CAPITOLO 12

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Un raggio di sole si insinuò con discrezione tra le mie ciglia invitandomi ad aprire gli occhi, controvoglia provai a sollevare le palpebre, ma le richiusi subito abbagliata da una luce fastidiosa. Ci riprovai una seconda volta spostando leggermente la testa di lato e quando finalmente riuscì a mettere fuoco, vidi Lexa, seduta sulla poltrona accanto al letto, con indosso solo una camicia sbottonata, fissarmi intensamente.

"Ti amo Clarke", disse con trasporto.

'Davvero mi ami Lexa? Perché anche io ti amo, ti amo da impazzire come non ho mai amato nessuno', fu quello che avrei voluto dirle, ma il tutto rimase solo nella mia testa.

Stupidamente rimasi in silenzio incapace di emettere un fiato. Come se non riuscissi a metabolizzare quello che avevo appena sentito. Mi domandai più volte se fossi o meno sveglia, e se quelle parole fossero solo il frutto della mia fantasia, ma non trovai risposta. Il mio continuo tacere provocò in me un senso di imbarazzo che non riuscivo a placare. Fu Lexa a spezzare il silenzio.

"Ehi bella addormentata, ormai è ora di alzarsi. Se non sei troppo stanca volevo portarti alla festa di San Giacomo. Io e la mia famiglia ci andiamo tutti gli anni, siamo una sorta di ospiti d'onore...", esordì dandomi una dolce carezza sulla guancia, per poi sfiorarmi le labbra con le sue per un dolce bacio.

Il contatto fu così fugace che ne sentì subito la mancanza. Quando riaprì gli occhi vidi Lexa scomparire dentro la cabina armadio.

Mi alzai afferrando il primo indumento che trovai sul pavimento e lo indossai. A passi svelti raggiunsi Lexa.

"Lex, anche io ti amo... ti amo talmente tanto che mi confonde... non ho mai amato nessuno come amo te", affermai tutto d'un fiato guardandola dritta negli occhi.

Prima che potessi aggiungere altro sentì le sue braccia stringere i miei fianchi e le sue labbra scontrare le mie. Ci perdemmo l'un l'altra in un bacio travolgente abbandonandoci a quel trasporto che ormai faceva parte di noi.

Inutile dire che i preparativi per andare alla festa subirono un notevole ritardo, lasciare la nostra camera da letto vestite di tutto punto fu veramente un'impresa, non riuscivamo a staccarci l'una dall'altra. La consapevolezza che mia moglie mi amava ed io amavo lei era un sogno che diventava realtà. L'intensità, la passione, ci travolse per ore, fino a che Lincoln non ci richiamò all'ordine e ci ricordò della festa di San Giacomo.

Una volta salite in macchina non ci impiegammo molto ad arrivare, e onestamente fu un peccato perché anche in quel frangente le mie labbra faticavano a staccarsi dalle sue.

"Ci siamo... non ti spaventare, sono molto calorosi", mi disse Lexa prima di scendere dalla macchina porgendomi la mano per aiutarmi.

"Cosa vuol dire che sono calorosi?", le chiesi prima di venire abbracciata da una decina di persone del luogo.

"Finalmente riusciamo a conoscerla signora Morris, Lexa ci ha parlato tanto di lei", esordì una donna di mezza età parlando per tutti quelli che mi circondavano.

"Io sono Stella e questa è la mia famiglia, lo sa abbiamo visto crescere la signorina Lexa, è di famiglia qui, e adesso lo è anche lei", continuò entusiasta.

Guardai verso mia moglie e la beccai a sorridere sotto i baffi. La fulminai con lo sguardo.

'Gesù Lex, potevi avvertirmi prima!', la rimproverai nella mia mente.

Feci buon viso, cercando di essere gentile con le persone intorno a me, feci domande, mi interessai alle risposte, dopo un tempo che non riuscii a quantificare sentì una mano appoggiarsi sul mio fianco.

"Scusatemi tanto ma devo rubarvela, la pista ci attende", annunciò mia moglie alla platea che sembrava pendere dalle sue labbra.

'Ma che carisma ha mia moglie?! Ancora un po' e queste persone le fanno la riverenza', pensai.

Lexa mi prese la mano proprio mentre le note di un tango cominciavano ad inondare la piazza.

