La mia agilità si rivelò ineccepibile, la mia velocità superiore alla media, sapevo che un pazzo armato di fucile mi stava inseguendo, ma non potei non provare i poteri che il medaglione aveva da offrire: con un balzo felino mi sollevai di un paio di metri e atterrai accucciata su un grosso ramo di quercia; da quel punto feci un altro paio di salti, verso altri alberi, il vento mi colpì il viso, facendomi volare i capelli alle spalle, e infine mi aggrappai a un tronco, conficcando le unghie nella corteccia.
La scarsità delle foglie non mi donò un gran riparo – da quel punto riuscii a intravedere bene ogni singolo ramo degli arbusti che componevano quell'angolo di bosco –, ma ero fiduciosa del fatto che nessuno guardasse mai in alto.
Una decina di minuti dopo, sotto di me, intravidi quel folle individuo, in tenuta da cacciatore, che di nome faceva Venanzio Spadafora, esattamente come l'uomo che aveva dato il via alle maledizioni tra famiglie.
Il solo pensare a quel nome, mi fece tornare in mente una chiacchierata avuta con Enrique.
Che cosa mi aveva detto papà di preciso, eh? "Dopo essersi maledetti a vicenda, Gregoriadis e Marveola avevamo trovato il modo di continuare a esistere, e questo lo sai, anche se la nostra è una forma di vita corrotta, perché gli Spadafora non solo volevano cancellarci dalla faccia della Terra, ma non desideravano nemmeno che avessimo avuto alcun tipo di esistenza dopo la morte... Venanzio, colui che ci aveva dannati, aveva giurato che non avrebbe trovato pace finché non ci avesse eliminati tutti. È ancora in circolazione, sai, piccola mia? È rimasto bloccato all'età che aveva: la maledizione si nutre di quell'odio malato, donandogli un'esistenza innaturale. Quelle poche volte che si ripresenta una donna Marveola, Venanzio la vuole per sé come moglie. Tu sei la quinta, contando Serilda... Lui ti cercherà, credimi, ma non devi cedergli."
Che quel cacciatore, che stava cercando tracce sul terreno, non fosse il vero Venanzio, ma solo un omonimo, era chiaro dal fatto che volesse imbalsamare anche me.
Ripensai a come ci eravamo fatti nemico quel tipo che, con molta probabilità, era imparentato alla lontana coi Monaldeschi: era successo poco dopo che Johnny Gregoriadis aveva finalmente preso la patente, durante un viaggetto dall'altra parte dello Stato, con il biondo che gli aveva sfondato la casa, guidando un camion rubato.
Venanzio era rimasto incolume, in quanto si trovava dall'altro lato della sua minuta abitazione, ricca di armi e vecchi trofei di caccia, ma in compenso era diventato molto furioso: «Vi prometto che vi prenderò tutti e quattro!» ci aveva urlato dietro. «Sarà lo scopo della mia vita: non avrò pace finché non vi avrò imbalsamati di persona!»
A quelle minacce, e alla vista del pazzo che prendeva un fucile, noi quattro eravamo corsi subito verso la nostra auto: lo Spadafora aveva iniziato a spararci alle spalle – per fortuna aveva una pessima mira – e Gilberti si era dovuto improvvisare autista, dato che Johnny era crollato per l'alcol; la paura aveva aiutato Gilberti a imparare presto a guidare.
Eravamo riusciti a sfuggire a quel pazzo per miracolo.
La nostra fortuna, sino a quel momento, era stata che Venanzio Spadafora non aveva mai saputo chi noi fossimo – ci aveva solo visti in viso – e non era un grande amante della tecnologia dato che a casa sua – e lo avevamo constatato – non aveva nemmeno la corrente elettrica.
Non sarà stato un caso che Venanzio il cacciatore sia giunto qui: sarà stato il Profilo a indirizzarlo nella giusta direzione; il raggio d'azione del guardone è molto ampio.
Avvertii il movimento del mio orecchio sinistro sulla testa: dei rumori di passi erano in avvicinamento.
Mi devono essere venute di nuovo le orecchie da gatto.
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Il giglio di fuoco (SN7)
RandomUna bocciatura sospetta. Quattro amici sono costretti a ripetere l'ultimo anno scolastico nell'inconsueto collegio che frequentano. Siamo a Cruentapugna, città popolata per lo più da esseri umani, dove vi sono antiche famiglie in guerra; ragazzi in...