Ballo insieme all'universo,
mi sporco di infinito e sorrido.
Il sacro cuore vacuo,
riempito di superstizioni.
Addio alle storie e ai pentimenti. Voglio concedermi la solitudine in questo templio abbandonato. Tra le colonne si aggira una ballerina, una sacerdotessa del vuoto. Ha i capelli lisci, splendenti come l'erba bagnata dalla rugiada. Il suo vestito è lungo, colorato di bianco, ma tinteggiato da una forte sacralità. Dalla luna, colei che illumina gli antri bui discende vicino alla sorella. La sua chioma platino rilascia particelle eteree, prive di materia fisica. Le tocco sfiorandole con lo sguardo, benché le osservi da lontano. Entrambe danzano piroettando, mi coinvolgono in un ballo spensierato, dove le stelle fungono da riflettori. Poi giunge il buio, l'ombra e le sue paure. Tutto quello che penso, che creo, è il riflesso di una bellezza inesistente. La saggezza della sacerdotessa mi salva dagli abissi, sussurrandomi favole passate, novelle di viaggiatori malinconici. Non sono il primo a passare per queste terre, e con molta probabilità non sarò nemmeno l'ultimo. Sebbene la destinazione appaia simile per tutti quanti, veniamo distinti per la forma del nostro cuore, la sagoma romantica che ritaglia i nostri spazi. Quello che racconto è già stato narrato, ne vengo a conoscenza grazie alla dolce voce della sacerdotessa. Ma la sorella, più leggera e giocherellona, mi abbraccia da dietro le spalle, ridacchiando in modo innocente.
"Il tuo amore è forte, il tuo coraggio è ammirabile", afferma coccolandomi.
"Ma una nave in mare aperto, affamata e abbandonata, scambierà ogni costa per la propria casa", ribatte la compagna.
"Avete ragione", rispondo piangendomi addosso. "Eppure quali scelte ho? Che ne sarà di un amore spento, di un tocco privo di consistenza? A che scopo imboccarsi d'aria e vomitare il nulla?". La tristezza mi percuote, ciò che non riesco a definire mi lega ad un asfissiante senso di claustrofobia. Scappo sul terrazzo bianco, decorato da ghirlande di ortensie e campanelle dorate. La notte scruta la mia anima, più buia dell'oscurità stessa, ma non per corruzione o odio; il caos costruisce labirinti cosparsi di vicoli ciechi. Ovunque guardi, stretto dalla fretta di trovare una via d'uscita, mi accorgo di camminare da solo. E ogni spirito di cui mi invaghisco è l'anestesia alla quale mi presto per non dover venire a patti con la vita che si nasconde dietro al sipario.

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RICCIOLO
ContoL'amore per Ricciolo è una creatura in continua evoluzione. Io ne sono il proprietario, seppur suo schiavo e testimone. Vivo secondo i suoi principi, credendo di poter decidere per lui. A Ricciolo dono la mia introspezione, per rimuovere il ricordo...