stesso la copia dell'altro, perché più giovane di tre mesi; ciò che dava al tizio raffigurato sul documento il diritto prioritario allo status originale, di cui Walter era sosia, o almeno così doveva essere.

Avrebbe voluto sapere qualcosa di più sulla vita del suicida, sulla presenza di una famiglia, sul tipo di carriera lavorativa – un'occupazione doveva pur esserci –, sul motivo del suicidio; ma le righe di professione e stato civile erano mute. Non avrebbero detto nulla comunque sulla ragione dell'estremo gesto, sebbene il motivo fosse intuibile e individuabile all'interno di un ristretto numero di elementi: depressione, malattia, questioni di cuore o di soldi. Non avendo elementi su cui far ricadere la scelta, Walter decise di astenersi dal formulare ipotesi che non avrebbero portato a nulla.

Si erano fatte le undici e mezzo e si concretava il rischio di dover dare spiegazioni a un eventuale passante curioso o, peggio, alle forze dell'ordine. Se fino a pochi minuti prima non aveva dubbi sull'azione da compiere, adesso era confuso e leggermente euforico: c'era qualcosa, un'idea nebulosa che lo spingeva verso una direzione ignota, un'avventura insensata e pericolosa; ne era consapevole, ma l'intenzione era forte e libera da ogni considerazione logica e di buon senso.

Due colpetti sul vetro laterale lo distolsero dai pensieri. Un poliziotto della Stradale era fermo davanti alla portiera e faceva segno di abbassare il finestrino. L'altro guardava la bicicletta appoggiata al parapetto.

"Buongiorno, patente e libretto."

"Sì, subito" disse Walter. Colto alla sprovvista, consegnò istintivamente i documenti di Valerio. Se ne rese conto subito ma era troppo tardi. Aveva il cuore a mille, ma cercò di non far trapelare nessun indizio che potesse tradire nervosismo e spavento. Lo sbaglio appena commesso, forse non del tutto involontario, rendeva impossibile la testimonianza del suicidio e rappresentava il rischio di una situazione sul filo del rasoio. L'idea di girare la chiave di accensione e scappare passò fulminea e senza considerazione.

Il poliziotto si allontanò e si diresse verso l'auto di servizio. L'attenzione di Walter si focalizzò sull'altro agente, che si avvicinava; capì che gli avrebbe chiesto qualcosa sulla mountain bike. Se avesse risposto che era la sua, avrebbe dovuto spiegare lo scopo della macchina; se avesse detto di non saperne nulla, avrebbe dovuto chiarire per quale motivo indossava dei pantaloni da ciclista, nel caso l'agente se ne fosse accorto. Ma forse si sbagliava. Invece:

"Di chi è quella bicicletta?" disse l'agente a poco meno di un metro dalla macchina.

Walter sperò che non si avvicinasse, si sporse un poco dal finestrino, come per tenerlo lontano.

"Non lo so."

"Non è La sua?"

"No. Però mentre arrivavo, ho visto un tale che camminava sul ponte con una macchina fotografica."

"E lei perché si è fermato?" disse l'agente guardando Walter negli occhi.

Walter si ricordò di aver preso una multa per una telefonata mentre era alla guida.

"Dovevo telefonare" disse Walter, sforzandosi di rimanere calmo nonostante lo stato di tensione progressiva: aveva una paura folle che gli chiedesse di vedere il cellulare.

L'agente si avvicinò sospettoso; stava per chiedere qualcos'altro, forse proprio quello che Walter temeva, quando sopraggiunse il collega a riconsegnare i documenti.

"Va bene, si ricordi di fare la revisione che scade fra un mese. Buona giornata."

"Buongiorno" disse Walter simulando indifferenza: ancora pochi secondi e il supplizio sarebbe finito.

L'auto della stradale si allontanò. Walter si appoggiò comodamente al sedile e chiuse gli occhi. Fece un respiro profondo, rimase immobile, ascoltando Il ritmo cardiaco che diveniva gradualmente regolare.

Spazio autore.

Sentiana è una località immaginaria della Liguria.

Le situazioni qui descritte, ancorché mutuate da fatti

di cronaca, sono di pura fantasia, così come lo sono

i nomi e i personaggi.


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