CAPITOLO 18

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Era passato quasi un mese da quella chiacchierata davanti al camino ed io stavo facendo la brava proprio come avevo promesso. Lexa mi aveva assegnato una nuova guardia del corpo, Anya Forest. Era sempre vigile e mi seguiva come un'ombra. La sua aria da dura all'inizio mi spaventò, ma stando a stretto contatto imparai a conoscerla, era molto simpatica, ma comunque sempre ligia al dovere. Lexa l'aveva scelta a ragion veduta, voleva che io fossi protetta nel miglior modo possibile. Soprattutto quando lei non poteva essere al mio fianco.

"Anya è tardi, vai a dormire", dissi cercando di convincerla.

"Non posso, Lexa è ancora nel suo studio e lo sai come sono le regole...", replicò alzando gli occhi al cielo.

Purtroppo o per fortuna, le conoscevo bene. La regola principale era che non dovessi rimanere da sola per nessuna ragione al mondo. E quindi Anya mi seguiva dovunque anche in bagno alle volte. Così, quella sera, avrebbe dovuto rimanere fuori dalla porta della camera da letto – dopo averla controllata in ogni suo centimetro – fino a che mia moglie non si fosse stufata di fare la stacanovista e mi avrebbe raggiunta nel nostro letto.

"Si, non posso rimanere da sola. Certe volte non so chi sia più ottusa tu o Lexa".

"Beh, mentre ci pensi io controllo la camera", esordì sorridendomi prima di scomparire dietro la porta.

Dopo neanche cinque minuti la vidi farmi segno di entrare.

"Anya, vai a riposare, ti prometto che farò la brava. E poi sono sicura che Lexa arriverà da un minuto all'altro", insistetti.

Tentennò sul da farsi indecisa. Era stanca, lo potevo leggere sul suo volto. Nelle ultime settimane aveva sempre lavorato senza sosta e nel tempo libero si allenava.

"A Lexa, ci penso io, non si accorgerà della tua assenza", aggiunsi con tono malizioso.

"Ah... se la metti così... non ho intenzione di stare ad ascoltare le vostre effusioni", si arrese alzando le mani.

"Buonanotte Clarke", disse prima di andarsene.

"Buonanotte", replicai prima di chiudermi la porta e andare in bagno.

Mi infilai sotto le coperte e cominciai a leggere. Attesi Lexa per un po', ma poi la stanchezza mi avvolse e decisi di assecondarla, l'istante dopo ero già tra le braccia di Morfeo.

Un improvviso rumore mi fece sobbalzare nel sonno. Mi guardai intorno nella camera buia. L'unica luce proveniva da sotto la porta del bagno, cercando di percepire da dove fosse arrivato quel suono. Ero sola nel letto, mia moglie non era ancora venuta a letto.

"Probabilmente si è addormentata di nuovo nello studio", pensai disapprovando il suo assurdo stacanovismo.

Mi alzai lentamente, i miei occhi si abituarono al buio a fatica, vidi una piccola ombra muoversi vicino alla finestra. Il mio cuore iniziò a palpitare, spostai una mano tremante sulla lampada sul comodino, quando improvvisamente l'ombra balzò fuori, prendendo la forma di un grosso uomo, che mi si gettò addosso. Spalancai gli occhi e cercai di urlare ma la sua mano corposa mi zittì, intrappolando la mia voce in gola.

Il mio rispiro iniziò a farsi sempre più corto, luci bianche giungevano dietro le mie palpebre. Dovevo fare qualcosa. Quest'uomo avrebbe potuto portarmi via e nessuno l'avrebbe mai saputo.

"Perché diavolo Lexa non era venuta a letto?", la rimproverai mentalmente.

Il panico mi diede un'improvvisa ondata di forza, mentre mi dimenavo freneticamente contro quello che sarebbe stato il mio rapitore, cercando di difendermi, graffiandolo, mordendolo ovunque. Lo sentì imprecare e l'istante dopo mi schiaffeggiò così forte che vidi le stelle, poi mi ritappò la bocca con la sua lurida mano.

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