Il respiro di entrambi si appiccica ai vetri dell'auto, diventando patina umida che un po' li isola dall'ambiente esterno.
Manuel si sente in un microcosmo a sé stante, si illude di non aver mai messo piede fuori da casa di sua madre, si illude di non dover passare la Vigilia di Natale in un luogo che non sia la stretta e accogliente cucina dove l'acqua che bolle, il vino rosso, e le loro risate libere e risonanti sono le uniche fonti di calore di cui hanno bisogno per riscaldarsi, per riposarsi dall'affannosa corsa verso una parvenza di stabilità.
Appena Anita aziona il freno a mano, unico rumore oltre a quello del motore decisamente poco prestante, Manuel alza la testa di scatto, risvegliandosi dal torpore.
Le lucine di Natale che decorano l'esterno di Villa Balestra non sono che cerchi opachi ipnotizzanti, troppo lontani - almeno apparentemente - per potersi rendere conto di quanto pochi siano i metri che lo separano da tutto ciò che verrà.
«Tutto bene?»
Sono giorni che sua madre glielo chiede. Lo chiama, glielo scrive in piena notte, lo sussurra mentre gli accarezza i capelli - anche se col timore che possa infastidirlo.
Manuel, al contrario, apprezza tantissimo quelle piccole attenzioni.
Invece di implodere ed inghiottire rimasugli di sé, ha deciso per una volta di sputare tutto fuori, di confessare il magma nel suo stomaco ed è stata proprio sua madre ad infondergli calma, sicurezza, a premurarsi di capire come il figlio abbia reagito - e stia ancora reagendo - a sé stesso.
Lo accompagna nella confusione in punta di piedi e con estrema dolcezza - con l'aiuto di Chicca che, essendoci passata prima, prova a guidare un po' entrambi.
L'unico problema è che a tutte quelle piccole domande - scritte, sussurrate o nascoste dentro un semplice sguardo - Manuel non sa mai cosa rispondere; quindi, si limita a mandare una piccola emoji tramite messaggio, oppure annuisce, abbozzando un sorriso sempre più stanco e sfuggente.
Anita finge sempre di crederci a quelle blande conferme, almeno fino a quando qualcosa negli occhi del figlio non la spinge a chiederglielo ancora. Può farlo e non spreca alcuna occasione, dal momento in cui Manuel - anche se non lo ammette - cerca di passare un po' più di tempo con lei, spesso fermandosi anche a dormire nella sua vecchia camera, con la scusa delle feste.
E nel frattempo lo osserva con attenzione, scruta e cataloga i gesti che compie quotidianamente, notando nuove e vecchie abitudini.
Manuel ha ripreso a mangiucchiarsi le unghie e le pellicine delle mani in modo ossessivo. È il sintomo di un'ansia che non ha mai voluto affrontare nel modo giusto, come non ha mai voluto affrontare nel modo giusto tutto il resto, urlando contro sua madre e dando di matto ogni volta che la possibilità di ritornare in piedi diventava oggetto di discussione.
Me la devo cavare io.
Ce penso io.
Che poi alla fine c'è riuscito, ci sta riuscendo, e Anita è comunque parte fondamentale di questo percorso. Ma non può evitare di pensare che avrebbe dovuto fare meglio, che avrebbe dovuto fare di più.
Per questo, adesso che ci sono nuove realtà da affrontare, vede l'apprensione camminare più veloce di lei, soprattutto quando si ritrova ad allungare le mani per fermare quelle di Manuel o quando, a danno già compiuto, gli disinfetta le piccole ferite.
Lo fa anche adesso, mentre Manuel non si è neanche accorto di essersi portato le dita alla bocca. Stringe le mani sulle sue e le porta sulla coscia del figlio, che non smette di tremare da quando sono partiti.
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Finestrini sporchi, anime pure | Simuel
Fanfiction''Saprete chi sono prima che lo sappia io'' | AU. Copertina di @TiOxBoRd [su twitter]🖤