Capitolo 8

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«Basta papà per favore» gridava Carter contro nostro padre. Era sceso giù in cucina per controllare cosa stesse succedendo, voleva proteggere la mamma.

«Venite subito qui» sentì le sue urla furiose sempre più vicino alla mia piccola stanzetta che condividevo con il mio gemello.

La porta si spalancò ed entrarono mia madre e mio fratello. Non smettevo di piangere, un'altro incubo era iniziato e questa volta quando sarebbe finito tutto?

«Venite» mia madre ci prese in braccio e ci fece entrare dentro l'armadio buio che orami conoscevo molto bene, ci nascondeva sempre lì per non farci trovare. «Restate qui bambini. Non uscite per nessun motivo. Torno tra poco» ci disse la mamma e noi annuimmo impauriti.

Io e Carter non eravamo stupidi, sapevamo che nostro padre picchiava la mamma e spesso anche noi quando ci mettevamo in mezzo per difenderla, o almeno ci provavamo.

Lui era grande e grosso, come potevano dei ragazzini di sedici anni minuti e deboli, buttare a terra un uomo grande come lui?

«Sta tranquilla Bella, andrà tutto bene. Ci sono io con te» mio fratello mi proteggeva nonostante facesse fatica a restare in piedi per la malattia, mi sentivo in colpa.

«No» sentimmo dire da nostra madre e la porta si aprì con uno scatto violento facendomi emettere un gridolino di paura.

Quel mostro aprì l'armadio e rise come un pazzo quando ci trovò all'intento impauriti.

«Puttana, i tuoi figli devono vedere come ti riduco» era ubriaco, se la prese di nuovo con mamma e io non potevo restare con le mani ferme.

Mio fratello era agitato, stava sudando e non faceva a reggersi in piedi così mi avventai su mio padre è lo colpì con un pugno in testa.

Sperai che la finisse di distruggere ancora una volta questa famiglia solo perché si ritirava ubriaco ed era infelice per la sua vita.

«Piccola stronza» mi scaraventò al muro facendomi gridare dal dolore, forse mi si era spezzata una gamba per il dolore lancinante che sentivo. «Prima o poi uccido te e tuo fratello, marmocchi del cazzo» venne di nuovo verso di me e chiusi gli occhi, pronta alla sua ennesima sfuriata.

Aprì gli occhi e mi alzai velocemente, mi toccai la fronte con una mano, stavo sudando freddo e il cuore era accelerato. Le mani non smettevano di tremare.

Aprì il cassetto del comodino e ingoiai una pasticca per l'ansia che il medico mi aveva prescritto e aspettai con una mano sul cuore, che tutto finisse.

Mi calmai, o almeno cercai di farlo e mi buttai velocemente sotto la doccia, il getto freddo mi colpì e i miei muscoli si rilassarono immediatamente. Non potevo continuare a vivere in questo modo.

Avevo avuto un'altro incubo causato da quel mostro che adesso si ritrovava a chilometri di distanza da me, in qualche città sperduta a continuare indisturbato la sua vita come se non avesse tentato di uccidere sua figlia e la sua ex moglie.

Non era finito in galera per quello che aveva fatto, nonostante mia madre l'avesse denunciato. Era scappato mentre io sanguinavo priva di sensi nel mio letto con mia madre che non smetteva di piangere.

Non si era preoccupato di come stessi, lui era l'unico uomo che ero sicura non avesse un cuore, come poteva averlo dopo tutto ciò che aveva fatto alla nostra famiglia. L'aveva distrutta solo perchè lui era infelice della sua. Voleva rendere infelice anche noi e ci era riuscito.

Diceva sempre che ci avrebbe uccisi.

Mio fratello era morto a causa del cancro. Io e mia madre eravamo distrutte ma lui quel giorno, quando tentò di uccidermi con un coltello da cucina e a mia madre con le mani alla gola soffocandola, ci aveva uccise nell'anima, ci avrebbe perseguitato per il resto dei giorni della nostra vita.

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