Dopo qualche minuto di sospensione, Walter riaprì gli occhi e guardò lo specchietto retrovisore, che rimandava l'immagine di un grosso mezzo in avvicinamento. L'autotreno passò, provocando uno spostamento d'aria che fece traballare la macchina. Poi passò una Punto, seguita da una Polo. La strada era di nuovo deserta.
Walter scese dall'auto, con l'idea di andarsene, sapendo che alla fine qualcuno si sarebbe accorto di quanto era accaduto al proprietario della Fusion. Si ritenne fortunato di com'erano andate le cose fino a quel momento, ed era meglio non sfidare oltre il destino. Gli agenti che aveva ingannato potevano tornare da un momento all'altro, magari insospettiti da qualcosa, e fare un ulteriore controllo.
Salì sulla mountain bike, pronto a sparire nella solitudine di un sentiero sperduto, dove nessuno poteva seguirlo. Fece un centinaio di metri. All'imbocco dello sterrato, si fermò per dare un'ultima occhiata al ponte: la macchina era sempre là e sembrava chiamarlo. Travolto dall'onda dell'incoscienza, pedalò veloce fino all'auto, aprì di scatto il portellone, abbassò lo schienale dei sedili posteriori e caricò la bicicletta alla svelta. Richiuse. Salì in macchina, avviò il motore e partì ancora prima di aver pensato a dove andare.
Dopo un paio di chilometri, si ricordò di un parcheggio tranquillo nei pressi della ferrovia, dove avrebbe lasciato la macchina e scaricato la mountain bike, e con quella sarebbe tornato in albergo, distante poco meno di un chilometro. Una volta in camera, avrebbe messo un po' d'ordine alle idee confuse che si sovrapponevano nella mente. L'adrenalina che aveva in corpo gli impediva una visione definita di ciò che voleva fare in seguito, però lo rendeva reattivo e sicuro nella guida spigliata su quella strada tortuosa, almeno per quanto concesso dalle prestazioni di quella che riteneva un'auto da vecchi rincoglioniti.
In vista della periferia cittadina, Walter rallentò, cercando di adottare il passo di un tranquillo automobilista, prudente e disciplinato. Imboccò la via principale, soffocando la tensione che gli avrebbe fatto compiere qualche imprudenza. Non poteva rischiare di essere fermato da qualcuno: doveva mimetizzarsi nel traffico, passare inosservato tra macchine, moto, furgoni e biciclette e pedoni, che a mezzogiorno affollavano il centro. Faceva caldo, se ne rese conto soltanto adesso. L'abitacolo era un forno. Il sole batteva sulle lamiere senza pietà e dalle bocchette usciva aria calda, nonostante il condizionatore acceso: doveva essere scarico. Come se non bastasse, un inutile grosso fuoristrada bloccava il traffico, perché faticava a passare tra le macchine parcheggiate e quelle che provenivano dal senso opposto. Walter imboccò nervoso una via laterale, avrebbe allungato un po' il tragitto, ma sarebbe arrivato prima comunque.
Il parcheggio aveva degli spazi liberi. Walter ne occupò uno tra due macchine, che sarebbero servite da paravento. Spense il motore e si guardò intorno, aspettando il momento giusto per fare ciò che aveva deciso. Una donna in bicicletta spuntò da una via laterale, attraversò la strada e sparì in un vicolo; un giovane, concentrato sul cellulare, passò vicino: non si sarebbe accorto di qualcosa nemmeno se gli avessero sbattuto la portiera in faccia, ma Walter preferì aspettare che si allontanasse. Quando non vide più nessuno, scese dalla macchina, scaricò veloce la mountain bike, sistemò i sedili, chiuse tutto e se ne andò.
Durante il tragitto, pensò di essere stato anche troppo prudente: in fondo che cosa ci sarebbe stato di strano nel vedere uno che scaricava una bicicletta? Certo, se lo avesse visto un conoscente di Valerio, sarebbe stato un problema. Ma Sentiana era a più di trenta chilometri, lo sapeva perché c'era passato una volta, sbagliando strada, e le probabilità di incontrare un amico o un parente del suicida erano poche. Tuttavia, si convinse di aver fatto bene a non correre rischi inutili.
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L'altro uomo
Narrativa generaleUn uomo assume l'identità di un altro per una donna, poi le cose si complicano.