Cenere alla cenere, polvere alla polvere pt.1

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I'm dying, prayingbleeding and screaming

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I'm dying, praying
bleeding and screaming.
Am I too lost to be saved?
Am I too lost?
- Evanescence

Capitolo 5

Due braccia. Bastarono due braccia, un grido e la vista offuscata dalle lacrime per dare inizio all'urlo più straziante che i presenti avessero mai sentito. Ailill lottava. Lottava contro quelle braccia che lo trattenevano solo per potersi scagliare sul corpo dei suoi genitori. I suoni ovattati non raggiungevano i suoi timpani e l'intera stanza era un buco nero. L'unico spazio illuminato era dove giacevano le persone che lo avevano amato più di tutti. Voleva lasciarsi andare a loro e morire. Voleva semplicemente smettere di vedere la morte sugli altri. Desiderava vederla su di sé. Piegata in avanti, con la falce che gli accarezzava il collo. Bramava le labbra fredde della Dea sulle sue, a risucchiare il suo ultimo respiro. Invece, solo un paio di braccia lo trascinavano via. Qualcuno lo chiamava, ma non percepiva altro che il furioso battito del suo cuore. Un cuore vivo, potente, forte. Lo scherniva, sapendo che i suoi occhi erano fissi su due cuori che, ora, non battevano più. La gola gli doleva. Le grida gli grattavano l'esofago e le lacrime si fermavano nel bel mezzo della trachea, prima di sgorgare dai bulbi oculari. In quel caos, i corpi dei reali si facevano sempre più lontani. Si fermò solo quando le sue ginocchia sbatterono al suolo. Le braccia erano scomparse, ma non riusciva a muoversi. Avrebbe gattonato fino a raggiungere l'oblio, ma non riusciva a sentire nessun muscolo. Non percepiva più il suo corpo. Era intrappolato in una gabbia di carne. Ailill avrebbe preso volentieri una lama e si sarebbe squartato da solo per liberarsi. Un'ombra bianca si avvicinò di fretta e le braccia attorno al suo corpo ricomparvero, subito dopo una feroce luce aranciata. Schiacciarono quella prigione di tessuti e lo trascinarono via. Le braccia erano forti, ma esili e il bianco candido che lo circondava rifletteva la luce delle fiaccole.

«Altezza, dovete fare silenzio ora. Devo nascondervi.» Le parole accarezzarono la mente del principe e, come se fosse sotto incantesimo, la sua bocca si serrò e la sua testa si posò contro la spalla della persona che lo stava trasportando.

Non si era mai sentito così leggero e pesante come in quel momento. Le gambe dondolavano ad ogni passo del suo sostegno, le braccia gli erano scivolate intorno al collo e il viso si nascondeva appena sopra la clavicola. Il suo petto era pesante. I suoi arti lo erano. Anche la sua mente. Eppure riusciva ad essere sollevato e portato come se non fosse altro che tessuti. Ben presto, le fiaccole lasciarono il posto al buio e l'unica luce che arrivava erano i raggi di luna che riflettevano sui lattei fili setosi che gli solleticavano la fronte.

«Ci siamo quasi, Ailill. Vi prego, resistete e restate in silenzio ancora un altro po'.» Ora riconosceva il timbro. La voce dolce e determinata si era infilata nella sua vita da così poco, che si stupì di quanto gliene fosse affezionato. La sua guardia lo aveva portato in salvo. In salvo da qualcosa che lui, però, ricercava come i respiri.

Il rumore della pietra che sfrega contro altra pietra lo ridestò dal quel torpore incandescente che erano le sue guance e i suoi occhi. Gli bruciavano, ma ora sentiva solo freddo. Tremava nelle braccia di chi lo avrebbe protetto, di nuovo, con la propria vita. Lo stesso suono di pietra ripercorse le vie della sua mente e le braccia che lo sostenevano, allentarono la presa. La schiena del principe toccò qualcosa di morbido, così come il suo sedere. Non riconosceva quel luogo. Non che avrebbe potuto. Ancora tutto intorno a lui sembrava una sfocata oscurità.

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