Spogliarmi (II)

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Aprile 2022

Le mura della Caritas in Via Casilina vecchia erano molto arancioni.

Erano state ridipinte solo una settimana prima, dalle sue stesse mani, di quel colore che trovava contemporaneamente caldo e accogliente, comune e banale.

Un ossimoro.

Erano la lunghezza dell'edificio e le sue finestre tutte identiche a renderlo maestoso e a tratti inquietante, soprattutto appena tramontato il sole.

Comunque, quell'arancione sembrava non essere caldo abbastanza da mitigare l'aria fresca che fece rabbrividire Manuel per l'ennesima volta quella sera, portandolo a maledirsi per aver lasciato il giubbotto all'interno.

Tornarci, però, avrebbe significato sprecare quei dieci minuti di pausa che la sua referente gli aveva concesso per respirare un attimo e fumarsi una sigaretta.

Un ossimoro pensò, ridacchiando tra sé e sé.

Avrebbe decisamente dovuto smettere. Un po' perché aveva capito quanto non gli facesse bene, quanto potesse diventare la dipendenza in cui rifugiarsi per scappare da tutto il resto, un po' perché quando uno dei commensali aveva liberato in aria la fiamma dell'accendino, Manuel s'era letteralmente spaventato.

Ma ci avrebbe pensato poi, che rinunciare alla nicotina nei polmoni avrebbe fatto forse più male che rinunciare alla sua libertà.

Si poggiò con le spalle a quel muro, improvvisamente diventato un rifugio, e alzò lo sguardo al cielo.

La luna, scrutatrice e indipendente, sembrava giudicarlo, severa.

Non me guarda' così, luna.

La sigaretta tra le labbra si rimpiccioliva tanto velocemente da fargli girare la testa, per questo sobbalzò e fu costretto a poggiarsi al muro anche col palmo di una mano quando una voce leggera raggiunse le sue orecchie.

«Hai un accendino?»

Si voltò di scatto, ritrovandosi davanti quella ragazza che gli avevano presentato qualche ora prima come nuova volontaria, proveniente da una parrocchia vicina, e di cui aveva già scordato il nome.

La mano viaggiò sul petto, nel tentativo di calmarsi, e dopo qualche respiro profondo ne esalò uno di sollievo, sotto lo sguardo divertito della ragazza. Infilò la mano nella tasca dei jeans, estraendo un accendino giallo per porgerglielo.

«Questo deve torna' a Sergiy dentro, sennò 'n me molla finché non glielo ricompro.» la avvisò, prima di fare l'ennesimo tiro.

La ragazza lo afferrò annuendo, tacque fino a che anche la sua sigaretta si accese e lo posò nella tasca del proprio giubbino di jeans. «Ci penso io.» disse, soffiando via il fumo. Poi, allungò la mano libera verso di lui, presentandosi. «Sono Angela.»

Manuel guardò quella mano per, forse, troppo tempo. Non se la sentiva di afferrarla, come non si sentiva di afferrarne qualsiasi altra che gli venisse offerta.

Era ancora troppo presto.

Si schiarì la voce, grattandosi la nuca imbarazzato.

«Manuel.» mormorò solo, titubante.

«Manuel.» ripeté la ragazza prima di fare un altro tiro e gettare la cenere in un cestino vicino. Ritirò la mano e lo imitò nella posizione, facendo aderire per bene le spalle e la schiena al muro, a pochi centimetri di distanza da lui. «Bella la poesia.» aggiunse, con entusiasmo.

Finestrini sporchi, anime pure | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora