Ilaria: "Gotta Be You."

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Afferrai lo zaino e mi diressi verso le scale. Oltrepassai il salotto, cercando di evitare il mio riflesso nello specchio. Volevo evitare di guardare la mia immagine cadaverica e le occhiaie attorno agli occhi causate dall'insonnia. Raggiunsi la cucina e un odore di caffè mi invase le narici.
"Buongiorno" dissi appena varcai la soglia. Harry era davanti al bancone, intendo a preparare i panini per il pranzo.
"Buongiorno" mi rispose spostandosi i ricci dalla fronte, mentre affettava il pane. Presi una tazza di caffè e mi sedetti su uno sgabello. Erano le sette di mattina e avevo già mal di testa, fantastico. Era da qualche settimana che non chiudevo occhio per bene, forse era per questo che avevo sempre il mal di testa. La notte non riuscivo a dormire molto, preferivo restare a fissare il vuoto con le cuffiette nelle orecchie. Non sapevo il motivo per cui il sonno fosse sparito, anzi, forse lo sapevo ma non volevo ammetterlo a me stessa.
"Come mai sei così pensierosa ultimamente?" sentii ad un tratto la voce di Harry. Lasciai i miei pensieri e mi concentrai sulla domanda. Alzai lo sguardo dalla bevanda nera nella mia tazza e deglutii. Non sapevo cosa rispondergli.
"Ho solo un po' di mal di testa" risposi fingendo un sorriso.
"Ed è per questo che non dormi?" continuò lui facendomi rabbrividire. Come faceva ad accorgersi di tutto?
"Scusa?" dissi cercando di non mostrare il mio disagio.
"Viviamo sotto lo stesso tetto. L'ho notato. Non negarlo" concluse incrociando le sue iridi verdi nelle mie.
"No" sospirai "semplicemente non ho sonno" conclusi.
Lui mugolò e continuò a preparare il pranzo per entrambi. Sapevo bene che non mi aveva creduto, ma per me ora l'importante era abbandonare l'argomento.
Dopo circa mezz'ora uscimmo di casa, diretti verso scuola. Nonostante fossero i primi giorni di marzo, la temperatura era piuttosto fredda e un venticello gelido mi fece rannicchiare nella giacca. Una volta arrivata a scuola, Harry corse a cercare Louis e io rimasi sola nel corridoio affollato. Raggiunsi il mio armadietto e cercai il libro della prima ora, quando sentii una voce familiare avvicinarsi. Istintivamente spostai il viso da dietro la porta dell'armadietto e cercai di capire chi fosse.
Un gruppo di ragazzi, vestiti con delle uniformi sportive erano al fondo del corridoio. Probabilmente stavano andando ad allenarsi per qualche partita di basket. Guardai meglio il gruppetto di ragazzi e lo vidi. Uno di loro era Zayn. Lo riconobbi dal suo ciuffo all'insù e dal suo magnifico sorriso che illuminava tutto il corridoio. Non sapevo fosse entrato nella squadra di basket. Ero felice che fosse riuscito a realizzare uno dei suoi sogni, sapevo bene quanto gli piacesse quello sport. Ad un tratto lo sentii ridere di gusto e mi sentii male. Mi mancava il suono della sua risata e lo scintillio dei suoi occhi.
Nascosi subito il viso dietro l'anta del mio armadietto. Non vedevo Zayn da quel famoso sabato pomeriggio, ovvero da quasi un mese. Non lo avevo incontrato nemmeno a scuola, per fortuna riuscivamo ad evitarci. Lui essendo di un anno più grande, frequentava le lezioni al secondo piano. Io, essendo più piccola, frequentavo le lezioni al primo piano. Per questo non lo avevo più incontrato per la scuola in queste settimane. Forse avevamo cercato di ignorarci a vicenda, per evitare di star male inutilmente. O forse lui mi aveva già dimenticata e gli veniva naturale non calcolarmi. Avevo anche smesso di andare alle prove della band, per evitarlo. Anzi, per evitare di affrontare la mia decisione.
Sentii i loro passi farsi più vicini e il mio cuore iniziò a battere in modo esagerato. Sentii il respiro farsi più pesante. Mi sentivo come rinchiusa in una stanza troppo piccola, per troppo tempo. Una stanza senza porte e senza finistre, dove l'aria iniziava a scarseggiare.
Capii che dovevo andarmene, scappare il più lontano possibile da lui. Non ero pronta ad affrontarlo, non ero ancora pronta a perdonarmi per averlo lasciato andare e un nostro incontro avrebbe peggiorato tutto.
Chiusi la porta dell'armadietto e con passo svelto mi diressi verso la classe di matematica. Mi precipitai dentro e raggiunsi il mio solito banco infondo all'aula. Tirai un sospiro di sollievo quando vidi i quattro ragazzi oltrepassare la porta della mia aula con ancora un sorriso sul viso. Ero abbastanza certa che non mi avessero vista. Ripresi fiato e proprio in quel momento entrò il professore. Per fortuna la sua lezione, per quanto noiosa, riuscì a farmi dimenticare l'accaduto.

Grow Old With Me || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora