Capitolo 3

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La musica accompagna il fato,

distratto e sognatore.

I demoni ne rubano l'essenza,

modellano la voce in un sospiro mozzato.

Non ero pronto. Concentrando le mie attenzioni in unico luogo, precludevo una crescita essenziale alla mia anima, desiderosa di avventure fugaci. Dovevo accorgermi dell'ambiente circostante, tirare delle somme e analizzare il mio ambiguo sentimento. Innamorarsi per aspettativa non era abbastanza, cercavo motivazioni maggiori per giustificare il mio sogno. Assorbito dalla quotidianità, toccavo con mano differenti piani, meno intricati dei capelli di Ricciolo. All'interno di quelle stanze rumorose e caotiche, incontrai un demone dalla chioma liscia, un'entità apparentemente vacua, priva di direzioni o traguardi. Una strana consistenza polverosa la racchiudeva, come se la sporcizia dell'anima venisse rilasciata insieme alla sua aurea esterna. Il tempo scorreva in ritardo nelle sue parole, i suoi scherni fingevano di mostrarsi saggi, sebbene la paura comandasse ogni messaggio. La voce era fine, in cerca di un'eleganza mancante, l'esempio di un equilibrio che giammai avrebbe trovato un demone disperato. Ogni qualvolta che mi ritrovavo in sua presenza, un'orchestra di stridenti violini si apprestava a suonare. Gracchiavano le corde, rimbombavano i timpani, le orecchie esigevano una fine, ma il cuore decise di abbracciare il suono infernale. L'ossessione perpetrata nelle mie vene direzionò la macchina tetra verso un oscuro presagio. Le fittizie coccole del demone rallentavano i miei sensi, monopolizzavano le mie fantasie. Fu un'estrema tortura, per quanto "tortura" sembrasse in contrasto col piacere che sentivo. In quegli attimi di inebriante follia, percepivo un'ennesima sensazione di positività, convinto che l'amore, vero o falso che fosse, potesse perdonare i miei sviamenti. Quale strada avrei dovuto seguire? Quale suono avrebbe fatto vibrare maggiormente le mie pelli? Subii l'esito di una battaglia interna, in cui corpo e anima faticavano a trovare un accordo. La carnale dicotomia mi costrinse a rifugiarmi nella solitudine, un reame in cui i ricordi divennero rimpianti, in cui il volto di Ricciolo piombava nella notte come una stella cadente. Espressi il desiderio di poter riavvolgere i miei sospiri, accantonando i progetti instabili, ripudiando le mie scelte. Per quanto insistetti nel sognare, l'incubo tramutò la pena in eterna risposta: avevo visto troppo, gustato troppo. Il demone mi aveva rubato il cuore, paradossalmente consapevole del proprio luogo. Osservare e rendermi partecipe di esperienze estrinseche alla mia missione rese il mio petto maggiormente vuoto. Provai così tanto per sentire solo il nulla.  

RICCIOLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora