Perdersi - Lo squarcio sulla tela

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Il mondo si diverte a contemplare ciò che è diventata la tua vita.

Mi scontro con un recente passato di incoerenti intenzioni e trovo la fonte di un'esplosione di pensieri nel più misterioso tra gli intelletti; desideroso di bruciare, fuorché di sparire. Ma se così fosse, dammi la possibilità di dirti addio nel cercarci e ritrovarci per perderci su sguardi disposti a semplici consensi; cogliendo l'attimo della follia, amaro squilibrio dell'innamorarsi.

Non vuoi perdermi tra gli abissi delle citazioni; non sai che fartene e neppure io, preferendo rimanere a morire nella solitudine con lo sguardo vitreo rivolto a un lastricato farabutto, chiazzato di vermiglio, allargandosi nel dipinto di un'esistenza perduta. Perché tu sai che un sacrificio annienta la parte più pura di un'anima.

Non concedi insulti a me recati con amaro fastidio, dispiacendoti in una muta afflizione che qualcuno possa farmi del male, seppur le tue parole graffino sulle mie ferite. Tu non lo sai, intuitore di propositi, quanto le tue parole abbiano caricato quei contenuti inesplorati di riflessioni mai dette.

"Non è come pensi, sciocca!" mi prendi in giro.

"Se lo dici tu!" mi propongo.

Solo una lettera di iniziale parola sentisti pronunciare, fuggendo con egoismo, subordinandoti a te stesso seppur avessi ancora bisogno di Lei ... e Lei si lasciò a te con esigenza.
Con tenero consenso ti sbircia, mentre ti procuri difese insormontabili per non raggiungere un fine determinato, che all'occorrenza ti necessita per seppellire un passato tormentato da cui divenisti fragile, timoroso di contatti percettivi e soffusi; ansioso di carezze che rifulgono in un dolce presente, seppur come un fantasma fuggi, sbiadito da quell'istante che ti concedi.

Sparisti tra i fumi dello scoraggiamento, imponendomi di vagare per abbattere le afflizioni del tuo aspro sconvolgimento.

Fu così che ti trovai.

Cammino tra la nebbia dell'isolamento e sento un pianto. Mi fermo. Il buio non concede musica in quel vuoto nero, per quanto il mio udito si perde in quella dimensione di lontananza che raccoglie la desolazione attorno a me.
Emarginata mi appare una tela, calpestata da muri imbrattati.

Mi avvio verso quel lamento più forte; ripetuto. Le mie orecchie si logorano a quei gemiti doloranti.

Mi avvicino alla tela, dal disegno scomposto e la pittura sbiadita. Un taglio su di essa. Ne afferro i bordi con entrambe le mani. Il lamento è più distinto, ora. Lo sento. Esso invade il mio animo, frustando la mia psiche.
Allora, la squarcio con tutti i miei proponimenti, affacciandomi nella voragine del suo ignoto per sbirciare quel gemito di dolore.

Ti vedo. Sei lì, rannicchiato e solo. Avvolto dai pianti dell'incertezza.
Mi espongo e la luce riverbera dietro di me, entrando da quel taglio, illuminandoti. Scuoto il capo con prepotente rifiuto nel dileguarmi e mi sporgo col corpo, con la mente, con l'anima. La mia mano si protrae verso di te, superando le barriere del nulla per raggiungerti lì dove vivi, lì dove ti nascondi, lì dove attendi.

I miei occhi vagano; qualcuno o qualcosa vuole fermarmi. Impressi su pareti violate dalle tenebre le ombre si allungano verso di me.

Maschere disseminate, strappate da murales di inchiostro, distorte nelle sembianze, sprofondano nel buio dell'imperfezione.

I miei occhi folgorano le intenzioni di quelle ignobili immagini che ti isolano per tenerti annegato nel nulla.

I tuoi lamenti cessano; i tuoi occhi si sollevano stupiti su quel faro di speranza le cui tempeste di caparbia distinzione avvolgono di luce nuova le albe e i tramonti. Così ci ritroviamo, senza isteriche rincorse di confine.

Osservi la mia mano tesa verso l'oscurità che ti imprigiona. Essa si accompagna alla luce pronunciata dietro di me, non più evanescente ma brillante.

Ti sollevi. Il tuo cuore batte, lo sento. E' un ritmo frequente che sfugge a quel tempo ignobile per volgersi su quel canto di nutrita fiducia.

Perché hai deciso di seguire ciò che ti fa vivere abbandonando ciò che ti fa morire dentro. Devi solo afferrare quella mano che ti libererà dai tormenti, dalle catene dell'ingiustizia e dalle amare incomprensioni per donarti un ultimo trasporto di irrequieta, ribelle ragione; la medesima sì, seppur la più influente di emozione.

Lo fai! La prendi! Stringi ciò che ti viene donato per uscire dall'ombra in cui ti sei gettato.

"Insegnami le parole che non conosco!" mi sussurri stanco

"E tu istruiscimi di pensieri non sostenuti!" ti mormoro con dolcezza.

Rivedi la luce. Lo squarcio si è chiuso su quella tela, soffocando nella sua stessa delusione i volti deformi dei tuoi spigoli alterati.

Così ti sconfissi imperfezione impura del malessere malinconico, liberando dalle tue viscere quell'anima solitaria.

Nella purezza della sua eccezione il nostro cuore non esiste per affondarci nelle scelte che ci logorano, bensì ci protegge da ciò che potrebbe danneggiarci.
Perché, dunque, desiderare un altro aspetto quando ciò che ci riflette rende speciale la nostra esistenza?

Virginialevy

Non si è mai soli nella vita. Esisterà sempre un'anima che rivolgerà a noi un umile pensiero, sorriso e parola di dolcezza!

Per riflettere!

Per riflettere!

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