〰️ 16 〰️

274 23 10
                                    

"Porta questo fascicolo nell'ufficio di mio padre e digli che deve solo mettere la sua firma. Poi chiama quelli dell'agenzia Douglas e comunica loro che la nostra agenzia si ritira dalla gara di appalto. Quanto manca per la fine di questa giornata? Sono stanchissima."
Kate chiuse l'agenda e mosse il mouse per chiudere le pagine aperte sul suo computer.
Mentre Richard il suo assistente prendeva nota di tutto quello che gli aveva appena detto.
"Manca poco signorina, piuttosto qui fuori c'è un tizio che vuole parlare con lei dice che è molto importante."
Kate guardò Richard con sospetto.
"Chi è?"
Richard strinse le spalle.
"Non ne ho idea. Mi ha detto solo che vuole parlare con lei. Lo faccio passare?"
Kate alzò gli occhi al cielo.
Questo nuovo problema non ci voleva, doveva passare in tintoria a ritirare l'abito per il gala che si sarebbe tenuto a fine settimana, fare un salto a casa di Vivianne per controllare che fosse tutto ok e ritirare la posta.
Erano solo tre giorni che era partita per l'America e già le mancava.
Da quella sera che si erano confessate tutto erano passate due settimane, Vivianne aveva da tempo rimandato quel viaggio, alla fine era dovuta partire per forza di cose anche se non si sentiva di lasciarla in un momento così delicato e importante per lei.
Aveva un ritardo e questo complicava parecchio le cose.
Da quella mattina che aveva chiamato l'agenzia per fare sostituire Don non solo aveva scoperto che lui era il capo di se stesso, ma anche che non aveva la minima intenzione di lasciare il suo incarico.
Da allora non si rivolgevano la parola, stava diventando troppo stressante la vita per lei a soli trent'anni.
"Di questo passo diventerò vecchia prima di mio padre! Fai entrare questo tizio vediamo che diavolo vuole. Ancora non ho capito perché devo sempre riceverli io!"
Richard abbozzò un sorriso di circostanza.
"Signorina lei è l'amministratore unico della Mosse&Mosse chi vuole che si occupi di fare queste cose?"
Kate alzò gli occhi al cielo.
"Richard sei troppo petulante oggi. Fai passare il tipo che è di là in attesa che non vedo l'ora di andare a casa!"
Mentre Richard usciva lei gettò lo sguardo fuori, Londra era particolarmente grigia in quei giorni .
Gli alti grattacieli si stagliavano ritti verso le nubi, il Tower Bridge era totalmente illuminato e il ponte sollevato per lasciar passare un battello.
La prima volta che era stata nel suo ufficio aveva criticato suo padre per aver scelto di mettere la sede della sua società nei piani più alti del grattacielo.
Ora però lo avrebbe ringraziato, la vista era unica e spettacolare.
"Buonasera."
Il timbro di voce basso ma intenso la fece rabbrividire, si girò di scatto a guardare l'uomo davanti a lei.
Alto, spalle larghe, capelli castano scuro e una mascella dritta, occhiali dalle insolite lenti blù.
"Buonasera, prego si accomodi."
Osservò l'uomo stretto nel suo doppiopetto blù scuro prendere posto sulla poltrona davanti a lei, c'era qualcosa di familiare in lui.
"Come posso aiutarla signor?"
L'attenzione dell'uomo era però catturata da un oggetto posto sulla scrivania di legno laccato nero.
"Bel fermacarte."
Kate lo guardò di nuovo.
Qualcosa le diceva che non era lì per lavoro.
Spalle larghe, alto, bello oltre ogni modo, voce bassa....
"È lei! Lei è Vasilij Petrov!"
Ecco perché gli sembrava familiare.
Vivianne lo aveva descritto alla perfezione.
Vasilij annuì in modo impercettibile.
"Lieto di fare la sua conoscenza signorina Mosse. Sono qui per chiederle dov'è la signorina Sherman."
Kate lo guardò indignata.
"Cos'è non ha finito di giocare con la mia amica? Vuole ancora una specie di giullare per divertirsi? Non le dirò mai dov'è la mia amica. Può tornarsene da dove è venuto!"
Vasilij cercò di mantenere la calma.
Erano state settimane pesanti per lui e per la sua psiche, sentiva la mancanza di Vivianne.
La percepiva in ugual modo alla mancanza di sangue umano, aveva ascoltato i messaggi che erano rimasti in segreteria così tante volte che alla fine Henry l'aveva distrutta.
Sentirla ridere, parlare con lui, aggirarsi tra le sue sculture, prendere questo o quell'attrezzo, era stato come rinascere.
Voleva rivederla, parlarle, dirle ciò che era, raccontarle la sua orribile e triste vita, vita condannata alla solitudine.
Le avrebbe lasciato la possibilità di scegliere, se diventare come lui e passare insieme l'eternità o se voltargli le spalle non condividendo il suo amore.
A quel punto si sarebbe rinchiuso nelle celle a seccare.
Era stanco.
"Signorina Mosse capisco la sua diffidenza nei miei confronti, non mi conosce e"
Kate lo interruppe.
"Non la conosco e non voglio conoscerla. Vivianne non è a Londra. È partita. Può tornarsene in Scozia anche subito, perché lei non tornerà!"
Vasilij si alzò di scatto.
"Questo non è possibile. Vivianne ama Londra, non se ne andrebbe mai. Nonostante il grigio di alcuni giorni e la presenza di tutti i suoi parenti, lei non lascerebbe mai Londra perché a Londra ci siete voi. Vivianne è molto legata a voi, siete per lei la sorella che le è sempre mancata. Quindi non mi venga a dire che non tornerà!"
Kate lo soppesò con lo sguardo.
"Si sieda Petrov, qui non è a casa sua ma nel mio ufficio!"
Vasilij si passò una mano nei capelli e si lasciò cadere sulla poltrona mettendo la testa tra le mani.
La baldanza che Kate aveva visto appena era entrato si era dissolta lasciando un uomo che sembrava distrutto.
"Perché cerchi Vivianne?"
Era passata a dargli del tu, voleva capire quale era il motivo reale della sua presenza lì. Vivianne sarebbe rientrata di li a una settimana ma non era necessario che lui lo sapesse.
Non in quel momento perlomeno.
Vasilij alzò la testa e fissò la testa di cavallo che lo aveva tenuto così a stretto contatto con Vivianne.
Ne aveva assorbito il calore, la vitalità, la gioia di vivere.
"Ti è mai capitato di fare lo sbaglio più grande della tua vita?"
Kate ripensò a Don.
Alla sera in cui avevano condiviso quell'intenso momento d'amore.
"Ti è mai successo di avere tra le mani qualcosa di molto prezioso e di perderlo?"
Oh si, certo che sapeva di cosa l'uomo davanti a lei stava parlando.
"Purtroppo si, ma non siamo qui per parlare di me."
Vasilij si alzò e fece un paio di volte su e giù nella stanza, mentre Kate lo osserva.
Poteva avere capire perché Vivianne si era innamorata di lui, era sul serio carismatico.
Aveva un fascino particolare, forse erano le lenti blù, o forse era la mascella dritta e la bocca carnosa e ben disegnata.
O forse era proprio la sua presenza a costringere quasi la gente a guardarlo, nei suoi trent'anni non aveva mai visto un uomo così bello, e si che Don le aveva fatto perdere la testa.
"Prima di darti all'arte per caso hai fatto il modello?"
La domanda strana e fuori luogo bloccò Vasilij sui suoi passi, si voltò a guardarla stupito.
"Come?"
Kate alzò la mano per dire lascia perdere.
"Niente niente, dicevi?"
Vasilij strinse le spalle.
Quella ragazza era un po' strana, ma dato che lui in fatto di stranezze nel ventunesimo secolo, occupava il primo posto lasciò perdere.
"Non ho mai gradito molto la presenza di estranei in casa mia, vengo da una famiglia molto rigida, perciò avere a che fare con tanta gente non mi è usuale. Quando Vivianne è arrivata al mio castello le ho detto fin da subito che non avrei mai esposto le mie opere. Il problema però è stato stare in compagnia di Vivianne. Non avrei mai creduto che mi sarei abituato alla sua presenza, invece lei è così.... così....limpida, sincera. Mi è dispiaciuto molto per come ci siamo lasciati e vorrei scusarmi con lei di persona. Per questo sono venuto a cercarla."
Kate lo guardò negli occhi ma con quelle diavolo di lenti blù era praticamente impossibile riuscire a capire se diceva il vero.
"Mi spiace ma sul serio Vivianne non è qui a Londra, non ti stavo dicendo una fesseria. È partita l'altro ieri per andare a Parigi."
Per quanto Vasilij Petrov poteva essere bello e affascinante lei di certo non gli avrebbe reso le cose facili.
C'era pur sempre la vita di Vivianne in gioco e non voleva che lui la distruggesse.
Vasilij la guardò fisso in viso per capire se mentiva, ma dai suoi occhi non traspariva nulla che facesse intendere che lo stesse prendendo in giro.
Non aveva distolto lo sguardo, ne tantomeno faceva movimenti impacciati, non era arrossita e non mostrava alcun segno di scaltra furbizia.
"E quando torna?"
Kate strinse le spalle continuando a guardarlo dritto in viso, usava la medesima tattica che usava con i clienti.
"Non ne ho idea. Mi ha chiesto di ritirare eventuale posta e di controllare casa ogni tanto. Deve organizzare un paio di mostre alla Galery Joseph Le Palais, ma non mi ha detto quanto tempo sarebbe rimasta lì."
Iniziavano a sudarle le mani e sperava che Vasilij prendesse per oro colato quello che gli stava propinando.
Con sua somma gioia Vasilij annuì.
"Va bene. Se la senti potresti dirle che la sto cercando?"
Kate annuì.
"Hai provato a chiamarla al cellulare?"
Vasilij scosse la testa.
"Non sono molto incline alla tecnologia, odio i cellulari. Sono diventati un mezzo di disturbo più che di comunicazione."
Anche se poteva sembrare un po' strano Kate non ci vide nulla di male, pure suo padre odiava il cellulare.
"Ok, se la sento le dico che la cerchi."
Quando finalmente se ne andò Kate poggiò la testa sulla scrivania e prese dei respiri profondi.
"Oh dio speriamo che ci abbia creduto, ti prego fa che ci abbia creduto."
Fu così che la trovò Don quando aprì la porta del suo ufficio.
"Tutto bene?"
Kate alzò la testa e lo stomaco le si contrasse.
Perché doveva essere così dannatamente bello?
Assunse la sua aria da zitella dispotica come la chiamava suo padre e si alzò per prendere le sue cose.
"Si va tutto bene. Un'attimo e sono pronta, puoi aspettare in corridoio."
Don annuì e richiuse la porta.
Questo permise a Kate di tornare a respirare in modo normale.
Quando uscirono dall'edificio Vasilij li osservava da lontano, non dicevano una parola e sembrava che fossero a disagio.
Salirono in auto e iniziò a seguirli.

Dopo una breve sosta in tintoria e un altra sosta , li seguì fino a quello che doveva essere lo stabile dove abitava lei, perché lui la accompagnò di sopra e scese dopo qualche minuto.
Da quello che gli era parso di capire l'uomo che accompagnava Kate doveva  essere una specie di autista tuttofare.
Attese ancora un paio d'ore sotto casa di Kate ma dato che non sembrava dovesse più uscire andò in cerca di qualche lepre che gli riempisse lo stomaco.

Dopo due giorni in tardo pomeriggio varcava la soglia della Galery Joseph Le Palais.
"Buonasera, so che la signorina Sherman è qui per organizzare una mostra nella vostra galleria."
Si era rivolto ad una delle hostess presenti all'entrata della galleria.
La ragazza con foulard blu legato al collo e un tailleur nero impeccabile rivolse uno sguardo all'altra che si avvicinò.
"Posso esserle utile?"
Vasilij spostò lo sguardo da una all'altra.
"Sto cercando Vivianne Sherman, mi hanno detto che è qui per organizzare delle mostre. Avrei bisogno di vederla."
La ragazza scosse la testa.
"Mi spiace, noi siamo semplici hostess di rappresentanza, veniamo ingaggiate quando ci sono le mostre per accompagnare la gente che viene a vedere la mostra. Dovrebbe parlare con qualcuno che magari ne sa qualcosa in più."
Le ringraziò ed entrò nella galleria.
Tese l'orecchio per cercare tra tante voci quella melodiosa di Vivianne ma non la udì.
Si mise a passeggiare tra le varie opere sperando di vederla ma niente. Alla fine cercò il direttore della galleria.
Dopo neanche un ora lasciava la Joseph Le Palais nervoso e furente.
Vivianne Sherman aveva organizzato la mostra d'arte contemporanea di un artista emergente sei mesi prima, al momento non avevano contatti con lei né mostre in programma.
Salì in auto e tolse la cravatta gettandola sul sedile accanto.
La sua amica lo aveva raggirato come uno stupido, eppure l'aveva guardata dritta negli occhi doveva essere una discendente di qualche lupo mannaro.
Erano gli unici che potevano raggirarlo, benché aveva sempre creduto che non era niente di più che una leggenda.
Avrebbe dovuto seguire il consiglio di Henry, ma era sempre in tempo per farlo.
Vivianne Sherman sarebbe stata nuovamente a un passo da lui e stavolta non l'avrebbe lasciata andare via.
Non finché lei non fosse stata al corrente di tutta la sua vita.

Nel riflesso del vampiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora