CAPITOLO 10

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Da quel giorno, dalla nostra prima volta, erano già passati diversi mesi. Lexa, sorprendendomi ancora una volta, si era presa del tempo libero dal lavoro per stare con me, ogni giorno il nostro legame si fortificava. Eravamo una coppia vera e propria, non eravamo ancora partite per la luna di miele, ma non m'importava, da quando mi ero trasferita nella sua camera da letto, ci amavamo tutte le notti e a volte anche di giorno.

Il mio amore per lei cresceva ogni istante di più, ero felice per la prima volta nella mia vita. Era ironico pensare a come il fato ci aveva messe insieme e, francamente, più ci rimuginavo più non riuscivo a spiegarmelo. L'unica cosa che era chiara è che amavo Lexa e stare con lei mi rendeva felice.

L'unica nota dolente era quel dannato specchio sul soffitto della camera da letto. Stava diventando la mia perdizione. Tutte le volte che facevamo sesso venivo letteralmente ipnotizzate dai nostri corpi riflessi, che si muovevano in simbiosi creando quella connessione singolare che non avrei mai creduto di raggiungere insieme ad una persona. Oltre a catalizzare il mio sguardo quello specchio aveva la capacità di farmi eccitare sempre di più – come se Lexa non lo facesse già abbastanza – il risultato ovvio e che sembravo una ninfomane, la continua voglia di lei mi stava consumando.

Era sabato mattina e noi avevamo appena finito di fare l'amore, stavamo poltrendo a letto coccolandoci l'un l'altra. I miei occhi abbandonarono lo specchio per concentrarsi sulla schiena di mia moglie, sulla quale aveva un tatuaggio. Lo avevo già visto innumerevoli volte, riflesso e non, ma in quel preciso momento catalizzò tutta la mia attenzione. Era un disegno astratto, fatto da linee e cerchi più o meno grandi, che le percorreva la spina dorsale. Mi affascinava, nonostante non ne capissi il suo significato, era elegante nella sua semplicità. Tentennai più volte se chiederle o meno che cosa rappresentasse per lei, ma non ebbi mai il coraggio, come se quella mia curiosità potesse spezzare il nostro rapporto. Negai con la testa e mi concentrai sul tatuaggio. lo accarezzai, tracciandone dolcemente i contorni, e poi lo baciai ripetutamente, sostenendo che anche quel bellissimo disegno aveva bisogno della sua quota di coccole e baci, come il resto del corpo. Mia moglie si mise a ridere trascinando l'istante dopo anche me.

Le sue labbra si avvicinarono pericolosamente al mio orecchio mordicchiandolo in modo audace, mentre il suo sguardo intenso e seducente mi stava facendo impazzire, di nuovo. Le mie labbra si posarono sulle sue e l'incendio divampò nel mio corpo. Un fastidioso rumore si insinuò tra di noi, era il bussare alla porta. Non volevo interrompere quel momento di passione ed ero certa che non lo fosse nemmeno Lexa, dall'intensità del nostro contatto, ma l'insistenza della persona al di fuori della nostra camera sembrava non voler desistere.

"Avevo detto a Lincoln di non disturbarci per nessun motivo, spero per lui che sia importante o questa volta lo licenzio!", esclamò infastidita, lasciando il mio abbraccio per poi alzarsi infilandosi una vestaglia.

Io sentì subito la mancanza del suo corpo contro il mio, avevo i brividi, sentivo freddo nonostante la temperatura mite della camera, cercai di lenirlo coprendomi con il lenzuolo anche perché ero nuda e non volevo che chiunque ci fosse fuori dalla porta mi vedesse in quello stato.

"Spero per te che sia importante Lincoln", esordì mia moglie quando aprì la porta.

"Lo è... sua madre è qui, e nonostante i miei tentativi ha bisogno di parlare con lei", replicò l'uomo con tono mesto.

"Oh Gesù, il tempismo di mia madre è sempre stato pessimo, immagino che avrai già usato tutte le scuse possibili per mandarla via".

"Precisamente, ma oggi sembra irremovibile".

"Grazie Lincoln, dille che arrivo subito", disse prima di richiudere la porta.

Lexa tornò verso di me con lo sguardo dispiaciuto. Mi sfiorò le labbra e sospirò.

"Clarke, purtroppo se non vado giù subito è molto probabile che venga su lei e sinceramente non voglio che ti metta di cattivo umore, lei è molto brava in questo", mormorò prima di baciarmi di nuovo.

"Tranquilla Lex, vai, ma torna presto, dobbiamo ancora finire un certo discorso", sussurrai in modo audace prima di rimpossessarmi delle sue labbra.

"Volo, la liquido e torno", disse ammiccando.

L'istante dopo la vidi sparire dietro la porta era incredibile pensare a quanto già mi mancasse. Mentre stavo pensando a lei, mi venne un'idea. Mi alzai in fretta e mi diressi alla cabina armadio. Al suo ritorno avrebbe trovato una bella sorpresa. Afferrai la lingerie più sexy che avevo e mi preparai. Mi sistemai il trucco e appena finito misi un po' di musica in sottofondo, mia moglie avrebbe avuto la sua lap dance.

Mi sistemai sul letto appena in tempo, infatti l'istante dopo sentì la porta aprirsi. Lexa sgranò gli occhi quando mi vide e subito un sorriso malizioso mi arricciò le labbra.

"Finalmente signora Morris, la stavo aspettando con ansia...", le dissi in modo provocante.

La vidi ingoiare quasi fosse a corto di parole.

"Le piace quello che vede?", chiesi con retorica.

"Le devo ancora una lap dance se non ricordo male, aggiunsi accavallando le gambe.

"Si accomodi sul divano!", esclamai quasi fosse un ordine.

Non perdendo mai il contatto con i miei occhi Lexa fece esattamente quello che le avevo detto.

"Vedo che l'ho lasciata senza parole signora Morris?!", mormorai cominciando a muovermi a ritmo di musica.

"A dir poco... signora Gibson", si limitò a dire con quel tono provocatorio che tanto adoravo.

'Ok Lex, vuoi giocare? Giochiamo!', pensai tra me e me.

"Prima che lo spettacolo abbia inizio devo informarla sulle regole del gioco... che non sono negoziabili", esordì facendo qualche passo verso di lei muovendomi in modo sensuale.

"Sono tutta orecchie".

"Qualsiasi cosa io faccia, qualsiasi cosa succeda, Lei non deve toccarmi, lo potrà fare solo quando io le dirò di farlo!".

"Vorrai scherzare?!", replicò incredula.

"Le sembra che scherzi?", le domandai inchiodando i suoi occhi ai miei ostentando una audacia e una sicurezza che non avevo.

"E se la toccassi, signora Gibson, cosa succederebbe?", mi chiese in tono di sfida.

"Semplice, lo spettacolo verrebbe bruscamente interrotto e lei sarebbe costretta a prendere il mio posto", dissi con un sorriso malizioso sulle labbra.

Il suo sguardo passò bruscamente dal beffardo all' incredulo, quasi non si aspettasse un ricatto del genere.

"Allora accetta signora Morris?", l'incalzai impaziente.

"Accetto!".

"Allora si rilassi e si goda lo spettacolo!", dissi prima di cominciare a muovere il mio corpo.




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