Angeli e demoni vengono decodificati da una semplice percezione,
per cui se il male si leggesse come il bene,
l'inferno non sarebbe altro che un paradiso alternativo.
Una mano mi strappò via dal mare e l'erba profumò subitamente di freschezza. Il demone mi guardava incuriosito e sollazzato dai miei malesseri esteriori.
"Che hai da ridere?", chiesi. Ma egli non rispose. Tornati nel mondo quotidiano, cambiai alcune delle mie abitudini, sperando di cambiare tante delle mie prospettive. Benché non volessi odiare il passato, necessitavo di raggiungere delle nuove sensazioni, più vivide e meno idealizzate di quelle precedenti. Il demone non si allontanava mai da me, non perché fosse attratto dalla mia essenza, ma forse perché dai miei occhi spenti riusciva a specchiarsi nitidamente. Il suo corpo, ora che avevo provato un vero caos disperato, appariva ordinato, composto e rasserenante. Non so precisamente come un corpo possa consolare, e non parlo di ottiche sessualmente intime, in quanto tutti i miei piaceri evasero dalla mente spaventati dal naufragio. La semplice compagnia colmava un buco in costante crescita che io stesso avevo nutrito da molto tempo. Le sue becere moine, le risate non giustificate e le occhiatacce di sfida sembravano messaggi in codice che con fatica riuscivo a decifrare. Ogni tanto ci sfioravamo, sia con l'anima che col corpo, ma la consapevolezza delle nostre divergenze percettive metteva bene in chiaro la nostra lontananza interiore. Al che, ignorato dal buio dei suoi giochetti contraddittori, decisi di ricercare una nuova compagnia. Ed eccola lì, fulminante come un lampo, offrirmi la sua mano per non allontanarmi troppo dalla riva. La minaccia della mia scomparsa sapeva mettere il demone in grande difficoltà. Pensai a quanto fosse bizzarro un rapporto simile al nostro, e per la seconda volta mi ritrovai affacciato ad una finestra da cui potevo ammirare un vasto panorama. L'ambiente era rossastro, cosparso da piante sanguinee, affamate e desiderose di piazzare i denti su qualcosa di gustoso. Eppure, nel miasma di violenza e crudeltà, alcuni salici piangenti di colore bruno, isolati dal marcio che cresceva incessante, riuscivano ad infondere dolcezza alla mia anima. La differenza sostanziale di questi due ideali contraeva quindi le mie tempie, spingendomi verso teorie variegate e in continuo contrasto. Se il corpo era la forma, o il ricettacolo, l'anima ne era il contenuto. Ma dove una si sentiva scoraggiata, l'altra banchettava con queste preoccupazioni. Morso e dilaniato, il corpo sanguinava fino alle caviglie. L'anima testarda, invece, da quelle ampie ferite poteva scorgere l'immensa potenza del reale e combatteva per emergere dalla prigione in cui era segregata. Il demone, da sempre invaghito di questo manichino martoriato, ebbe un'iniziale paura. La forte luce che brillava dal mio interno minacciava la sua serena oscurità. E per quanto ci ritrovassimo a parlare delle nostre insicurezze, la tenera confusione converse in un evanescente arcobaleno scuro, caratterizzato dalle nostre forme incompatibili, ma dal contenuto più affine che mai. Amore e paura strinsero una sorta di patto, scovando nelle loro dimensioni un impensabile ritratto di loro stessi. Da quei ritratti seppi riconoscere delle nuove risposte, le sensazioni che cercavo. Lo chiamavo "demone" in quanto la sua appartenenza terrena faceva scuotere i piani su cui poggiavo i miei piedi. Non potevo volare mentre ero trattenuto dalle sue braccia. E quindi come me, stretto al mio corpo tremante e teso, il demone era imprigionato. Per ogni Ricciolo di cui ci innamoriamo, esiste una controparte da cui siamo spaventati. Ma la paura che proviamo è l'espediente sfruttato da un amore instabile e troppo idealizzatore. Volare mi aveva infatti allontanato dal mio stesso cuore; dunque, questa apparente prigione si rivelò essere la migliore delle medicine. Il demone era solo un angioletto terrorizzato e spaccato a metà da un'emozione tenebrosa, una cicatrice sentimentale appartenente ad un Ricciolo più irresponsabile del mio.

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RICCIOLO
Short StoryL'amore per Ricciolo è una creatura in continua evoluzione. Io ne sono il proprietario, seppur suo schiavo e testimone. Vivo secondo i suoi principi, credendo di poter decidere per lui. A Ricciolo dono la mia introspezione, per rimuovere il ricordo...