Arrivate sullo spiazzo, che faceva da pista, i pochi avventori che stavano ballando smisero di colpo e si fecero da parte lasciandoci campo libero. Mi guardai intorno, stavano tutti guardando noi due, un leggero imbarazzo si impossessò di me. Sentii la mano di Lexa stringere la presa, costringendo i nostri corpi ad azzerare lo spazio tra di loro. Cercai i suoi occhi e annegai in una intensità che mi fece quasi tremare.

"Sai una brava ballerina di lap dance, ma come te la cavi con il tango?", sussurrò ad un soffio dalle mie labbra.

"Mettimi alla prova", la sfidai con una sicurezza che di sicuro non avevo.

"Guido io!", disse perentoria prima di cominciare la nostra danza.

'Non avevo il minimo dubbio! Lex non sai in che guaio ti stai cacciando, ma lo scoprirai presto...', pensai incurvando leggermente le labbra.

Ho sempre adorato il tango, per me è sempre stato un ballo meraviglioso, passionale, intenso e a tratti difficile. Per questo molti anni fa presi lezioni per capire cosa lo rendeva così difficile, e per mia sorpresa scoprì che la sua complessità non stava nell'imparare movimenti o coreografie (a dir la verità in questa danza non esistono), il difficile era entrare in profonda comunione con il proprio partner. Il mio insegnante diceva sempre: "Il tango è una metafora della vita, bisogna affidarsi completamente ad un'altra persona senza preoccuparsi delle conseguenze", un po' quello che stavo facendo con Lexa.

'Mi farò condurre ascoltando e seguendo ogni tuo passo, ogni tua mossa in completa simbiosi, ma puoi star certa che il mio carattere e la mia improvvisazione ti daranno del filo da torcere. Il nostro linguaggio del corpo racconterà la storia di un dualismo intenso sostenuto dalla fiducia reciproca e da un amore intenso. D'altronde è risaputo che questo ballo si può ballare solo se ci si abbandona l'una nelle braccia dell'altra ed io ultimamente non faccio altro che perdermi nel tuo abbraccio...', rimuginai continuando a sorridere.

Vedendo il mio sorriso, Lexa mi strinse di più la mano e con uno strattone i nostri corpi si fusero in uno solo. Il contatto mi fece vacillare. Il cuore cominciò a battermi forte nel petto. I suoi occhi si scontrarono con i miei e quasi tremai per l'intensità che, di nuovo, sembrava leggermi dentro. Si avvicinò ancora di più a me quasi mi volesse baciare, sentivo il suo respiro sulle labbra, ma l'attimo fugace svanii quando la musica ricordò ad entrambe che la danza doveva iniziare. La mia gamba destra cominciò a muoversi accarezzando il suo corpo come fossi una tanghera professionista, poi i suoi passi dettarono il ritmo e mi lasciai guidare da lei senza nessuna incertezza, e così cominciammo il nostro tango l'una persa nell'altra.

Mi strinsi sempre di più al suo corpo, mentre le nostre gambe si intrecciavano in una simbiosi quasi perfetta. Mi lasciai guidare senza paura, facendomi trasportare dai miei sentimenti. Non c'era incertezza nei miei passi, i miei fianchi accarezzarono più volte quelli di Lexa, in modo sensuale, ed i suoi non furono da meno. Il mio corpo stava vibrando, sentivo delle scintille farmi palpitare. La stessa sensazione la percepivo in mia moglie e questo mi mandava in estasi.

Lexa continuava a fissarmi intensamente. Sentivo le palpitazioni non darmi tregua per il modo in cui mi guardava, la sua intensità mi face vacillare. La mia mano scivolò dalla spalla sul suo cuore e, quando lo sentì battere forte come il mio, una lacrima minacciò di scendere sul mio volto. Mi amava, mi amava veramente.

Accarezzammo la piazza disegnando la musica, improvvisando quei passi che determinavano il sentimento che ci legava, eravamo un tutt'uno e, per quanto io non lo volessi ammettere, quella era un'ulteriore conferma dell'infinito amore che provavo per la donna che in quel preciso momento era diventata la mia ragione di vita.

"Ti amo Lex!", sussurrai prima di baciarla proprio quando le note del tango sfumarono intorno a noi.




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