20. Posso Avere L'Onore Di Conoscere Il Suo Nome? - Hazel

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Il piano sarebbe dovuto essere semplice.

Dico sarebbe, perché un piccolo contrattempo mi è venuto in mente ieri sera.

Elliot non sa che non sono Billiecart.

Che stupida.

Non avrei dovuto mentirgli, anche se Connor mi voleva proteggere, travestirmi da un'altra persona non è stata una mossa intelligente.

Soprattutto perché ora mi sono affezionata a Elliot.

Mi ricorda James, ma è più attento e mostra una dolcezza e un'attenzione mai provati.

Devo assolutamente dirgli chi sono, anche perché quando lui si incontrerà con James, io non potrò farmi vedere come Hazel senza prima prepararlo.

Io non sono Billiecart, io sono Hazel.

Poche e semplici sono le parole che gli dirò.

Ma se ci stesse troppo male e non volesse più parlarmi? Non me lo perdonerei mai. Non voglio perdere più nessuno, e ora che James mi ha detto che sarà trasparente e mi dirà sempre tutto, devo rispettare pure io la promessa che ho fatto, iniziando anche da Elliot, un ragazzo a cui tengo molto.

Primo passo: trovarlo.

Non so dove possa essere e azzardo cercando la sede della Croce Rossa: sulla cartina che mi ha dato Connor c'è e decido di andare a vedere.

Scendo pesantemente le scale (oggi mi sento come un elefante) e prendo gli stivali dalla scarpiera.

"Dove vai?" spunta dalla cucina Connor che mangia dei cereali.

"Da Elliot. James è in camera?"

"Sì, ma..."

"Gli dici che sono uscita e che torno tra poco?"

"Sì, ma non ti travesti prima di uscire?" non lo ascolto e percorro la stradina velocemente, per non essere fermata.

James sa che esco con Elliot, ma non sembra geloso.

Non so se sia un bene o un male, ma sono felice che abbia accettato l'invito per un'uscita a tre.

Devo solo sperare che Elliot non si arrabbi e che ci sia questa uscita: potrebbe succedere di tutto, non so quanto la prenderà male.

Arrivo alla sede della Croce Rossa ed entro nel deposito, dove un'ambulanza tirata a lucido attira la mia attenzione.

Un veicolo spettacolare, molto più grande di una macchina e la cui funzione è molto bella e commovente: aiutare le persone.

Passo una mano su quella che dovrebbe chiamarsi carrozzeria, abbagliata dai colori bianco e rosso che sono stati abbinati magnificamente.

"Che fai?" un ragazzo molto più alto di me e muscoloso mi fissa stranito.

"Io..." tolgo la mano dal veicolo, "in verità cercavo Elliot..."

"Elliot? Guarda che..." una sirena interrompe la sua frase e lo fa girare verso lo studio in cui una ragazza gli fa segno con la mano di andare da lei.

"Scusa, ritorno subito" urla per farsi sentire.

Se ne va e lo aspetto.

Sposto lo sguardo da una parte all'altra del posto, per studiare più dettagli possibili: gli attrezzi sono davvero diversi rispetto a quelli che usano al castello.

Lo sguardo si posa su una cosa alquanto interessante.

Quella cosa, è un ragazzo che mi è molto familiare.

I capelli disordinati, gli occhi verdi spalancati e il fiatone.

Elliot.

È giunto il mio momento.

Mi si avvicina titubante e mi fissa, come se in fondo in fondo mi conoscesse.

"Come ti posso aiutare?" dice di getto, senza staccarmi gli occhi di dosso. È impossibile che mi abbia riconosciuta, ma in fondo in fondo ci spero.

"Io... ti devo parlare." Le parole mi escono dalla bocca senza nemmeno pensare. Deve pensare che sia una cosa davvero strana: come se tu arrivassi da uno sconosciuto e gli dicessi 'ti devo parlare' senza che lui sappia nemmeno chi sei.

Annuisce e camminiamo in silenzio per pochi secondi, poi inizio a dire piccole e insensate frasi.

"Tu mi conosci, ma non sai chi sono. O meglio, sai chi sono, ma non sai che sono proprio quella persona, perché mi conosci ma non come sono qui..." mi fissa stranito, di nuovo. Questo sguardo mi dà sui nervi.

"La faccio più breve. Billiecart non esiste, io sono Billiecart, ma non mi chiamo così. Io sono così nella realtà."

Silenzio.

"Capisco se non mi vorrai più parlare, se non vorrai più vedermi e se ti arrabbierai, il fatto è che non ce la facevo più a mentirti."

Sorride. Si limita a questo.

Mi cinge la spalla con un braccio e camminiamo attaccati, vicini vicini, sincronizzati.

"Posso avere l'onore di conoscere il suo nome, signorina?"


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