1 - Comunicazione giusta nel giorno sbagliato

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Era un'afosa giornata di giugno e il professore ci raccontava – e per la milionesima volta – della sua bizzarra vacanza in cui era stato attaccato da una rana, che aveva trovato nella sua Daihatsu Materia, in un giorno di nebbia.

Come gli altri miei compagni di classe, avevo preso a ignorare l'insegnante non appena udito la frase "Questo mi ricorda una spiacevole esperienza".

Mi persi a osservare i dettagli dell'aula: tre vistose crepe scendevano in verticale lungo i muri; agli angoli delle finestre, i ragni tessevano le loro ragnatele con cura; il cestino straripava di cartacce da due settimane, ormai.

Sta per succedere qualcosa che non mi piacerà affatto! Pensai, tamburellando le dita sul banco come un'ossessa.

Era la stessa spiacevole sensazione avvertita anni prima, in quella maledetta e indimenticabile serata del ballo al LPA, prima della mia espulsione definitiva da quel collegio e dal mio conseguente essere stata indirizzata al Terzo Quarto.

Un frenetico bussare alla porta attirò gli sguardi annoiati di tutti noi e, una volta aperta, fece capolino la testa riccioluta e brizzolata dell'insegnante di filosofia.

«Scusate l'interruzione,» si scusò il professor Mingioia, sistemandosi gli occhiali tondi che gli scivolavano sul naso adunco, «ho un triste annuncio da fare», l'uomo sfoggiò un'espressione avvilita nell'entrare in aula.

«Cattive notizie?» domandò Mario Masini, a cui stavo seduta proprio davanti, nella fila centrale a sinistra. «Non importa!» aggiunse, alzando le mani. «Sarà sempre meglio della storia della rana sul sedile posteriore; l'abbiamo sentita già troppe volte, come anche quella del topo e del coniglio che lo hanno attaccato nella vasca da bagno...»

«Masini!» urlò il docente preso di mira dagli animali, rosso in viso come se stesse per esplodere. «Come ti permetti? Io sono un educatore e pretendo rispetto. Vi racconto aneddoti della mia vita per prepararvi ad affrontare il mondo; le mie sono esperienze vere! Non sapete quanto è dura là fuori; credete che tutto vi sarà facile, che chiunque cadrà ai vostri piedi... Be', non è così!»

«Nessun alunno di questa classe è stato ammesso all'esame!» strillò Mingioia, come volesse sovrastare la sfuriata del suo collega a ogni costo.

Fu proprio questa frase a dare risposta all'inspiegabile nervosismo che mi accompagnava già da qualche settimana e che, proprio in quell'istante, svanì come vapore nel vento.

Il povero professor Mingioia, col suo appestante dopobarba allo zenzero, ovviamente non aveva la minima idea di quel che avrebbe potuto scatenare con quelle poche parole, ma avrebbe dovuto, però, immaginarlo in quanto si era rivolto alla classe più unita e peggiore che si fosse mai vista in quell'istituto.

«Questo se le cerca!» affermai io, smettendo di tamburellare le dita sul banco.

Era palese, dai volti allibiti di tutti i presenti, che nessuno di noi si aspettava di ricevere una simile notizia.

«Bocciare un'intera classe?» Johnny Gregoriadis prese rabbioso la parola; la sua irrigidita mano sinistra era in preda a involontari scatti nervosi. «Solo al Terzo Quarto può succedere una cosa del genere... No, ma Mingioia sta solo scherzando, è ovvio. È uno scherzo sadico da ultimo giorno di scuola... Davvero molto divertente, però, adesso basta. Ci dica cosa voleva per davvero e se ne vada».

Quella mattina, Johnny vantava pupille troppo dilatate, occhiaie spaventose e un pessimo umore che non prometteva niente di buono, ma, nonostante ciò, il biondo stava dando all'uomo brizzolato la possibilità di ritirare ciò che era appena stato detto.

«Ragazzi, cercate di capire... Non dipende da me», Mingioia provò a scusarsi, in quel suo modo patetico di porsi; il poveraccio era palesemente terrorizzato e, mentre indietreggiava verso la porta, incespicò con i piedi maldestri come un vero imbranato.

Il giglio di fuoco (SN7)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora