22.QUANDO INTORNO HAI PERSONE CHE TI AMANO

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Alice

Sono passati diversi giorni da quando sono stata dimessa dall'ospedale; me ne sto tranquillamente distesa sul divano di casa a sorseggiare del tè freddo.

«Ali, il citofono. Sono in bagno, riesci ad aprire tu?» Urla Bea. Da quando ho avuto l'intervento si è praticamente trasferita a casa mia. Bada a me ventiquattro ore al giorno e non mi fa più muovere neanche un dito.

Mi alzo.

«Chi è?» Rispondo al citofono mentre ne approfitto per guardarmi allo specchio. «Sali» dico dopo aver ascoltato la risposta.

«Hai aperto?»

«Dio che ansia!» Sbotto. «Certo che ho aperto, riesco ancora a muovere tutti gli arti e sono persino lucida ringraziando il cielo». Ne approfitto per sfogarmi un po'.

Apprezzo ciò che fa per me, ma tutta quest'apprensione inizia a darmi sui nervi.

«Ehi» dico non appena arriva la mia ospite. Varca proprio ora la soglia di casa.

«Buongiorno.» È Carlotta.

«Che ci fai qua? Non sei di turno?» Le chiedo mentre la invito ad accomodarsi su uno degli sgabelli della cucina. «Posso versarti del tè?» Le mostro la caraffa di vetro.

«Sì, grazie» sorride mentre prende posto a sedere. «Ho fatto un cambio turno. Tu come ti senti oggi?».

«Bene». È vero per metà perché continuo ad avere un gran fastidio alla testa, ma grazie ai corticosteroidi, ai farmaci antiepilettici e a tutte quelle pasticche che devo ingurgitare a qualsiasi ora del giorno e della notte, il dolore è di certo più sopportabile.

«Ottimo, allora adesso ti vesti e scendiamo».

«Cosa?» Chiedo in preda al panico. Sono rinchiusa a casa da settimane per paura che qualcuno mi veda in queste condizioni. Tutti sanno che sono rientrata da Bologna, ma non ho ancora incontrato nessuno.

«Non puoi continuare a fare la vita dell'eremita. Hai detto che vuoi fare una cosa e stamattina ti accontento». Sorride fiera mentre provo a pensare quale delle mie stupide stronzate voglia assecondare.

«Dove mi porti?».

«A Palermo» confessa. Vuole tranquillizzarmi. «Ma corri a vestirti perché siamo già in ritardo». Almeno ricomincio a respirare. L'idea di allontanarmi da questo piccolo centro mi rincuora.

«Ma...». Sono in difficoltà, non so come camuffare il mio aspetto.

«Sta tranquilla ho parcheggiato proprio davanti al portone. Ci infiliamo subito in auto e andiamo via».

«Sì, ma non so come coprire questa» dico in preda al panico indicando la mia testa. Ultimamente ho dei repentini sbalzi d'umore e l'ansia non mi aiuta.

«Io non posso, non posso...» tremo. Non sono pronta a uscire, non sono pronta a affrontare gli sguardi della gente, e accettare me stessa e il mio cambiamento.

«Ehi respira» Carlotta afferra la mia mano, mi tira con sé e apre la finestra accanto al lavello. Nessun balcone in questa casa, solo un'enorme vetrata. «Va tutto bene».

«Non va un cazzo bene!» Mi lascio scappare mentre un attacco di panico inizia a avere la meglio su di me. Senza ribattere prende uno sgabello.

«Siediti» ordina «e respira».

«Non ci riesco» ammetto, non mi vergogno. Inizio a piangere sempre più forte. «Non ci riesco, non ci riesco».

«Respira piano. Siediti e rilassati, rilassati» risponde con delicatezza alla mia agitazione.

IL TEMPO NON È MAI ABBASTANZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora