12.ROSI

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«Buongiorno Alice» sento dire dalla voce squillante di Edda. «Finalmente» mi abbraccia dopo essermi venuta incontro. «Allora non sei solo una visione».

«Come stai?» Le sorrido. Edda è una ragazzina di settant'anni che lavora nell'istituto di Chiara.

«Adesso che ti vedo, molto meglio». È felice che sia qui.

«Stai curando la tiroide, Edda?» Le chiedo prima di intraprendere qualsiasi altro tipo di discorso.

«Falla finita, non ho mica bisogno di una babysitter» risponde con i suoi soliti modi di fare, quelli che la rendono esattamente ciò che è. Ne ha viste troppe nella vita per mettere decori alle parole. Questa donna è schietta, veloce, senza filtri e ama col cuore.

«Dimmi che sei passata a trovare la piccola Rosi».

Sorrido. «È per lei che sono qua».

«Chiede sempre di te, soprattutto in questi giorni. Ieri ha saltato pranzo e cena, aveva paura che ti stessi dimenticando di lei». «Non potrei mai» dico disorientata. Rosi non deve avere dubbi su di noi.

«Lo so». Edda mi accarezza la spalla. Sembra capirmi. «È nei giardinetti» me la indica lasciandomi sotto l'arco.

«Ci vediamo dopo». Le stringo la mano e attraverso il cortile. Rosi se ne sta da sola a giocare con una bambola di pezza.

Ha il viso triste.

«Posso?» Le sbuco alle spalle. Si volta di scatto. Vorrebbe saltarmi addosso ma si contiene. Non è da lei. Fa un cenno con la testa e io mi siedo al suo fianco.

«Come stai?» Le sposto un ciuffo di capelli dagli occhi.

«Bene» si limita a rispondere.

«Giochi con Ella?».

«Sì». Non ha mai semplicemente risposto alle domande. Di solito è lei quella a farne.

«Edda mi ha detto che ti avrei trovata qui».

«Io sono sempre qui» dice con un'insolita punta di nervosismo.

«Scusa se in questo periodo sono stata poco presente, ma mi hanno tartassata a lavoro».

«Non mi devi spiegazioni. Tu hai la tua vita, non puoi starmi sempre dietro».

«Ma per me non è affatto un sacrificio».

«Alice non hai obblighi nei miei confronti, non sei mica mia madre!». Non ha mai risposto con tutto questo astio. Rosi è nervosa. Ormai ha dieci anni e inizia a puntare i piedi a terra quando le cose non le vanno a genio. «Anzi puoi anche evitare di venire, tanto ormai leggo perfettamente da sola».

Mi fermo un attimo a pensare. Rimango per un po' in silenzio. Insieme guardiamo la fontana a centro del giardino. Ci piace tantissimo ascoltare il rumore dell'acqua.

«Ah sì? E allora fammi vedere come leggi questo!» Tiro fuori dalla borsa un libro personalizzato fatto apposta per lei. «Non volevo venire se prima non riuscivo a finirlo».

Sgrana gli occhi. «L'hai scritto tu?» Si fa rossa in viso. Conosce la mia passione per la scrittura.

«Sì» sorrido.

È felicissima, ma cerca di farmela pagare ancora un po'.

«Alice, ma è bellissimo» ammette gettandomi le braccia al collo. Non riesce più a trattenersi. «Non posso credere tu abbia fatto questo per me». I suoi occhi sono lucidi.

«Ehi, ehi» la distacco da me per fissarla bene. Singhiozza. «Perché piangi?»

«Perché sono felice»

IL TEMPO NON È MAI ABBASTANZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora