Capitolo 16

26 3 0
                                    

Concedimi la pace,

Procurami un sospiro che possa definire "di Sollievo".

Le persone non necessitano di semplici contatti, ma di veri ed effettivi legami. I tocchi sfuggenti e le risate di circostanza ostacolano questo obiettivo. Attorno a noi vivono soltanto delle caricature; c'è chi lo definisce un "Teatro", io per primo ho parlato di un palco. Benché io creda nell'esistenza di un altro lato, una dimensione segreta dove tutti non possiamo vestirci di nessuna menzogna, esito nel volermi accontentare di essere chiamato "attore".

"Ostinato bugiardo suona più concreto", mi dice la cornacchia ascoltandomi parlare. Io accenno un sorriso scontento, mi alzo dal divano della strega e mi dirigo verso la cucina, ove una caffettiera pazienta per il compimento del suo ruolo. Ho raccontato dettagliatamente ognuna delle mie percezioni, verso me stesso e verso gli altri. Questa narrazione stretta non si è limitata dal descriverne le sfumature più dense, e nemmeno dal coprire gli aloni scuri delle mie malevoli interpretazioni. Confermato questo aspetto, mi giro verso la cornacchia appoggiata sul davanzale della finestra, intenta a lisciare le proprie piume.

"Hai ragione. Mi è capitato di mentire, come a tutti quanti qui dentro. Ma mentire fortifica il mio argomento. Con tanto di mia stessa sorpresa, le bugie sono testimonianze della nostra verità". Quando sviavo le conversazioni e inventavo scuse per non rendermi più fragile, stavo manifestando la persona che ero. Nascondendo le mie debolezze, rendevo quest'ultime più nitide agli occhi degli osservatori. Ogni fonte di incertezza, qualunque tentativo di ruotare contro l'istinto e l'indole dormiente, mi portava solo a rendermi burattino del teatro che cerco di rinnegare. È mentendo che mi sono ritrovato a specchiarmi nel nucleo della realtà. Verso il caffè in una tazzina, acciuffo il manico e rinvigorendomi attraverso un innato entusiasmo mi riavvicino al pennuto fiorito.

"Tutte le nostre cadute di stile non sono nient'altro che un ritorno all'origine".

"Non ti capisco", mi informa duramente la cornacchia.

"L'anima e il corpo che bramavo, quei concetti astratti a cui volevo affidarmi si sono ritorti verso lo spettro delle mie inconsapevolezze. È mentendo su di esse che mi sono accorto della loro esistenza", abbraccio la cornacchia imbarazzata. "Sono stato un bugiardo, ma non sono un attore. Riconosco ciò che sono diventato e posso lavorarci. Posso accettarmi e sentirmi in pace".

Rincorrendo Ricciolo con i miei fatui sentimenti, forzavo la mente ad orchestrare il cuore. L'amore veniva sfruttato in quanto strumento e la connessione che cercavo di ottenere si minimizzava ad una questione di vedute. Perciò mi duole ammettere il tempo perso e i battiti sprecati. Mentre cammino nel deserto avverto uno straziante senso di nausea. Il marciume dei miei rimorsi corrode le vie intestinali e acidifica la magia che lentamente svanisce. L'anima appare come una tempesta di sabbia deforme, e il corpo, affaticato e disilluso, sono io che ne vengo travolto.

RICCIOLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora