23 - Giorni privi di noia

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Come un gatto, circondato da un branco di lupi, così ero io con tutti quei Monaldeschi nella mia stanza d'ospedale.

Devo andarci giù pesante di artigli, prima che loro mi mordano!

«Basta con le sceneggiate!» esclamai con decisione; disorientati, Pietro e Lucia tirarono indietro le teste. «Claudio e Nora ormai sanno bene che non sono la loro vera sorella. Non c'è bisogno di fingere oltre che siamo una famiglia.»

«Per noi lo sei», affermò Claudio, che quel giorno indossava un pantalone beige sotto una camicia bianca; Nora, abbracciata al suo braccio, confermò il suo pensiero, facendo cenni affermativi col capo.

Scossi la testa in negazione, le labbra serrate e la fronte corrucciata.

«Ci manchi, piccola», Lucia provò ad avvicinarsi, ma, come trovatasi di fronte a un animale ferito e diffidente, si ritrasse intimorita. «Ti vogliamo di nuovo a casa con noi. Sei parte della famiglia...»

«E me lo avete sempre dimostrato, non è così? Facendomi sentire come se non fossi mai stata degna di portare il vostro cognome, organizzando matrimoni alle mie spalle... Mi mettevate di continuo sotto pressione per lo studio...» mi sfogai, ritenendo un'ottima tattica quella di mostrarmi patetica per far abbassare loro la guardia, così che tradissero le loro reali intenzioni.

«Oh, tesoro!» mi si avvicinò Pietro che, prima di stringermi in un abbraccio quasi paterno, mi accarezzò la guancia; odorava d'ospedale e di carta accumulata in fascicoli.

Non credo mi abbia mai abbracciata in tutta la mia vita. Provai una forte sensazione di repulsione; il mio corpo si irrigidì all'istante, come se fossi trovata davanti Delia, con forchetta e coltello in mano, che dichiarava di volermi assaggiare; potevo immaginare la Stinziani anche col bavaglino legato al collo e la bava alla bocca.

«È chiaro che qui vi sono dei malintesi che non sono stati ben chiariti», Pietro prese posto sulla sedia marroncina. «Pamela, piccola, era ovvio che fossimo estremamente esigenti con te. Fin da bambina, ti sei mostrata molto intelligente, e noi, come ogni genitore, volevamo solo il meglio per te», non ero certa del fatto che quell'uomo fosse davvero sincero, ma ritenni di non avere ragioni serie per dubitarne, e ascoltare non mi costava nulla. «Se hai avvertito che ti mettevano troppa pressione addosso, devi scusarci: non ce ne eravamo resi conto e tu non ce ne hai neanche mai parlato...»

«E per quanto riguarda il matrimonio che mi volevate combinare col Gilberti, eh? E il vostro non avermi creduta, quando vi ho detto del professore che aveva tentato di baciarmi... Come la mettiamo?»

«Ci sentiamo ancora molto in colpa, per aver pensato che te lo fossi inventato», esclamò Lucia, avanzando di un passo. «All'epoca tu eri così ingestibile... Abbiamo sbagliato da entrambe le parti.»

Claudio ci guardò come volesse che qualcuno lo rendesse parte della conversazione, riferendogli ciò di cui non era al corrente; la fronte corrucciata smascherò l'istinto fraterno e protettivo che si stava attivando.

«Per quanto riguarda il tuo pensiero, sul nostro combinare il tuo matrimonio con quel ragazzo... Beh'», Pietro si azzardò a riprendere la parola. «Ti ricordi? Quel Natale...» mi strinse la mano, ma non ricambiai la stretta. «Avevi insistito affinché lo invitassimo da noi. Avete passato un intero pomeriggio a preparare dei biscotti...»

«Sì, perché la madre, in quel periodo, li preparava insieme ai suoi due figli», ricordai a voce alta. «Era una loro tradizione... Non volevo che vi rinunciasse, solo perché non aveva più nessuno con cui...» mi si inumidirono gli occhi; mi strinsi un pugno contro il cuore, il solo immaginare la sofferenza di Gilberti mi provocò un forte senso di disperazione.

Il giglio di fuoco (SN7)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora