Finestrini sporchi, anime pure [Epilogo] (III)

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Grazie ciambelline.

Grazie a chiunque abbia deciso di
intraprendere con me questo percorso,
supportarlo con la propria arte, con le proprie parole,
o semplicemente col tempo dedicato alla lettura.

Grazie a chi mi ha scritto, a chi mi scrive,
a chi si immedesima, a chi vive, a chi si fida di me.

Grazie a chi ancora persevera qui,
a chi ha smesso e non è più tornato,
a chi tornerà e a chi è qui da poco.

Grazie Manuel e Simone.

Grazie a Damiano per la scintilla
sullo schermo che ha fatto sì che
la mia mente accendesse
il fuoco di questo Manuel.

A presto, forse.












Mentre consegna gli effetti personali e gli agenti controllano i documenti, Manuel si rende conto che seppur quelle mura non siano come aveva spesso visto nei suoi peggiori incubi ad occhi aperti, avverte comunque la stessa sensazione d'appartenenza che gli aveva stretto la gola ad immaginarsene prigioniero. Vi si andrà a rinchiudere per un'ora o poco più, ma lasciarsi il mondo alle spalle sembra essere più difficile del previsto, nonostante sa bene che lo ritroverà esattamente dov'è adesso, che non verrà inghiottito da esse.

È stata una scelta sua quella di essere lì, comunque. Sofferta, frutto di notti insonni e dell'ansia che ci fossero ancora dei pezzi rotti della sua anima a vagare tormentati per le strade, ma sua, presa dopo aver abbracciato quella crescente necessità di raccattare i pezzi e rimetterli al loro posto dentro di sé, prendendo apparentemente una delle decisioni più incomprensibili agli occhi di tutti, tranne che a quelli di Simone. Lui le notti insonni le ha vissute al suo fianco a sacrificare gli stralci di riposo che la tesi gli concede, a regalarli a lui senza battere ciglio, a donargli carezze ed estrema comprensione senza neanche un briciolo di rancore - il che l'ha portato a chiedersi da quale dei nove cieli sia cascato quest'angelo.

Uno degli agenti tiene d'occhio a lungo il nome sul documento e, dopo aver confrontato la foto con l'effettiva fisionomia, aggrotta la fronte. «Perché lo fa?»

«Come, scusi?» si finge - o forse lo è - disorientato da quella sorta di frizzante riverenza, dall'insinuazione che la sua presenza lì abbia un significato ben conosciuto ai più. «Lei è Pantera, per caso?»

La risposta gli è chiara - non gliel'hanno certamente descritto basso e mingherlino - e il disappunto guizza e gli vibra tra le labbra nel tentativo di far capire di non avere tempo da perdere e nulla da spiegare se non a sé stesso e a chi gli sta accanto.

«No, ma indagavo al caso Sbarra.» chiarisce l'uomo, con un'espressione soddisfatta sul viso. «Il mio collega sta avvisando De Angelis del colloquio, nel caso si rifiutasse o peggio...lo accettasse e reagisse male dopo

E se fossi io a reagire male?

Che chiunque può dichiarare di avere buone intenzioni, a meno che non ci si ritrovi davanti agli strascichi del proprio peggiore incubo.

Sembra leggergli nel pensiero, l'uomo, o forse lo osserva mentre si infila le mani in tasca, obbligandosi a non grattarle nervosamente fino a scorticarsi. Gli punta un dito contro, ma sorride. «Stia tranquillo, lei è uno in gamba, non farà cazzate. Come se qui dentro potesse, in effetti...» ride alla sua stessa battuta. «Però se n'è liberato, cos'altro cerca? Con questa gente è tutto tempo sprecato, mi creda.»

Finestrini sporchi, anime pure | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora