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Walter si infilò il cappellino e gli occhiali da sole, si guardò intorno, poi gettò un'occhiata oltre il muretto di recinzione alla ricerca di cani; non vedendone, si avvicinò al cancello. Trafficò un poco con il mazzo di chiavi, trovando quella giusta al secondo tentativo. Percorse spedito il vialetto, ma dovette impegnarsi a lungo con le serrature di una porta blindata. Appena entrato, richiuse la porta. Il pensiero improvviso di un allarme lo raggelò, anche se non vedeva nessun congegno elettronico da disattivare. Rimase immobile qualche istante nell'ascolto del silenzio assoluto.

Il soggiorno era ampio ma poco arredato: un divano ad angolo davanti a un mobile stile moderno, su cui era appoggiato un televisore ultrapiatto; di lato, un tavolo e quattro sedie, perfettamente allineate; un appendiabiti di legno a colonna, spoglio; nient'altro. Sulle pareti, dei quadri con scene di caccia e altri con natura morta di frutta e oggetti inanimati, che sembravano riflettere l'immagine smorzata di una vita solitaria, nell'aria ferma tutta intorno. Un muretto con mattoni a vista delimitava la zona cucina con armadiature a colonna ed elettrodomestici a incasso. Sulla sinistra, una scala metallica con scalini di legno, che portava al primo piano. Da una grande finestra si vedeva il cortile e scorci di case poco lontane.

Un corridoio spuntava da un angolo in fondo al soggiorno. Walter Provò tutte le porte, soffermandosi qualche attimo, giusto il tempo di vedere un bagno tirato a lucido, una stanza color noce con letto singolo, un ripostiglio pieno di scatole, detersivi e oggetti per pulire, una stanza vuota, un'altra stanza vuota.

Salì al primo piano e provò altre porte: un altro bagno tirato a lucido, un'altra stanza color noce, ma con letto matrimoniale, uno studio. Finalmente quello che cercava. Un professore doveva avercelo per forza. Lì avrebbe trovato ogni risposta alle domande che gli giravano per la testa.

Il locale sembrava fatto su misura per ospitare i mobili di uno studio. Davanti a una libreria, che occupava in lunghezza tutta la parete frontale, c'era una massiccia scrivania di legno massello con lampada da tavolo, telefono, portapenne, computer portatile. Una poltrona di pelle nera occupava lo spazio intermedio; altre due più piccole, di velluto, erano accostate alla parete laterale; un armadio a metà dell'altra, accanto all'unica finestra. Appese al muro, c'erano due foto di Valerio e una pergamena di Laurea in Matematica.

Walter si sedette alla scrivania e cominciò a rovistare nei cassetti alla ricerca di qualcosa che definisse meglio la posizione di Valerio. I primi due contenevano soltanto bollette pagate, ricevute di premi assicurativi, ricevute di tasse sulla casa, fatture, scontrini fiscali, volantini pubblicitari, preventivi di lavori idraulici. Il terzo conteneva circolari per docenti di una scuola secondaria di primo grado, proprio di quel comune. Sotto le circolari, c'erano gli estratti conto di una banca; l'ultimo segnava un saldo di circa centonovantamila euro.

Walter si appoggiò allo schienale, soddisfatto solo in parte: adesso sapeva che Valerio viveva da solo nella casa di proprietà, era un professore nella scuola media locale e aveva un bel gruzzolo in banca. Ma non sapeva nulla di Giulia né della faccenda di cui sembrava essere a conoscenza. Una faccenda di cui doveva informarsi, anche se al momento gli importava poco. Vide una busta appoggiata su un ripiano appena sopra i cassetti. Conteneva una foto di Valerio a cena con i colleghi di lavoro – cosi era scritto sul retro. Walter trasalì, quando si accorse che tra i volti anonimi intorno al suicida c'era anche quello di Giulia.


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