CAPITOLO 5

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Ero pronta, ed ero anche in orario, così scesi nell'atrio della villa. Lincoln – il braccio destro di Lexa nonché il suo fidato capo della sicurezza – appena mi vide strabuzzò gli occhi. Vista la sua reazione, il vestito che avevo scelto era decisamente perfetto per l'occasione. Era estremamente corto, per non dire inguinale, aveva una scollatura generosa sia davanti che dietro che esaltava notevolmente le mie forme. Il mio piano di farla ingelosire stava procedendo alla grande.

"Signora Morris...", iniziò titubante appena mi avvicinai a lui.

"Lincoln, puoi chiamarmi Clarke te l'ho già detto", replicai vedendolo in difficoltà

"Signora Morris non mi è permesso, e lei lo sa", puntualizzò cercando di celare l'imbarazzo che aleggiava nell'aria.

"È sicura di voler venire al club vestita così? È un incontro d'affari. Sua moglie non ne sarà affatto contenta", obiettò con preoccupazione.

"Lincoln non ti preoccupare, per Lexa è un incontro di lavoro, per me invece è l'occasione giusta per divertirmi, è un bel po' che non vado a ballare", lo rassicurai andando alla macchina.

Quando Lincoln mi aprì lo sportello, notai subito l'assenza di Lexa ed il mio sguardò torno in un lampo all'uomo al mio fianco.

"È già al club, l'attende con impazienza...", disse prima che potessi chiedere.

"Che Dio ci aiuti...", lo sentì mormorare mentre richiuse la portiera e un sorriso spontaneo arricciò le mie labbra.

Il tragitto verso il locale fu breve, circa una ventina di minuti, nei quali non feci altro che immaginare la reazione di mia moglie quando mi avrebbe vista.

Appena entrati, Lincoln mi voleva condurre da Lexa, ma io avevo altri piani. Con una scusa lo liquidai e mi diressi al bancone del bar, avevo bisogno di un drink prima di scatenarmi.

Ordinai un gin-tonic, che non tardò ad arrivare. Non c'era che dire, il servizio era molto celere. Ringraziai il barista e mentre sorseggiavo il mio drink cominciai a guardarmi intorno. Il locale era molto carino, luce soffuse, musica intrigante e molti avventori calcavano la pista muovendosi a ritmo. Nella pista notai subito alcune ragazze e ragazzi, svettavano su dei cubi dimenandosi in modo sinuoso. Verso il bordo della pista vicino la zona VIP c'erano alcuni pali, che si ergevano fino al soffitto. Sorrisi incuriosita, probabilmente il club faceva anche serate di lap dance. Il mio sguardo fu catturato proprio da un gruppo di uomini d'affari, proprio nella zona VIP. Lexa non era ancora fra loro, ma ero convinta che l'incontro di lavoro fosse con quel manipolo di colletti bianchi.

Mi affrettai a finire il mio drink e mi diressi verso la pista, cominciando a muovermi a ritmo di musica. Ricevetti diversi apprezzamenti sia da donne che da uomini, li ignorai bellamente. Il mio scopo non era quello di farmi rimorchiare dal primo/a che passava, ma ben altro. Nonostante ci fosse molta gente in pista riuscì ad avvicinarmi ad uno dei pali proprio difronte alla zona VIP. La lap dance non era certo il mio forte, l'idea di strusciarmi addosso ad un palo non mi entusiasmava, ma era l'unico modo per attirare l'attenzione su di me. Così, cominciai a muovervi in modo sensuale lasciandomi andare sulle note di Rihanna con la sua 'Puor it Up' che sembrava calzare a pennello.

Il vestito così corto e la scollatura vertiginosa mi agevolarono notevolmente, non ci misi molto a catturare l'attenzione della platea VIP. Vidi quello che doveva essere il capo, avvicinarsi in modo lascivo. Un ghigno compiaciuto comparve sul mio volto, lo guardai senza smettere di ballare, dedicando ogni mia mossa a lui, ma mantenendo una certa distanza. Il poveretto era caduto nella mia trappola, ora dovevo solo divertirmi un po' fino all'arrivo di mia moglie. Il mio piano stava andando bene, peccato che non avessi considerato l'intraprendenza del tizio e il suo volermi toccare.

Cercai di evitare le sue avance, ma la sua insistenza stava diventando fuori controllo.

"Non sono interessata", dissi più volte, ma per l'uomo non sembrava rilevante quello che dicessi.

Mi afferrò per un braccio e mi trascinò addosso a lui, cercai di divincolarmi, ma la sua stretta era forte.

"Lasciami! Metti giù le mani!", urlai in preda al panico.

"Prima ti comporti come una puttana e poi fai la difficile", il suo tono mi fece rabbrividire.

"JAMES.LEVALE.SUBITO.LE.TUE.LURIDE.MANI.DI.DOSSO...", ringhiò la voce di Lexa.

Alzai lo sguardo e fui sollevata di vederla a pochi passi da me e quell'uomo.

"Se no cosa mi fai Morris...", obiettò sprezzante.

"Ti sparo in fronte!", esclamò tirando fuori la pistola e puntandogliela in faccia.

L'uomo alzò immediatamente le mani, lasciandomi andare. Lexa mi afferrò per una mano e mi attirò verso di lei.

"Coulson, chiama ancora puttana mia moglie o avvicinati di nuovo a lei e sarai l'ultima cosa che fai nella tua miserabile vita...", lo minacciò Lexa.

"È una minaccia?", domandò il tizio cercando di celare il suo timore.

"Consideralo un avvertimento, mi conosci da un po' e lo sai che non vado per il sottile se tengo a qualcuno. E notizia flash... a MIA moglie tengo molto!", replicò con rabbia, lasciandomi senza parole.

'A mia moglie tengo molto...', le sue parole continuavano a rimbombarmi nella testa.

"Ovviamente James l'accordo salta, io se fossi in te dormirei con un occhio aperto, i tuoi acquirenti vorranno delle spiegazioni!", aggiunse prima di trascinarmi via.

Salite in macchina un silenzio assordante ci accompagnò per tutto il viaggio. Arrivate alla villa, Lexa si diresse verso lo studio seguita da Lincoln, senza rivolgermi la parola. Era furiosa e ne aveva tutte le ragioni. Questa volta mi ero spinta troppo oltre.




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