Capitolo 30

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Nella vita non mi ero mai aspettata niente da nessuno. Io ero la ragazza invisibile che passava tra i corridoi della scuola senza che nessuno si accorgesse veramente della mia presenza, ero fatta solo di passi incerti e timorosi per non richiamare l'attenzione su di me, la mia reputazione era solo creata da sussurri e mormorii di persone che mi definivano strana e troppo solitaria.

Non mi ero mai interessata ad essere uguale ai miei coetanei per questo spesso i ragazzi della mia vecchia scuola commentavano il mio atteggiamento prendendosi gioco di me. "Quella secondo me ha solo bisogno di passare una notte con me", "la ragazzina è lesbica, altrimenti non si spiega", "è casta, ecco perché è troppo nervosa".

Ma per fortuna avrei potuto dire, fra quella massa di ragazzi uguali e snob, avevo trovato il così detto principe azzurro che finalmente era riuscito ad andare oltre il mio atteggiamento da bambina ed era riuscito a vedermi fra quelle persone.

Alec era riuscito a vedere in me qualcosa che nessuno aveva mai notato, forse perché i nostri genitori erano grandi amici e ci conoscevamo fin da piccoli, oppure era davvero riuscito a vedere oltre il mio mantello di solitudine.

Era stato il primo a sorprendermi e a farmi guardare diversamente allo specchio, forse perché finalmente qualcuno si era accorto di me. Mi dava le attenzioni che meritavo di ricevere, Alec era in grado quasi di riparare i miei piccoli dolori solo con semplici e gentili gesti ma nella mia vita, non avrei mai pensato che oltre Alec, ci fosse qualcuno che cercava di fare qualcosa di carino per me.

La mattina seguente quando aprii gli occhi indolenziti e ancora stanchi a causa dei miei pianti, qualcosa che luccicava sul comodino attirò velocemente la mia attenzione.

In pochi secondi mi misi seduta al centro del letto, e con le mani tremanti afferrai con delicatezza per paura di romperla, una collanina argentata che splendeva in maniera meravigliosa con la luce del sole che trapassava dalle tapparelle della finestra.

Era la mia collana, la solita che portavo al collo da anni, il regalo che mio fratello mi fece prima che morisse. Era la stessa per cui mi ero disperata tutta la notte.

La rigirai fra le mie dita tremanti e magre come se non potessi crederci che fosse diventata come nuova, chi aveva potuto riempire il mio cuore di tanta felicità?

Presi il bigliettino sul comodino e quando ne lèssi il contenuto, un miscuglio di emozioni perverso inizialmente il mio stomaco, per poi dare la scossa a tutto il mio corpo.

"Non prenderlo come un gesto d'affetto, ma quando piangi sei brutta. Sei più bella quando sorridi"

Non sapevo cosa dire. «O mio Dio» misi una mano sulla bocca spalancata. Non potevo credere che colui che non mi sopportava, avesse compiuto un gesto così bello e sincero che mi scaldò il cuore come un pomeriggio d'estate.

Avevo perso le speranze nel pensare che l'odio di Blake nei miei confronti potesse sparire, ma con i suoi gesti lui mi faceva capire che forse anche un minimo ci teneva a me. Ma la confusione non abbandonava la mia mente, lui era fatto così: un giorno mi tormentava e l'altro mi faceva capire cos'è che cercavo di non vedere e sentire.

Ricordavo molto vivamente nella mia testa di come le sue mani solo la sera prima afferrarono le mie cosce accarezzando la mia pelle liscia e debole al suo tocco, ricordavo di come i suoi occhi guardavano le mie labbra gonfie e bagnate per le lacrime, il suo sguardo troppo intenso per poterlo sorreggere.

Mi chiedevo cosa volesse dire il suo gesto, cosa volesse trasmettermi e se l'aveva fatto veramente per vedermi felice o almeno appagata, o se fosse solo un'altra sua mossa per tenermi in pugno.

Ma Blake si sarebbe potuto spingere così a fondo sfruttando una situazione così delicata solo per i suoi scopi? Avrebbe davvero potuto fare una cosa del genere? Poteva essere così malvagio e subdolo?

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