10.SE ESISTE UNA POSSIBILITÀ, VOGLIO AVERLA

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Nonostante la magia del mio incontro con Alex, il ritorno alla base non è stato piacevole come avrei immaginato. Sono tornata a star male.

Mi sono annidata su una sedia e continuo a ciondolarmi. Mi scoppia la testa e riesco a sentire anche i rumori più insignificanti.

«Ti prego fa che passi, fa che passi» continuo a ripetere stringendo sempre più forte le gambe al petto.

«Signorina ha bisogno di aiuto?» Chiede qualcuno passandomi davanti. È un'infermiera. Sono in ospedale.

«Della Pietravalle» le rispondo alzando lo sguardo verso di lei. «Sa quanto tempo impiegherà prima di liberarsi?». Aspetto Carlotta.

«È in sala operatoria, c'è stato un incidente, non so tra quanto finirà» mi guarda preoccupata. «Però posso chiamarle un altro medico se vuole».

«No, no non si preoccupi. Aspetto lei».

«Ma sta troppo male signorina. Se si fa accompagnare in pronto soccorso le faccio dare una mano da qualcuno».

«No, no. La ringrazio»

«Ma non può stare in queste condizioni».

«Ho un tumore in fase avanzata al cervello e non credo che altri potrebbero aiutarmi più della Pietravalle». Dico secca. Sono nervosa e non voglio che mi tocchi nessun altro. Desidero solo incontrare Carlotta.

«Mi scusi» balbetta. Devo averla freddata anche se non era mia intenzione, ma questo fottutissimo mal di testa non mi rende cortese.

«Posso portarle qualcosa mentre aspetta?»

«Della morfina». Riesco a essere ironica anche in queste condizioni. «Scherzo, non si preoccupi» provo a sorridere. «Vado a vedere a che punto è». Mi accarezza la spalla.

«Gliene sarei grata.» Dico prima di vedere la sagoma di Carlotta venire proprio nella nostra direzione.

«Alice che ci fai qui?» Chiede correndo verso di me.

«Sto male Carlotta» ammetto senza vergogna mentre la vista inizia a darmi di nuovo problemi.

«Vieni aggrappati a me» dice afferrandomi.

«Ho bucato una ruota, vomitato tutta la mattina e ora vedo di nuovo doppio». Questa volta non riesco a nascondere la mia preoccupazione. «Sto per perdere la vista?» Chiedo con le la- crime agli occhi mentre mi poggio a lei.

«Certo che no» mi guarda preoccupata. Non mi ha mai vista così spaventata. «Adele per favore aiutami» coinvolge la stessa infermiera che è stata tanto carina con me. «Portiamola di là».

«Carlotta io...» mi guardano senza capire. Vengo meno nelle gambe. La testa comincia a girare. «Non riesco più a...»

«Adele tienila perché sta per svenire». Da buon medico Car-lotta intuisce prima di me ciò che sta accadendo.

Quando riapro gli occhi sono attaccata a una flebo. Nessuna luce intorno, sono nel buio più totale. Le finestre sono chiuse ma riconosco subito lo studio della Pietravalle.

«Ehi!»

Anche la voce preoccupata sembra essere sua.

È accanto a me seduta su una sedia e monitora i parametri vitali. Sono distesa sul lettino delle visite.

«Sto bene» provo a tranquillizzarla. Devo averle fatto prendere un brutto colpo.

«Oggi ho conosciuto un bel ragazzo» dico per distrarla, anche se in verità mi piace davvero parlare con lei. «E non ci crederai, ma devo ringraziare proprio lui se sono riuscita a ab- bordarlo». Mi riferisco al glioblastoma che cresce nella mia testa.

Mi guarda con apprensione mentre attende il resto della storia.

«Non crederai che sia stato tutto frutto della mia immaginazione, vero?»

«Ti avverto, se hai visto cavalli alati o incontrato principi azzurri... è possibile che il tumore stia degenerando» scoppia a ridere.

È bello il nostro modo di sdrammatizzare. Quando hai qualcuno con cui divertirti la malattia fa meno paura. «Che dicevi invece riguardo al tipo che hai incontrato?»

«Mi ha soccorsa sulla provinciale. Ho bucato, mi ha cambiato la ruota e ha lasciato il suo numero di cellulare nel cofano». «Nel cofano?» Chiede stupefatta.

«Il kit per la ruota di scorta era là dentro.» Alzo le spalle. «Ah dimenticavo... è bello da mozzare il fiato.» Sorrido mentre guardo il soffitto.

«Allora esistono ancora i tipi intraprendenti»

«A quanto pare non sono del tutto estinti.»

«E quando hai intenzione di rivederlo?»

«Mai» ora sono seria. So che non posso affezionarmi a nessuno. È più difficile dire addio alla vita quando hai una ragione in più per amarla.

«Alice posso darti più tempo». Ha il coraggio di ammettere. «Oggi si è aggiunto un altro sintomo».

«La diplopia». Sono preparata. Ho fatto i compiti a casa.

«Proprio così». Carlotta non prova neanche per un secondo a indorarmi la pillola, sa che non sono stupida. «Settimana prossima dobbiamo procedere con l'intervento chirurgico». Questa parola mi fa venire le vertigini nello stomaco. Deglutisco. Percepisco il viso accaldarsi. È la paura. Non sono pronta a iniziare.

Avviarsi verso un progetto di cure significa cominciare a lottare sul serio e io non so né come si faccia, ne se ho il coraggio di mettermi in gioco.

Ti insegnano tante cose nella vita, ma non questa.

«Ok». Le mani iniziano a tremare. Ho una sensazione di nausea e questa volta non è legata alla malattia.

«Ok?». Carlotta mi rigetta la domanda incredula.

«Prenota il ricovero e la sala, lo facciamo» dico trattenendo il respiro. Sono convinta e anche se appaio tranquilla, dentro di me ho una marea di preoccupazioni.

«Va bene» dice interdetta.

Può procedere, l'ho liberata dalle catene.

«Ti prometto che farò il possibile, voglio ottenere la massima asportazione di questo bastardo» dice abbracciandomi. «Ho paura» riesco a ammettere a alta voce.

«Tranquilla, non sei sola. Ci sono io con te».

♥️SPAZIO AUTORE♥️

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