Traditori e nemici

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We were just like brothersa

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We were just like brothers
a

nd we had each other.
You stole my sanity,
now you are the enemy.

- Daughtry

Capitolo 17

Selina aprì gli occhi due volte, prima di ricadere nell'oblio. La prima volta, si trovava ancora in mezzo alla natura. Vide fuori fuoco una schiena possente e erba, rami e radici. Non riuscì a notare altro, che l'incoscienza la colpì forte, facendole esplodere la testa. La seconda volta, era circondata da mura e torce. Nessuna luce naturale. Davanti a lei sembrava esserci del ferro, ma non capì. Scivolò di nuovo nell'oscurità.

Sbarrò gli occhi, in preda all'ansia. Provò a muoversi, ma i suoi polsi erano legati. Li guardò. Era seduta su una pesante sedia in legno, delle placche in metallo le circondavano gli arti superiori e le caviglie. Saggiò la loro presa ma erano ben fissate. Non riuscì a muoversi. Si guardò intorno, capendo di trovarsi in un sotterraneo. In una cella. A vedere i segni lasciati sui muri e dal pungente odore metallico da darle il voltastomaco, era la stessa in cui aveva recuperato Nohy appena dopo la loro fuga. Nohy. A quel nome le tornò in mente il ghigno sulla sua faccia e la facilità che aveva avuto nel colpire il principe. La stessa rabbia che aveva sentito allora, superò l'ansia e si dimenò sulla sedia.

«Nohy! Lurido bastardo! Affrontami se ne hai coraggio, vile traditore!» gridò, fino a farsi male la gola.

Non passò molto tempo dal riecheggiare del suo urlo, che il moro comparve davanti alla grata che li divideva. «Buongiorno, raggio di sole. Spero che tu stia trovando confortevole la tua nuova stanza. Ma non temere, è temporanea.»

«Dove hai portato Ailill? Che ne hai fatto di lui?» Il tono era così furioso che se fosse stata una qualche creatura delle leggende, il suo sputo avrebbe corroso il ferro davanti a lei e la faccia di quello che era stato il suo compagno di viaggio.

Nonostante questo, sul viso dell'ex-militare si aprì un sorriso divertito. «Ailill è al tuo fianco. Come sempre. Le celle sono in comunicazione ma lui ancora non si è svegliato.» Si portò l'indice alla tempia, dandole dei piccoli colpetti con un'espressione fintamente dispiaciuta. «Forse l'ho colpito troppo forte.»

«Perché l'hai fatto? Eri la sua guardia del corpo!» gli chiese, senza spostare il viso in direzione del muro comunicante. Non voleva dargli altri motivi per fargli del male.

«Per questo dovrai aspettare che ne parli con lui. Spera che si svegli prima della tua fine.» Nohy le sorrise di nuovo, prima di girarle le spalle e andarsene.

Solo in quel momento, Selina si rese contro di quanto dolore avesse in tutto il corpo. La testa le doleva, respirare era difficile, ricordandole della botta che aveva ricevuto durante il duello contro Ferik. Una spalla era coperta di sangue per colpa di un taglio e una caviglia le pulsava. Per quel poco che poteva fare, la mosse. Una fitta le corse lungo la gamba, ma non era troppo forte. Non era rotta. Poteva ancora correrci sopra, se ce ne fosse stato bisogno. Appoggiò la testa all'indietro, contro lo schienale della sedia, e sospirò. Guardò le sbarre della cella, le studiò cercando un solo punto debole. Non erano arrugginite, ma sapeva che facendo abbastanza leva contro la porta, si sarebbe aperta. Il vero problema era la mancanza delle sue armi. Si sentiva spoglia, nonostante i vestiti le coprissero la pelle.

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