2. (Selene)

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Dopo due giorni di estenuante silenzio, mia madre ha deciso di rivolgermi nuovamente la parola, ma solo per mandarmi a comprare altri spinaci per il suo fottuto sufflè, mentre in forno lievitano i suoi adorati muffin ai mirtilli da portare a chissà chi.
Sono restata in città piú tempo del dovuto, apposta per restare il meno possibile a casa. Dopo la litigata di martedí siamo quasi arrivati alle mani ed ho accuratamente evitato di raccontarle l'episodio spiacevole con il nuovo vice-sceriffo.
Non voglio nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se avessi anche preso quella multa.
Parcheggio nel vialetto e non-appena entro, il profumo di muffin mi stuzzica le narici.
Mia madre ancheggia dietro il bancone della cucina, insolitamente allegra, se pensiamo al suo umore negli ultimi giorni.
Sul pianale in marmo ci sono le chiavi di un Range Rover. Segno che, o mia madre ha cambiato auto, o a casa nostra c'è qualcuno.
<<Abbiamo ospiti?>> chiedo, afferrando un muffin ancora caldo dal cestino, mentre mi siedo su uno degli sgabelli di fronte al bancone.
<<Abbassa la voce, è di là in bagno.>> risponde mia madre. La voce squillante e gentile.
Ora che ci penso, sta lasciando che mangi un muffin venti minuti prima di cena.
<<Che succede?>> domando. <<Chi è di là in bagno?>>
<<Ti ho trovato un lavoro.>> squittisce, assaggiando la salsa alla menta con la punta dell'indice.
<<Che cosa?>>
<<Oggi, mentre eri a fare tardi in città, tua madre è andata a dare il benvenuto al nuovo vicino.>>
<<Abbiamo un nuovo vicino?>>
<<Puoi giurarci, cara ed è anche un padre single.>>
<<Non vorrai mollare Scott!>> la ammonisco. Di tutti i ragazzi che mamma ha avuto dopo la morte di papà, Scott è quello che mi piace di piú.
<<Ma che dici? Sei pazza?>> mi bacchetta con la voce bassa.
<<Ha bisogno di una baby-sitter.>> mi dice, senza giri di parole. <<Pensa che per ora si sta arrangiando con la signora Brooks. E tu hai bisogno di un lavoro. Cosí ho pensato...>>
<<Di invitarlo qui ed incastrarmi per bene, giusto?>>
La guardo sospirare, mentre si asciuga le mani nel grembiule e sposta una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.
<<Senti, ne abbiamo già parlato. É giusto che inizi ad assumerti le tue responsabilità e che metti qualche soldo da parte. La borsa di studio non durerà in eterno.>>
<<E quindi dovrei fare da baby-sitter per questo tizio?>>
<<Vedrai ti piacerà: è molto cortese, un vero gentiluomo. E poi abita a pochi isolati da qui, cosí potresti tornare a casa dopo il lavoro ed avere il tempo di studiare.>>
Non sono per nulla d'accordo con il fatto che mi abbia messa all'angolo in questo modo, ma ha ragione: la borsa di studio non è infinita e se voglio andarmene da qui, devo mettere da parte qualche dollaro. Per di piú veniamo da un grosso litigio e non voglio deluderla di nuovo. Tanto vale andarle incontro.
<<E va bene, sarò gentile e cercherò di farmi assumere, okay?>>
<<Fantastico! Non sai quanto sono felice. Gli ho parlato molto bene di te.>> mi dice entusiasta <<Eccolo, sta arrivando, metti in ordine i capelli.>>
Scrollò la testa Ha organizzato una sorta di colloquio o un appuntamento al buio?
Sento la porta del bagno chiudersi e mi volto per dare un volto all'uomo del mistero, ma quando lo faccio tutte le mie speranze si spengono insieme al mio umore, che precipita giú nei meandri dell'inferno, perchè di fronte a me ho il diavolo in persona.
In casa mia, nella mia cucina, davanti a me, c'è il vice-sceriffo Wolfe, in tutto il suo metro e novanta di muscoli e arroganza.
Non è in divisa ed indossa un paio di anfibi neri, dentro i quali ha arricciato dei jeans blu scuro ed aderenti. Infine un maglioncino nero con il collo a V, giusto per mostrare di piú il suo corpo scolpito.
Mi guarda basito ed io faccio altrettanto. Non posso credere che stia succedendo davvero.
<<Vice-sceriffo, le presento mia figlia: Selene.>>
Me ne resto imbambolata qualche istante, pensando al da farsi. Valuto possibili scenari e decido che è molto meglio per tutti se fingo di non conoscerlo, sperando che faccia anche lui lo stesso. Mi do uno scrollone e metto in piedi un teatrino degno di Shakespeare.
<<Vice-scriffo, è un piacere conoscerla.>> gli tendo la mano.
Lui la stringe e tiro un sospiro di sollievo. La sua mano è talmente grande che la mia ci scompare dentro.
Mi guarda dall' alto della sua stazza, con uno sguardo talmente indecifrabile da farmi paura. Che farà? Starà al gioco o racconterà tutto a mia madre?
Dentro allo stomaco sento ancora quel brividi di eccitazione, quella scarica di adrenalina dovuta all'ignoto.
<<Chiamami Silas, ti prego. Non sono in servizio.>>
Che nome del cazzo.
Se non è in servizio sono libera di mandarlo a fare in...
<<Silas? Che nome particolare.>> dico inscenando cordialità.
<<Deriva dall'italiano. É il nome del mio bis-nonno, che era per metà napoletano.>>
Se sapesse quanto me ne può fregare delle sue origini del cazzo.
<<Però, avrà un sacco di storie da raccontare.>> risponde mia madre.
<<Oh, non ha idea di quante!>> le dice, senza levare gli occhi da me, sfidandomi.
<<E noi siamo ansiose di ascoltarle. Dico bene, Lily?>>
Dio mio! Odio quando mia madre mi chiama in quel modo. Ma che hanno tutti contro il mio nome?
Non rispondo e lui sorride vittorioso.
<<Bhe allora vi lascio qualche minuto per fare due chiacchiere. Sono certa che l'assumerà, mia figlia è davvero un tesoro.>> dice poi.
<<Non ne ho dubbi.>> risponde scrutandomi, e per la prima volta dopo tanto, mi sento nuda, esposta, in imbarazzo e senza la risposta pronta.
<<Vado a finire di fare il bucato nel frattempo, se vi servo sono nella lavanderia.>> aggiunge mia madre, prima di sparire oltre la porta scorrevole del bagno.
Se non altro ora siamo soli.
D'accordo Wolfe, giú le maschere.
<<Ti prego, dimmi che è un cazzo di scherzo!>> impreca guardando il cielo.
<<Cos'è? Non ti bastava minacciarmi? Ora vuoi perseguitarmi?>> domando a bassa voce, perchè mia madre non senta.
<<É stata tua madre a venire da me, che cazzo potevo saperne?>>
<<Dí la verità, hai accettato perchè avevi letto l'indirizzo sulla mia patente, è cosí? L'hai fatto per provocarmi?>>
<<Mi prendi per il culo, ragazzina? Il tuo indirizzo non ho fatto nemmeno in tempo a copiarlo l'altro giorno. Ero piú occupato a farti obbedire agli ordini. E tua madre...Perchè diavolo non ha il cognome di tuo padre?>>
Mi spengo per un istante: fa sempre un pò male dirlo ad alta voce.
<<É morto. Dieci anni fa.>> dico secca <<Lo ha fatto togliere.>>
La sua espressione cambia ed il suo volto si rilassa.
<<Mi dispiace.>> dice <<Non ne avevo idea, scusa.>>
Sembra davvero dispiaciuto.
<<Dobbiamo trovare una soluzione.>> sentenzio, per cambiare discorso.
<<Io ce l'ho. Dico a tua madre la verità e cioè che non intendo affidare mia figlia ad una mocciosa maleducata ed irrispettosa.>>
<< Fà pure. E io domani faccio un giro alla centrale e racconto allo Sceriffo Westwood quanto ti piace giocare con la pistola.>>
Si avvicina a me.
Santo cielo, quanto è alto?
<<Perchè non adesso?>> domanda, gli occhi blú pieni di sfida.
<<Cosa?>>
<<Andiamoci insieme, ti va?>> mi provoca. <<Andiamo in centrale, racconta tutto quello che è successo e vediamo a chi crederanno.
Alla ragazzina arrogante che sfrecciava a tutto gas sulla Sungate e che ha tentato di corrompermi, o al serio e pacato vice-sceriffo Wolfe, che solo quattro mesi fa ha salvato ventidue bambini da una scuola in fiamme in Texas?>>
Davvero ha fatto questo?
Non rispondo e stringo le mani attorno al marmo del bancone, mentre lui torreggia su di me come un gigante.
<<Non sfidarmi, ragazzina.>>
<<Chiamami ancora in quel modo e giuro che...>>
<<Allora? Come le sembra mia figlia? É adatta all'arduo compito?>>
Sto per aprire bocca e spifferare a mia madre tutte le merdate di quest'uomo, ma lui mi batte sul tempo spiazzandomi completamente.
<<È perfetta.>> sentenzia, afferrando le chiavi dell'auto e infilandosele in tasca. <<Inizia questo sabato.>>
Che cosa? Mi prende in giro?
<<Oh, è fantastico! Ero certa che le sarebbe piaciuta. E vedrà che piacerà anche a Violet.>>
Violet? É sua figlia?
<<Ne sono certo.>>
Questo pezzo di merda lo ha fatto apposta. Mi ha appena incastrato in qualcosa che sapeva non avrei mai voluto fare e tutto per dimostrare la sua cazzo di superiorità.
Tira fuori il portafogli dalla tasca posteriore dei suoi jeans attillati, lo apre, estrae un biglietto da visita e me lo porge.
<<Questo è il mio numero. Sentiamoci piú tardi per accordarci su tutto.>>
Non rispondo.
E non perchè io non voglia rispondergli e vomitargli addosso tutto quello che penso di lui, ma perchè sono talmente spiazzata da ciò che ha appena fatto che nemmeno mi escono le parole.
<<Accompagni tu il signor Wolfe alla porta? Io finisco di mettere in ordine la cucina.>>
<<Sí, mamma.>>
Silas si fa da parte e lascia che io gli faccia strada verso l'uscita.
Vorrei spedircelo a calci in culo fuori da casa nostra, ma per ora mi accontento di portarcelo fingendo un sorriso.
Scende di corsa gli scalini del portico, percorre il vialetto e poi senza nemmeno girarsi alza una mano in segno di saluto.
<<Ci sentiamo, ragazzina.>>
Non posso crederci, l'ha fatto di nuovo. Lui si diverte ad innervosirmi e torturarmi, non c'è altra spiegazione.
Prendo a calci la colonna del portico in un gesto involontario, sperando che mia madre non mi veda e poi rientro in casa ed appoggio la schiena alla porta, sconsolata e senza speranze di trovare una via d'uscita a questa situazione del cazzo.
<<Me la pagherà.>> dico a me stessa <<In qualche modo, prima o poi, me la pagherà.>>
E non so come, anche se per poco, mi sento meglio.

LOVE ME DANGER - Amore oltre l'abissoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora