6.TUTTO CIÒ CHE NON AVREI VOLUTO

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L'unica cosa che ho desiderato per tutta la settimana è stato l'arrivo del week-end. Finalmente mi godrò la pace del mio appartamento.

Scarpe in mano, chiavi sul mobile di legno all'ingresso e un sorriso per Asia.

«Ehi pulce» sussurro prendendola in braccio. «Hai fame?» Domando retorica dal momento in cui conosco già la risposta.

Mi dirigo al mobile in cucina e le metto i croccantini nella ciotola.

«Stasera te ne do di meno perché stai ingrassando, signorina» le dico prima di liberarmi dalla tracolla.

Sono esausta.

Accendo la tv per sentire l'eco di qualcosa che non sia la mia voce. Vivo da sola ma non amo il silenzio. Mi lascio cadere sul divano. Ho un mal di testa assurdo e chiudo gli occhi, pregando passi in fretta.

Un senso di nausea mi inonda prima che abbia il tempo di metabolizzare. Mi tiro su. Nessun giovamento.

Mentre la tv parla, deve correre in bagno e prima che me ne accorga sto già stringendo la tazza del water.

Bastano pochi secondi per vedere il frullato alla fragola galleggiare nell'acqua del mio gabinetto.

«Dio mio» borbotto lasciando che la mia nuca strisci sulle fredde mattonelle del bagno. Sono completamente intontita. «Che cazzo ho combinato!» Dico tirando su i lembi della maglietta. Mi sono imbrattata di vomito.

«Sta tranquilla, Asia» rassicuro la mia gatta che, vedendomi correre all'improvviso, è venuta a controllare se sto bene e se ne sta seduta sul parquet di mogano scuro difronte a me. Mentre la osservo sento arrivare una seconda ondata di nausea. «Che schifo» mi dico, mentre rigetto anche lo spuntino pomeridiano e l'acqua che ho bevuto poco fa.

Non devo essere un bello spettacolo.

«Dai che sta per passare» mi ripeto quando finalmente gli spasmi allo stomaco sembrano fermarsi. «Cattiva digestione Ali, devi smetterla di mangiare schifezze» mi incito per convincer- mi che si tratti solo un malessere passeggero.

«Tiriamoci su» ormai parlo da sola. «Uno, due, tre» Nulla. La forza nelle braccia sembra avermi mollata. Casco a terra e mi ritrovo esattamente nella posizione di partenza. Inizio a ridere.

«Cominciamo bene» ironizzo come sotto l'effetto di una sbornia.

Puzzo, la bocca sa di amaro e annuso l'alito pestilente serrando le mani davanti il naso.

Sono incastrata tra i servizi igienici e rido in maniera isterica mentre Asia miagola irrequieta.

«Sto bene, sto bene» la tranquillizzo. «Questi sono solo gli effetti collaterali di un maledetto cancro che ha cominciato a

divorarmi da dentro» rido ancora più forte. «Che culo!»

La paura e la disperazione stanno per fare capolinea nel bagno di casa mia, ma non voglio cedere e quando finalmente arriva la forza, apro l'acqua del bidet e liberando la mente da qualsiasi pensiero mi bagno la faccia.

Tremante mi aggrappo agli accessori di ceramica tra i quali sono rimasta incastrata e con determinazione mi tiro su. «Ce l'ho fatta» sorrido verso Asia portandomi sul divano. «Credo che stasera dormiremo qui» accarezzo la mia piccola riuscendo finalmente a stendermi. Abbasso il volume della tv e provo a chiudere gli occhi. Il mio corpo è rilassato, mi sento uno straccio sudicio e prima di sprofondare in un sonno profondo controllo il cellulare.

Un messaggio. Carlotta.

"Come stai?"

Evito di effettuare l'accesso e non le rispondo.

IL TEMPO NON È MAI ABBASTANZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora