Capitolo 1

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Ero cresciuta con la diffidenza stampata nel cuore
per ciò che avevo vissuto, l'estate nel sorriso e l'inverno negli occhi.
Pensavo di non avere  nulla di speciale e spesso tendevo ad essere quasi apatica con tutti, perfino alle persone a cui darei la mia stessa vita.

L'insicurezza aveva sempre fatto parte di me, come se fosse un velo a coprirmi le spalle.
A volte sentivo di essere sbagliata con mille paranoie per la testa, come dei mostri che vengono a bussare alla tua porta di notte e lo guardavi intimidita e spaventata mentre si prendeva tutte le tue paure.

I miei stessi occhi che brillavano anche se soffrivo dentro.
Dio aveva voluto il peggio per me, per questo ero insicura e un po' bambina, con la costante paura che le persone a cui tenevo di più potessero andare via dalla mia vita è per questo avrei lottato sempre per averli al mio fianco.

Cosa auguravo a me stessa? Di guarire da tutte quelle cose che non raccontavo mai a nessuno, di diventare più forte e non essere più quella bambina all'angolo della stanza con le lacrime agli occhi.

Mi auguravo di crescere con serenità, quella che non ho mai avuto e di avere sempre il sorriso non permettendo a nessuno di poterlo spegnere.

Ma pur volendo una vita migliore e scappare dal passato, non avrei mai potuto immaginare che mia madre mi costringesse a lasciare qui i miei amici e il mio fidanzato solo per trasferisci dal suo compagno in California.

Dopo mio padre, si era rifatta un'altra vita, aveva conosciuto l'essenza della libertà e in conclusione aveva conosciuto il vero amore, o almeno è questo quello che mi ripeteva sempre quando ero contraria a lasciare la mia città per andare ad abitare con uno sconosciuto.

Quella mattina stavo sistemando gli scatoloni che avrei dovuto portare con me, non ci credevo ancora che stavo per lasciare quella casa che mi aveva visto ridere ma anche piangere, per trasferirmi a Los Angeles dove avrei iniziato una nuova vita, ma dovevo seguire mia madre nonostante non ne fossi entusiasta.

Io e lei vivevamo in un piccolo appartamento nella Zonaeste, un quartiere residenziale in Tijuana, nella bassa California ma aveva deciso di ribaltare la situazione senza neanche prendere in considerazione la mia scelta.

Ma nonostante questo mi creava un grande fastidio, i suoi occhi erano ricolmi di lacrime per la felicità quando nominava Los Angeles e vederla così felice dopo anni, mi faceva sorridere il cuore.

Non avrei mai potuto farla rinunciare a quello
che lei desiderava, sopratutto dopo la vita difficile che avevamo affrontato insieme e forse, lasciare quella casa priva di colore e di armonia, era la
scelta giusta per entrambe.

Avevamo fortemente bisogno di cambiare vita, sopratutto lei che si sentiva soffocare ogni volta che camminava per la casa, con addosso ancora quella paura di qualche anno prima.

Sorrisi e le mie dita accarezzarono lievemente il vetro della cornice di una foto. Mio fratello mi mancava molto, e dopo la sua morte la mia vita si era fermata. Sembrava come se avessi perso la speranza che credevo ci fosse, ma dopo mesi, mi ero abituata alla sua assenza.

Ancora adesso non mi capacito che non ci sia più. Eravamo gemelli, collegati da un filo invisibile che nessuno poteva vedere. Quando io stavo male lui lo sentiva e viceversa.

Quando nostro padre rientrava ubriaco la sera, era lui a proteggermi chiudendomi nello sgabuzzino per non farmi trovare, per cercare di non ricordare quei brutti momenti in cui quell'uomo diventava una belva.

Eravamo identici in tutto, ma nonostante lui non ci fosse più, so che sarebbe stato il mio angelo custode fino alla fine dei miei giorni.

«Bella, è ora di partire!» esclamò mia madre sul piccolo e malconcio vialetto di casa, stava sistemando gli ultimi scatoloni nel cofano della nostra auto.

Life in your handsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora