3. TUTTO CAMBIA

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Mi sveglio intontita. Le sensazioni di questa mattina sono contrastanti. Percorro le vie di Messina con una strana concitazione. Ho infilato una giacca blu, una camicia celeste e uno dei miei jeans preferiti. Il giorno prima non ho fatto altro che dormire. Come una talpa mi sono chiusa in casa, abbassando ogni persiana dell'appartamento. I mal di testa sono stati così forti da impedirmi di andare a lavoro. Al ranch sanno che ho un appuntamento in facoltà, ma in realtà non sto bene e in questo momento raggiungo proprio Carlotta in ospedale. La sera prima mi ha telefonata per fissare quest'appuntamento. Sono appena arrivata.

I vetri a slitta dell'edificio si aprono e io posso spingermi finalmente verso lo studio della dottoressa Pietravalle.

Mi fermo prima al bar dell'ospedale per prendere due caffè macchiati da portar via, e mentre attendo che il barista li prepari, non capisco per quale ragione stia muovendo in maniera nervosa la gamba. Sono seduta su uno sgabello e rifletto su quale possa essere la motivazione che abbia spinto Carlotta ad anticipare il nostro incontro. Argo deve trascorrere la settimana corrente con Falco, quindi non può avermi fatta venire qui perché vuole riaverlo prima e tra l'altro io non sono mica la loro intermediaria. Sono adulti e vaccinati e se hanno questioni da risolvere devono farlo senza farmi correre da un posto di lavoro all'altro.

«Ecco a lei» dice il ragazzo dietro al bancone riportandomi alla realtà. Sto delirando. Lo saluto e mi avvio alla rampa di scale. Non so per quale assurda ragione mi senta agitata. Deglutisco prima di bussare alla porta. «È permesso?» domando.

«Si prego». Solo quando Carlotta mi riconosce il sorriso si espande su tutto il volto. «Buongiorno Ali».

«Buongiorno, ho portato questi» dico riferendomi ai caffè. «Wow, grazie. Ho fatto la notte e credimi ne avevo proprio bisogno» replica togliendo il cappuccio dal bicchiere. È bianchissima e visibilmente provata.

«Questo è lo zucchero».

«Grazie».

«Beh come mai sono qui?» Riesco a chiederle non appena finiamo di bere questo rivoltante espresso.

«Mi sono arrivati i tuoi esami, ma prima di parlarne spogliati che andiamo a fare una serie di altri accertamenti» sorride senza riuscire a reggere il peso del mio sguardo.

Non capisco perché oggi, la mia ex-cognata sia così strana, ma faccio esattamente tutto ciò che mi chiede di fare.

Mi sento come in una lavatrice e non ne comprendo il motivo.

«Bea non è venuta?»

«Le ho detto che non era il caso, che non serviva» replico; in realtà la mia sorellina minore non sa nulla di questo appuntamento.

Lei annuisce ancora seria.

«Va bene, andiamo adesso».

Più tardi ci ritroviamo di nuovo nel suo studio. Io sono abbastanza stanca e Carlotta è ancora più pallida rispetto a quando abbiamo iniziato.

L'aria sembra abbastanza tesa. Sono vestita da uno di quei camici d'ospedale di carta ruvida e desidererei tanto spostare lo slip che mi si è infilato nel sedere, ma mi limito a restare immobile sul lettino lasciando che le gambe penzolino fuori. Tanto a breve infilerò i miei magnifici jeans e tornerò a casa.

«Eccomi» sopraggiunge Carlotta chiudendosi la porta alle spalle. Siamo finalmente sole.

«Allora Ali...» inizia poggiandosi alla sua scrivania, «dopo l'incidente che hai avuto nei giorni passati, dagli esami che abbiamo fatto siamo riusciti ad avere il quadro completo della situazione».

Finge di riordinare le carte ma la sua preoccupazione è evidente.

«Dimmi tutto» dico raddrizzando la schiena.

IL TEMPO NON È MAI ABBASTANZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora