19.NOI TRE

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Alice

A spegnere le nostre risate sono gli assistenti di Solero. Solo ora l'ansia mi accartoccia lo stomaco.

«Andrà tutto bene» sussurra Beatrice mentre cerca di nascondere la commozione. Mi muovo sul mio "letto a rotelle" mentre mi portano via.

Tutta la nostra allegria si è appena dissolta e la spensieratezza di pochi istanti fa non basta a nascondere gli occhi gonfi di tutte.

«Ti aspetto qua fuori» mi fa un occhiolino indicandomi le sedie che la reggeranno quando le gambe non saranno più in grado di tenerla in piedi.

«Tornerò a romperti le scatole» sorrido «Ah Bea».

«Dimmi Ali». Mia sorella mi sta praticamente scortando fin dove può.

«Ti voglio bene».

Non gliel'ho mai detto.

«Non ti capiterà nulla» sorride. Comprende subito l'andamento assurdo dei miei pensieri. Non voglio che mi lasci ma non può più proseguire con me.

L'abbandono là fuori ma la porto nel cuore. In questo momento è lei la mia forza anche se la lascio senza nessuno che possa prendersene cura.

Azzero i pensieri, tiro su le cuffie e mi abbandono a Candles dei Daughter. Andrà tutto bene. Deve. Ho troppe cose in sospeso.

«Ci sono io con lei, non preoccuparti» mi rincuora Carlotta quando mi vede preoccupata.

«Grazie.» La osservo con lo sguardo colmo di gratitudine mentre serro la sua mano nella mia. Sono felice di averla accanto durante l'intervento.

Carlotta

Ha gli occhi che parlano. Questa mattina sono di un grigio intenso. È bella anche col viso struccato e la paura disegnata sul volto. Alice è brava a nascondere le emozioni, ma in questo momento è difficile anche per lei; quando mi stringe la mano, avrei voluto scoppiare a piangere.

«Ci sono io con lei, non preoccuparti» provo a tranquillizzarla. Mi riferisco a Beatrice. So a cosa pensa: l'idea di aver abbandonato sua sorella lì fuori e senza punti di rifermento la fa stare male.

«Grazie» riesce a sussurrare mentre cerca serenità nella musica.

Mi viene in mente che su una delle pareti di casa sua, si è proprio fatta dipingere la scritta "La musica salva le persone". Lo pensava. Soprattutto oggi.

«Siamo pronti?» Domanda Solero puntando il mio sguardo. «Siamo pronti» rispondo solo dopo qualche istante di silenzio. L'ansia mi sta divorando. Capisco perché sono stata esonerata dall'intervento. Le mie mani non hanno mai tremato così tanto come prima di adesso. Alice è la mia famiglia.

«Andiamo a lavarci?»

Annuisco mentre lascio andare Ali in sala operatoria. Sono un fascio di nervi. Deva andare tutto bene.

«Dottor Solero!» Attiro la sua attenzione nell'antisala operatoria.

«Si?»

«Cerchiamo di non commettere cazzate» dico tirando fuori due palle enormi. Sono conscia di rivolgermi a uno dei più importanti neurochirurghi del panorama internazionale ma ho fatto una promessa ad Alice e devo mantenerla. Gli interventi al cervello sono delicati, basta un minino errore per provocare danni permanenti e se io ho deciso di chiamare il miglior neurochirurgo del Paese nel cuore della notte, quello non può deludermi.

«Farò quanto in mio potere».

«È qui perché ho letto delle sue prodezze con il caso Lancaster. Da quando è tornato dall'America in Italia non si parla d'altro, quindi la prego, non mi deluda».

IL TEMPO NON È MAI ABBASTANZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora