In un attimo fu davanti alla porta della signora Redaelli a suonare il campanello. Venne ad aprire una donna sulla quarantina dal volto smunto incorniciato da folti capelli color rame raccolti in una grossa treccia. Indossava un abitino corto e leggero che lasciava scoperte le braccia e le gambe magre.

<< Buongiorno, sono il commissario Pannogallo, il figlio della signora Iolanda. Ho sentito un urlo poco fa...Va tutto bene? >>

 << Buongiorno, commissario. Sono Francesca Redaelli. Le chiedo scusa per il disturbo... è mia madre che urla... purtroppo la testa non le funziona più e a volte è davvero ingestibile. Entri, commissario, non stiamo qui sulla porta. >>

 Pannogallo entrò nell'appartamento e fu condotto in un bel salotto arredato con mobili antichi di ottima fattura. Tutto era pulitissimo e in ordine. Nel bel mezzo del salotto troneggiava un maestoso pianoforte lucido da potervisi specchiare.

 << Si accomodi, commissario, dove preferisce, sull'ottomana o qui al tavolo, come vuole. Mi dia solo qualche minuto per controllare che mia madre si sia calmata e sono da lei. >>

<< Faccia pure quello che deve. Io mi siedo qui al tavolo. >>

 La donna lasciò la stanza e si diresse verso un piccolo corridoio su cui dava una porta che lei aprì e richiuse alle sue spalle. Il commissario, lasciato solo, si alzò dalla sedia e cominciò a guardarsi intorno. Quel locale sembrava una biblioteca d'altri tempi in netta antitesi con l'ambiente rurale di Cascina Scotti.

Il grande armadio che occupava tutta una parete fino al soffitto era pieno di libri dalla rilegatura antica. In alcune vetrinette si trovavano dei leggii con appoggiati degli spartiti. In una c'era un bellissimo violino adagiato su un drappo di seta rosso.

Alle pareti del salotto erano appesi alcuni quadri dai toni cupi, in sintonia con il mobilio, e svariati riconoscimenti a nome Teresa Fontana per esibizioni con il violino in molte città europee. C'erano anche incorniciate foto in bianco e nero che ritraevano una giovane ragazza dai capelli biondi, dai lineamenti dolcissimi, mentre suonava o nell'atto di ritirare dei premi. Il commissario si avvicinò al pianoforte e pur non essendo un esperto capì che doveva trattarsi di uno strumento di valore. Fu attirato dalla foto che vi era appoggiata sopra: ritraeva una bambina di forse quattro o cinque anni seduta a quello stesso pianoforte con alle spalle la stessa giovane donna delle foto alle pareti e un bell'uomo molto più grande.

 Entrambi sorridevano alla piccola musicista. Mentre era intento a guardare non si accorse che era sopraggiunta Francesca Redaelli.

 << Ha visto, commissario che piccolo Mozart? >>

 Il commissario si voltò e sorrise alla donna che ricambiò il sorriso.

<< Lei suona il pianoforte...ha tutta la mia ammirazione. Io sono negato per gli strumenti. >> La donna si sedette al tavolo e lo stesso fece il commissario.

<< Io suono il pianoforte da quando ero bambina e mia sorella il violino, ma non abbiamo di certo la maestria che aveva mia madre. La vera virtuosa era lei e questo era il suo "studio". Lei era un talento naturale. Aveva frequentato il conservatorio ed era bravissima con il violino, ma suonava bene anche il pianoforte che era di papà. Sarebbe potuta diventare famosa in tutto il mondo, ma ai suoi tempi una donna doveva scegliere se fare carriera o farsi una famiglia e lei ha rinunciato ai suoi sogni ed ha ripiegato sull'insegnamento per dar retta a mio padre.>>

Al commissario sembrò di percepire nelle sue parole una nota di biasimo nei confronti della madre per aver accettato il volere del marito senza opporsi. Decise di cambiare argomento.

L'ultima rosa dell'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora