5. (Selene)

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Parcheggio di fronte ad una casa che sembra uscita direttamente da un libro di Jane Austen. Se non sapessi chi è il proprietario, penserei che ci abiti una donna patita di romanzi rosa e Desperate Housewives.
Non mi piace essere il tipo che giudica cose e persone da una prima occhiata, ma questa villetta non è proprio quella dove ci si aspetterebbe che viva un padre single, arrogante e stronzo con la figlioletta di otto anni.
Con la staccionata bianca appena ridipinta, che circonda il giardino con l'erba di un verde brillante e tagliata meticolosamente. Al centro, pochi metri prima che inizi il portico, c'è un albero gigantesco, che getta ombra sull'intera casa, a cui è agganciata un'altalena, che oscilla ad ogni piccola folata di vento.
La casa non è troppo grande, è su due piani ed dipinta con del bianco e del giallo pallido. Alle finestre del piano superiore sono ben agganciate delle fioriere, anche se completamente vuote. Si direbbe che lo stronzo non abbia il pollice verde.
Salgo i tre gradini del portico lentamente, non ho nessuna fretta di rivedere il vice-sceriffo.
Di fronte alla porta bianca mi fermo ed osservo la sedia sdraio di legno rovinato, vicino ad un tavolino in ferro battuto su cui sono abbandonate due bottiglie di birra vuote.
Qualcuno aveva voglia di bere ieri sera?
Suono il campanello sulla sinistra, dove noto la scritta a mano: Wolfe-Hinnigan.
Qualche secondo più tardi la porta si apre. Ho la testa giá alzata e gli occhi pieni di sfida per poter affrontare quelli di Silas, ma sono costretta a rivedere i miei piani ed abbassare lo sguardo.
Di fronte a me, c'è una bambina bionda che mi arriva si e no all'altezza del seno.
Ha la pelle bianca e le guance rosate e paffute. Le labbra rosee e morbide disegnano una linea sottile e due grandi occhi azzurri spiccano sotto la frangetta color miele.
Piega la testa a sinistra e mi osserva qualche secondo.
<<Sei la babysitter?>> domanda.
<<A quanto pare.>> le rispondo, senza mostrarmi troppo felice della cosa.
Prima che possa rispondermi, una grande mano le si appoggia sulla spalla, trascinandola all'indietro.
<<Che cosa ti ho detto riguardo il campanello?>> le domanda Silas, severo.
<<Che non devo aprire la porta e devo aspettarti.>>
<<Proprio cosí, signorina. E adesso va a finire i compiti.>> le ordina, con tono piú soffice.
<<Ma non è giusto, è la mia babysitter, voglio conoscerla.>> risponde la bimba con una vocina minuscola.
Silas sospira e si arrende: <<Allora presentati, forza.>>
La bambina mi si avvicina e mi tende la manina:<<Violet Wolfe, tanto piacere.>> Qualcosa dentro di me vibra e mi ritrovo a fare violenza su me stessa per non stritolarla in un abbraccio.
<<Selene Greene, piacere mio.>> le dico, stingendole la mano, poi mi chino verso di lei. <<Ma puoi chiamarmi Lily.>>
<<Sai fare i pop-corn al caramello, Lily?>>
<<So farli anche con il cioccolato e con il burro d'arachidi.>>
La piccola spalanca gli occhi per la sorpresa.
<<Per quanto mi riguarda, sei assunta.>>
Ma che...?
<<Senti, senti che parlantina!>> esclamo, guardando Silas.
<<Credo l'abbia ereditata da me.>>
Quell'affermazione basta a fare vagare la mia mente, portando i pensieri sulla mamma di Violet. Che fine ha fatto? È bella quanto la figlia? Hanno divorziato? È morta?
<<Va a fare i compiti adesso.>> le ordina, stavolta piú perentorio.
La bambina mi sorride e corre al piano di sopra, lasciandoci soli.
Ora sono libera di detestarlo platealmente.
<<Ti mostro la casa.>> mi dice, semplicemente. Come se non fossi la persona a cui cerca di rovinare l'esistenza da quasi una settimana a questa parte.
Vorrei dargli una risposta pungente delle mie, ma preferisco lasciar perdere e seguirlo per la casa. Ed è lí, guardandomi intorno, che noto che è quasi del tutto spoglia.
<<I mobili...?>>
<<Alcuni stanno arrivando, altri li sto facendo fare su misura.>> risponde, senza nemmeno darmi il tempo di finire la domanda.
Il primo posto in cui mi porta è la cucina, a sinistra della porta di entrata. Domina una lunga isola in marmo chiaro, con una piastra ad induzione ancora inutilizzata ed un lavandino enorme.
Alla mia destra c'è un'altro piano fatto con lo stesso marmo, sopra il quale sono fissati degli armadietti.
La stassa cosa vale per la parte opposta, dove c'è un pianale con un altro lavandino, piú piccolo e profondo, dove si potrebbero tranquillamente lavare i piatti controllando tutto ciò che succede in strada.
<<Hai scelto tu gli arredi?>> domando. Lui si appoggia all'isola incrociando le braccia, con un sopracciglio alzato.
<<Ho buon gusto, ragazzina?>>
Sento il sangue ribollire e vorrei rispondergli come si deve, ma è piú forte la curiosità di sapere qualcos'altro sulla moglie, quindi evito il litigio e mi butto sul gossip.
<<E la madre di Violet?>>
Appoggia le mani all'isola ed osserva il pavimento: <<É ancora viva, da qualche parte.>>
Da qualche parte? Vuol dire che non sa dove sia?
<<E se Violet dovesse fare domande, dovrei dare la stessa risposta?>>
Inala una boccata d'aria: <<Violet non fa domande sulla mia compagna. Conosce ciò che le ho detto e questo le basta.>>
Compagna.
Quindi non sono sposati.
Faccio segno di sí con la testa e lui passa al salotto.
Non ho per nulla voglia di rimanere qui a fare il giro turistico della casa, quando avrò l'intera giornata dopo per curiosare dove vorrò.
<<Senti, perché non ci evitiamo il tour guidato e non passiamo alle cose serie?>> domando, fermandomi poco prima del divano.
Lui si volta e mi osserva, come se non si aspettasse tanta sfacciataggine da me.
Come ho detto, non mi conosce affatto.
<<Va bene.>> mi dice <<Di che vuoi parlare? Di soldi? Di orari?>>
<<Entrambi.>> rispondo, incrociando le braccia, per darmi l'aria della donna d'affari.
<<Ti chiamerei due, tre volte a settimana. Posso darti cinquanta dollari a giornata. E otto dollari per ogni ora in piú che farai con lei.>>
Un momento...
<<Ore in piú? Non si è mai parlato di ore in piú.>>
<<Credevo fosse implicito con il lavoro che faccio.>>
<<E di quante ore in piú stiamo parlando, esattamente?>>
<<Non posso darti una stima, nemmeno indicativa. A volte capita che io arrivi prima, perché in centrale è tutto tranquillo. E a volte capita che ci siano delle emergenze, risse o rapine o peggio.>>
Risse o rapine?
<<In tal caso potrei non tornare nemmeno per la notte.>>
Mentre venivo qui mi ero preparata un discorso. Avevo intenzione di alzare la voce e fargli capire che quello che stavo facendo era a solo vantaggio mio e del rapporto con mia madre e che per me gli straordinari non erano un'opzione.
Ma riflettendo su quello che ha detto e pensando all'infinità di cose orrende che potrebbero succedere mentre è di turno, come diamine farei a negargli delle ore in piú.
Senza contare che, mi pagherebbe e che quei soldi mi farebbero comodo. Infine c'è poi la questione di mia madre: Le ho promesso di provarci e di impegnarmi e se ora facessi l'arrogante rischierei di perdere il posto. Non voglio mandare a monte i pochi progressi che ho fatto con lei
Ma non voglio nemmeno rinunciare all'appuntamento con Sebastian.
Forse potremmo trovare un compromesso.
<<Silas, io...Come ti ho detto ho un appuntamento importante domani sera e non posso rimandarlo in alcun modo.>>
<<È il tuo primo giorno e già fai i capricci, ragazzina?>> chiede con strafottenza.
So che ha ragione lui e so che sto semprando una bambina viziata e che potrei vedere Seb anche un'altra volta. Ma ormai è una questione di principio e di orgoglio. Non voglio essere io a cedere.
Ecco perchè decido di fare violenza su me stessa e non insultarlo per avermi chiamato in quel modo.
Restare calma è l'unico modo che ho per provare a farlo cedere.
<<Mi dispiace ma se vuoi questo lavoro questi sono gli accordi. Prendere o lasciare.>> mi risponde con fermezza, allungando la mano verso di me.
Non gliela stringo e guardo in basso, incazzata per non essere riuscita ad ottenere quello che volevo.
Abbassa il braccio e con l'altro si passa una mano tra i capelli castani.
<<Pensi davvero che rinuncerò alla sicurezza di mia figlia per farti avere la tua scopata settimanale?>>
Che cosa? Ma che...
Faccio qualche passo verso di lui, probabilmente con lo sguardo che avranno avuto molti dei criminali che ha messo in manette.
Sono più bassa di lui e questo mi mette in situazione di svantaggio ma non sono il tipo che si caga sotto o che si tira indietro.
Nessuna paura. Anzi, mi correggo: nessuna emozione traspare dal suo sguardo mentre torreggia su di me e mi guarda dall'alto al basso.
<<Puoi ripetere? Non credo di aver capito bene.>> ringhio fuori dai denti, sfidandolo.
<<Hai sentito benissimo.>> risponde. <<Se siamo qui è perchè faccio un lavoro che mi tiene spesso lontano dalla mia bambina. E giá questo è una seccatura.
Non voglio avere anche la preoccupazione di non sapere se stia bene, perchè la babysitter era troppo smaniosa di farsi scopare, per stare con lei qualche ora in piú.>>
Non posso crederci, lo ha ripetuto veramente. La rabbia prende il sopravvento, come un mostro mi acceca e prima ancora di poter realizzare ciò che sta accadendo, la mia mano si solleva e si scaglia sul viso di Silas.
Senza troppa fatica e senza nemmeno barcollare, piega la schiena all'indietro e schiva il mio schiaffo, prima di afferrare il mio polso con la mano opposta e trascinarmi verso di lui.
Sbatto contro il suo torace che sembra essere stato scolpito in marmo e qualcosa dentro di me si attiva. Tutti i miei sensi vanno in allerta ed il sentore di pericolo invade le mie viscere, accendendomi come la miccia di una bomba pronta ad esplodere.
Che mi sta succedendo?
<<Hai davvero provato a schiaffeggiarmi?>> ringhia con la faccia a pochi centimetri dalla mia.
<<E tu hai davvero pensato di potermi parlare in quel modo senza che io reagissi?>>
<<Reagire? Quella cosa che hai fatto sarebbe reagire?>>
Ha ragione, potrebbe schiacciarmi come un moscerino e forse glielo lascerei fare. Perchè è cosí da quel giorno di dieci anni fa. É cosí da quando Miles ha sparato a mio padre: una voce flebile sibila nella mia testa, ripetendo sempre la stessa cosa, come un disco rotto.
Dovevi morire tu.
Ed è vero, cazzo!
Ma ciò non impedisce alla parte razionale di me di lottare. Quindi cerco di divincolarmi, cerco di sgusciare via dalla sua presa ma senza riuscirci.
É un muro. Quest'uomo è un dannato muro di specchi rotti e piú cerco di andargli contro e piú mi faccio male.
Sento la rabbia dentro di me aumentare ed il sangue ribollirmi nelle vene e pulsare nel punto in cui lui mi tiene imprigionato il polso. La pelle brucia sotto le sue dita ed io non so come impedire ad ogni mia cellula di vergognarsi.
Dal pericolo si scappa, mentre io ne sono attratta, come una falena dalla fiamma. Ed è una cosa che non sa nessuno, che non ho mai detto ad alta voce. È un demone, qualcosa che che è rimasta conficcata nel mio cervello dopo la morte di mio padre e che non sono mai riuscita a comprendere.
<<Lasciami il polso, mi stai facendo male.>> gli ringhio in faccia.
<<Puoi liberarti quando vuoi, ragazzina.>> risponde, con un sorriso sadico che fa scendere un brivido lungo la mia spina dorsale.
Ha ragione, potrei liberarmi in qualsiasi momento, l'ho visto fare tante volte nei video sul web e in quei programmi che danno a tarda notte.
Ricordo che una volta si misero a spiegare come reagire quando qualcuno ci afferra da dietro e ci punta una lama alla gola, ma io avevo cambiato canale e mie ero messa a dormire.
<<Prima mi punti una pistola in faccia ed ora questo.>> sibilo a denti stretti, strattonando il polso. <<Sei davvero cosí insicuro da dover ricorrere sempre alla violenza?>>
Non so se è perchè lo ho toccato sul vivo, o se è solo per carità di spirito, ma inaspettatamente mi lascia andare ed io corro a massaggiarmi il polso indolenzito.
Rimproverando me stessa per non aver ascoltato mia madre quando mi aveva chiesto di andare con lei ad un corso di autodifesa, dopo che mio padre era stato ucciso
Infila le dita sotto l'orlo del suo maglioncino grigio e si mette in ordine. Qualche secondo piú tardi vedo scendere Violet dalle scale e capisco perchè mi abbia lasciata andare.
Ma come diavolo ha fatto a sentirla? Quest'uomo ha i riflessi di un felino.
Fingo anche io che vada tutto bene e faccio un sorriso gigante alla bambina.
<<Allora? Quando torni da noi?>> mi domanda.
<<Domani sera.>> risponde suo padre, prima che io possa aprire bocca.
<<Arriverá alle sei, ti controllerà i compiti, ti farà da mangiare, ti metterà a letto e resterà qui fino a quando non sarò rientrato in casa.>> aggiunge poi, senza levare gli occhi dai miei.
Il tono è severo, di quelli che alla fine della frase non serve aggiungere Sono stato chiaro?
Sorrido di nuovo alla bambina e maledico il giorno in cui ho voluto assecondare quella pazza di mia madre.
<<Allora a domani.>> dico, fingendomi tranquilla, mentre carezzo il testino di Violet che subito sorride di rimando.
<<A domani.>>
<<Ti accompagno alla porta.>> mi dice Silas.
<<Non serve, conosco la strada.>> ribatto, seccata prima di voltarmi ed uscire dalla maledetta casa.
Mi fermo sull'ultimo gradino del portico.
Sento i grilli cantare, la corda dell' altalena di Violet cigolare sotto la brezza leggera che arriva dal mare e la chiave girare nella serratura della porta alle mie spalle.
<<Che situazione del cazzo.>> dico a bassa voce, mentre mi sforzo di respirare.
Dentro di me si sono fatte strada cosí tante emozioni in cosí poco tempo che sento quasi la nausea, oltre che la voglia irrefrenabile di spaccare la faccia a quel figlio di puttana.
Senza pensarci troppo prendo il telefono dalla tasca, pronta a mandare un messaggio a Sebastian per annullare il nostro appuntamento. Ma poi, nella testa mi balena un'idea decisamente migliore, cosí apro la chat e digito velocemente sulla tastiera.

Ho avuto un contrattempo per domani sera. Sarebbe un problema se ci vedessimo dopo cena, anzi che andare in pizzeria?

Devo attendere solo pochi secondi per la risposta.

Tranquilla, nessun problema. A me basta passare del tempo con te.
Dove ci vediamo?

Rispondo velocemente.

Ti mando l'indirizzo e l'orario esatto domattina. Un bacio.

Pochi secondi ed arriva un nuovo messaggio.

Un bacio a te piccola, a domani.

Sorrido vittoriosa, mentre mi rimetto il cellulare in tasca e mi incammino verso casa.
Se pensa di poter fare il cazzo che gli pare soltanto per il suo ruolo in questa città, ha sbagliato di grosso.
Non è l'unico che sa giocare sporco.
Se non posso andare all'appuntamento, vorrà dire che porterò l'appuntamento da me.

LOVE ME DANGER - Amore oltre l'abissoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora