CAPITOLO 26

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Ero accovacciata sul divano della mia migliore amica con una coperta spessa che quasi mi nascondeva dal mondo esterno. I miei pensieri inondavano la mia testa, nonostante tentassi con tutte le mie forze di non pensare a nulla... di non pensare a lei e al male che mi aveva fatto. Non so come, ma le lacrime avevano smesso di rigarmi il volto, forse le avevo finite o forse ero troppo stanca per continuare a piangere.

Raven era in cucina insieme ad Anya, probabilmente la mia migliore amica stava preparando qualcosa da mangiare e si stava scusando per l'impulsiva uscita che aveva avuto contro la mia guardia del corpo. Entrambe stavano cercando di lasciarmi un po' di spazio per metabolizzare quello che era successo e gli ero infinitamente grata di questo.

Ero talmente esausta che il sonno si stava lentamente impadronendo di me. Le mie palpebre si erano quasi arrese alla stanchezza, ma il suono del campanello glielo impedì. Infatti mi ridestai di colpo.

Vidi Raven dirigersi verso il citofono velocemente.

"Chi può essere a quest'ora?", si domandò.

"Chi è?", chiese poi.

"Sono Lexa Morris, vorrei parlare con mia moglie... urgentemente se fosse possibile", sentì una voce ben conosciuta dall'altra parte riecheggiare in tutta la stanza.

Il mio cuore perse un battito al suono della voce di mia moglie, ma non mi crogiolai troppo su quella sensazione che ancora mi provocava, ma mi focalizzai sulla rabbia che avevo ancora in corpo.

"Come cavolo ha fatto a trovarmi?", domandai estremamente irritata.

Sia io che Rae ci voltammo all'unisono verso Anya.

"Non guardate me, io non le ho detto niente!", esclamò perentoria.

"Non sei stata tu... ma davvero?! E allora, genio super muscoli, mi spieghi come cavolo ha fatto a trovare sua moglie a casa mia?", chiese la mia migliore amica alla mia guardia del corpo.

"Non lo so... Oh cazzo, cazzo, cazzo!", imprecò l'asiatica.

"Che c'è?", la spronai a continuare.

"Credo che questa volta la colpa sia mia, anche se indirettamente... mi sono dimenticata di spegnere il GPS della macchina. Lexa l'ha fatto installare da poco su tutte le auto ed io, con tutto il trambusto, mi sono dimenticata di spegnerlo...", si giustificò Anya.

"Scusa Clarke, io... mi dispiace...", aggiunse mortificata.

In quel momento l'avrei uccisa, ma il suo volto contrito e dispiaciuto mi face subito cambiare idea.

"Anya, tranquilla non è colpa tua".

"Secondo me invece sì...", si intromise Rae.

"Dimmi un po', ti ho fatto un torto in un'altra vita forse? Perché c'è l'hai così tanto con me?", ribatté Anya con stizza.

"Non mi hai fatto niente... ancora... ma il punto è un altro... che facciamo ora?", chiese Rae incrociando il mio sguardo.

"Non ho voglia di parlare con lei", dissi timidamente.

"Invece secondo me dovresti, hai bisogno di chiarire la questione e anche in fretta!".

"Su questo sono d'accordo con la tua amica, Clarke", si aggiunse al coro Anya.

"Continuiamo a voler le stesse cose... comunque la maggioranza vince!", esclamò Rae aprendo il portone.

Sbuffai consapevole che avevano ragione, presto o tardi avrei dovuto affrontare mia moglie, e forse era meglio cavarsi subito il dente.

Lexa non ci mise molto a varcare la porta di casa di Raven, subito seguita da Lincoln. Io non mi mossi dalla mia posizione. Mi sforzai di alzare lo sguardo per incrociare il suo. In quel preciso istante la rabbia, il dolore e la delusione si impadronirono di me. Mi divincolai dalla coperta e mi alzai dal divano.

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