CAPITOLO 2

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Dal capitolo precedente:

"Guarda che puoi anche avvicinarti, giuro che non mordo... beh, almeno... non ancora", ironizzò maliziosamente divorandomi di nuovo con lo sguardo.

Sentì un brivido pervadermi il corpo e, senza che lo volessi veramente, mi avvicinai di qualche passo. I suoi occhi continuavano a fissarmi intensamente, mi sentivo bruciare e non riuscivo a capirne il motivo. Nonostante io odiassi quella donna e non volessi avere nulla a che fare con lei, non riuscivo a frenare la mia avanzata. Passo dopo passo eseguì il suo ordine e mi accomodai al suo fianco. La mia testa diceva di andarsene a gambe levate da quella stanza, ma il mio corpo non la stava a sentire, sembrava vivere di vita. 'Ma che cosa mi stava succedendo?'.



"Sono piacevolmente sorpresa Clarke, non pensavo fossi così ubbidiente! Mi piace molto questo lato di te!", esclamò bevendo un sorso del suo drink non staccando nemmeno per un secondo i suoi occhi dai miei.

'Ubbidiente! Se lo può scordare', pensai ridestandomi da quell'incantesimo che sembrava farmi con quei dannati occhi verdi.

"Non sono una bambina e sono molto lontana dall'essere ubbidiente...", replicai sottolineando l'ultima parola.

"Mi sono avvicinata solo perché sono curiosa e non mi piace urlare quando parlo", aggiunsi con tono pacato cercando di rimetterla al suo posto.

Il mio tentativo era buono, ma tutta la mia spavalderia fu spazzata via dal sorriso compiaciuto stampato sulle labbra di mia moglie, il quale decretò una volta per tutte il mio fallimento.

'Al diavolo', imprecai mentalmente, arresa all'idea di aver perso questo round.

Decisi comunque di seguire il mio istinto ribelle e saggiare le mie lacune, avevo bisogno di risposte e se per averle avrei dovuto abbassarmi al suo livello, beh, lo avrei fatto.

"Che strana coincidenza... neanche a me piace urlare, sono più una che sussurra... però se c'è una cosa che adoro è far urlare le donne", disse con quel tono malizioso che mi provocò l'ennesimo brivido.

'Dio, perché non riesco a controllarmi?'.

"Ma credo che per questo ci sia tempo... allora, come posso lenire la tua curiosità?", continuò.

Per un attimo si riaffacciò nella mia mente l'idea di andarmene, ma la lingua fu più veloce del cervello.

"Come facevi a sapere che ero io fuori dalla porta?", domandai.

"Il tuo profumo è unico... chiamalo sesto senso, ma sapevo benissimo che dietro quella porta ci fossi tu, Clarke".

"Dovrei crederci?", risposi scettica.

"La scelta è tua, ma sappi che è molto raro che io menta...".

Stavo per ribattere ma Lexa mi anticipò, posando un braccio sullo schienale del divano, pericolosamente vicino a me, come se volesse prepararsi ad una lunga chiacchierata.

"Ma perché non mi fai la domanda che muori dalla voglia di farmi?".

'Ma come diavolo fa? Sembra quasi che mi legga nella mente...', pensai frustrata da quel suo modo di fare arrogante e saccente.

"Perché hai voluto proprio me? Perché mi hai costretta a sposarti?". Erano queste le prime domande che avrei voluto farle, ma tergiversare era sempre stato un mio grosso difetto. Stranamente il mio tono non era furente, ma tranquillo e pacato, contrariamente alla rabbia che imperversava dentro di me.

"Perché ho voluto proprio te? Semplice, perché ritengo che tu sia la donna più affascinante che abbia mai incontrato in vita mia. Sei caparbia, ribelle, intelligente e... bellissima", rispose avvicinando pericolosamente il suo viso al mio.

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