Bea
Passo le ventiquattro ore successive dall'intervento tra casa e ospedale.
Sia io che Carlotta attendiamo il risveglio di Alice. Ce ne stiamo entrambe sedute fuori dalla sua stanza e mentre io tengo compagnia alla Pietravalle, lei mangia il petto di pollo che le ho preparato.
«Poi sei riuscita a riposare un po'?» La inquisisco, sono in evidente stato di agitazione. Continuo a tamburellare le dita sulle ginocchia e non so cosa fare.
«Avrò dormito si e no quattro ore tra ieri pomeriggio e stanotte».
«Infatti hai proprio una cera di merda»
«Ah, grazie. Tu si che sai come alzare l'autostima di una donna» ride.
Sta quasi per strozzarsi quando vede passarsi davanti una sagoma familiare. «Oh mio dio, ma quello non è...?».
Guardo in direzione dei suoi occhi. Lo riconosco anch'io, ma mi volto dall'altra parte, fingendo di non capire.
«Bea?»
«Si?» Sobbalzo dalla sedia.
«Quello non è Alex?»
«Alex chi?»
«Lo stesso Alex che ha cambiato la ruota ad Ali sulla provinciale, quello a cui ha inviato un selfie prima di entrare in sala operatoria!»
«Ehm sì. Credo che sia proprio lui» balbetto. Spero che non faccia altre domande.
«E cosa ci fa qui?» Chiede allarmata. Lo fissa ancora e nel frattempo sistema in maniera compulsiva i ciuffi di capelli che le fuoriescono dalla coda.
«In realtà...» esito prima di parlare.
«In realtà, cosa?» Mi inquisisce. Sgrana gli occhi. «Cos'hai com- binato?». Come c'è da aspettarsi è scontato che ci sia il mio zampino. In famiglia sono famosa per la mia capacità di mettermi nei guai.
«Non ho fatto nulla» provo a discolparmi portando le mani davanti al viso. «Ieri ha chiamato sul cellulare di Ali e mi ha chiesto dove era ricoverata. Non sapevo cosa rispondere e...»
«Non sapevi cosa rispondere e gli hai detto che è nel re- parto di neurochirurgia dell'Ospedale di Messina?» Domanda allarmata.
«Ehm...»
«Tua sorella ti ucciderà!» Per fortuna mi interrompe. Si alza e getta gli scarti del suo pranzo nel cestino accanto a lei. «Devo fare qualcosa».
Si guarda attorno e comincia a stirarsi nervosamente il camice con le mani. Quando Alex la vede, si avvicina.
«Diamine sta arrivando!».
«Chiedo scusa dottoressa, sarebbe possibile sapere in quale stanza è ricoverata la signorina Alice?».
Stringe tra le mani un mazzo di fiori, ha una polo blu ed è bello da mozzare il fiato.
Carlotta si schiarisce la voce. All'improvviso sembra vestirsi d'autorità.
«Mi sa dire il cognome?» Lo interroga.
«In realtà no» appare mortificato. «Non ho avuto il tempo di chiederglielo» si giustifica mentre lascia scivolare il suo sguardo su di me. Non so come fa, ma mi riconosce.
Devo fare qualcosa.
«Per caso sei Alex?» Gioco d'anticipo. Come una scheggia mi sollevo dalla sedia.
Mentre lui si avvicina, Carlotta mi intimidisce: non devo combinare altri guai.
«Beatrice?»
«Sì, sono io, la sorella di Alice. Piacere...» gli porgo la mano. Per fortuna Carlotta non mi concede neanche il tempo di emettere un altro suono. Forse perché sa che peggiorerei solo le cose.
«Ah, allora si riferisce a Alice Fabbiani!» Interviene catturando l' attenzione di quell'uomo.
«Sì dottoressa Pietravalle è un amico di mia sorella» le reggo il gioco.
«Guardi, posso dirle che la signorina Fabbiani ha avuto una commozione cerebrale in seguito a un lieve incidente stradale. Nulla di grave non si preoccupi, ma ora è sotto osservazione. Però devo purtroppo dirle che si è appena addormentata, quindi non è il caso svegliarla.» Si finge desolata, ma non lo è per niente. È così convincente che quasi le credo anch'io.
«No, no si figuri. La lasci riposare.» Appare comprensivo e senza battere ciglio si volta di nuovo verso di me. «Puoi darle queste quando si sveglia?» Si riferisce al mazzo di rose che ha in mano. È così sensuale che forse in un'altra vita potrebbe piacere anche a me.
«Certo!» Abbozzo un timido sorriso.
«È stata gentilissima dottoressa.» Ora stringe la mano di Carlotta.
«Si figuri». Come due pettegole di un qualsiasi quartiere di periferia lo osserviamo andar via.
«Ti ho salvata in calcio d'angolo». Solo adesso Carlotta emette un sospiro di sollievo. Alex ha appena svoltato l'angolo.
«Dio ti ringrazio» serro le mani e le sollevo al cielo.
«Dovresti ringraziare me non Dio» dice con sarcasmo. «Se avesse scoperto che Alice ha un tumore in fase avanzata al cervello, tua sorella ti avrebbe odiata per il resto della sua vita».
♥️SPAZIO AUTORE♥️
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IL TEMPO NON È MAI ABBASTANZA
RomantikAlice lavora in una clinica veterinaria, ha ventisei anni, una sorella di nome Beatrice e tanta voglia dell'unica cosa che invece non può avere: la vita. Succede sempre così: amiamo le cose che non tornano indietro. Capita con le occasioni quando si...